In un’intervista pubblicata sul sito della Rete del Kurdistan in Italia Şoreș Hesen, portavoce delle Unità di difesa del popolo, riferisce della reazione dei combattenti kurdi agli attacchi che i jihadisti dell’Isis hanno sferrato nelle ultime 48 ore su Kobanê e altre località del Rojava (Sirrin, Till Abyad). “L’Isis sta facendo giungere rinforzi quotidiani per le condizioni climatiche invernali, per la stanchezza e il logorio che dopo mesi di conflitto risentono anche i suoi uomini. Fa ruotare gruppi di combattenti ogni 5-6 giorni. Nessuno di costoro possiede la volontà di restare al lungo sul fronte di Kobanê. Ogni volta che distruggiamo un’unità essa viene rimpiazzata” sembra che i comandanti di Al Baghdadi comprendano a pieno il valore simbolico, e strategico, della città e non vogliano mollare. “Fino a oggi più di 10 unità cecene sono state distrutte – rivela Hesen, riportando notizie ricavate dalla propria rete informativa – ce ne sono di 27 Paesi e sono tutti passati dalla Turchia. Lo Stato turco deve meditare sul suo ruolo. Se esso non sta collaborando con l’Isis deve provare al mondo di non avere collegamenti con persone che passano dal suo territorio: ceceni, tajiki, kazaki o gli “europei” dell’Isis provengono tutti dal confine turco. E poi diversi turchi che combattevano fra i jihadisti sono caduti sul fronte di Kobanê”.
Il portavoce dell’Ypg si pronuncia anche sui bombardamenti dell’aviazione Nato che ultimamente hanno registrato uno stop nelle zone attigue alla città assediata, un fattore che ha sicuramente allentato la pressione sulle bande del Daesh. “Gli attacchi aerei su Kobanê avevano finora avuto esito positivo. Non sono a conoscenza della ragione per cui la coalizione ora non sta mirando su obiettivi nemici. Non abbiamo autorità su di loro, possiamo solo proporre che usino più aerei da guerra, uno per pattugliare Kobanê e uno per supervisione. Dalle nostre parti se ci fossero due aerei raggiungeremmo migliori risultati. Comunque siamo a conoscenza di operazioni aeree su Sinjar, Raqqa e anche Baghdad”. Le difficoltà per liberare l’intera Kobanê via terra, senza distruggerla sotto le bombe, è spiegata così: “Tutte le case e le strade che si trovano nella zona occupata dall’Isis sono collegate fra loro. Per questo non è semplice spingere in breve tempo i jihadisti fuori da tutte le case. Questi miliziani non obbediscono a regole morali; noi avanziamo lentamente e puntiamo a rafforzare e consolidare le parti di terreno ottenute. Facciamo in modo che dopo aver liberato una fascia non siano possibili nuove infiltrazioni nemiche. Sono gli standard che abbiamo concordato di recente: operare in base al principio del mantenimento di strade ed edifici conquistati, evitando il semplice respingimento”.
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