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Yemen: i ribelli sciiti costringono il regime a un compromesso

Il presidente yemenita, Abdrabuh Mansur Hadi, e i ribelli sciiti che da tre giorni assediano la sua residenza e lo tengono di fatto “agli arresti domiciliari” avrebbero raggiunto un accordo di massima per porre fine all’insurrezione – o almeno per allentare la morsa su Sana’a – che ha portato gli Houthi ad occupare buona parte della capitale dello Yemen e a prendere il controllo di vaste zone del centro-nord del paese.

L’intesa firmata ieri sera prevede il ritiro dei ribelli dalla casa del presidente in cambio di un accoglimento degli emendamenti alla Costituzione presentati dalla minoranza sciita, che chiede anche di espandere la sua rappresentanza nel governo e di essere inclusa nell’amministrazione complessiva del paese e in una più equa distribuzione delle risorse economiche.
La modifica della bozza di costituzione imposta al paese dalle tribù sunnite sostenute dall’Arabia Saudita e dalle altre petromonarchie, che prevede la divisione del paese in sei province federate di cui una soltanto sotto il relativo controllo della popolazione sciita relegata nelle zone più povere, è tra le condizioni poste dai ribelli per mettere fine all’insurrezione armata. Tra le altre condizioni, la nomina di un vicepresidente espressione degli Houthi.
Nel pomeriggio una fonte ha affermato che “Il governo presieduto da Khaled Bahah ha presentato le dimissioni al capo dello Stato” senza precisare se le dimissioni sono state accettate.
Da parte sua il presidente Hadi ha annunciato di aver promesso garanzie, in cambio anche della liberazione del capo di gabinetto Ahmed Auad Mubarak, sequestrato nei giorni scorsi o secondo altre notizie fuggito invece ai ribelli.
“La bozza di costituzione è soggetta a emendamenti, cancellazioni e aggiunte. Le parti hanno stabilito di riaprire scuole, università e istituzioni statali” avrebbe affermato Hadi raggiunto da alcuni media, aggiungendo poi che gli Houthi hanno accettato di ritirare le proprie milizie dalle strade della capitale, dalla base militare che sorge a poca distanza da Sana’a. Oggi sono stati riaperti anche il porto e l’aeroporto di Aden, la seconda città del paese sotto il controllo del regime sunnita, dopo la chiusura ordinata ieri dalle autorità statali.

Ma secondo alcune testimonianze nonostante l’accordo gli scontri nella capitale yemenita continuano anche oggi dopo che da lunedì i combattimenti tra miliziani sciiti da una parte ed esercito e guardia presidenziale dall’altra avrebbero causato 35 morti e 94 feriti solo a San’a, conseguenza dell’assalto da parte dei ribelli al palazzo presidenziale e alla residenza del presidente. Tra le vittime ci sarebbero anche quattro civili.

Il leader dei ribelli Abdulmalik al-Houthi ha da parte sua confermato il raggiungimento di un accordo con il presidente ma ha chiarito che il ritiro delle sue milizie dal palazzo presidenziale e il rilascio di Mubarak avverranno solo tra qualche giorno, una volta che le autorità avranno rispettato gli impegni assunti.
Non è chiaro invece cosa ne sarà dellingente arsenale di armi – 300 carri armati, 122 lancia-razzi, 500 veicoli militari, 400 fucili automatici e oltre mille fucili di precisione – che i ribelli avrebbero sequestrato dopo loccupazione del palazzo presidenziale.

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