Sono migliaia i cittadini dell’Asia centrale ex sovietica, dove negli ultimi anni forte è stata l’infiltrazione dei gruppi radicali islamisti spesso favorita dall’intervento della Turchia, delle petromonarchie e di alcune fondazioni legate alle amministrazioni statunitensi, ad essersi arruolati nello Stato islamico in Iraq e Siria (Isis). A puntare l’attenzione sul fenomeno è stato nei giorni scorsi un rapporto dell’International Crisis Group secondo il quale “Tra 2mila e 4mila cittadini dell’Asia centrale si sono recati in questi ultimi tre anni nei territorio controllati dall’Isis”.
I cinque Paesi dell’Asia centrale ex sovietica – Kazakistan, Kirghizistan, Turkmenistan, Tagikistan e Uzbekistan – sono dominati da governi autoritari di impronta laica o comunque secolare, che considerano – giustamente – l’islamismo politico come una minaccia da contrastare. “Oggi è più facile per l’Isis reclutare in Asia centrale che in Afghanistan o in Pakistan” sottolinea Deirdre Tynan, responsabile per la regione dell’Icg, per il quale solo la distanza ha impedito che, in questi Paesi, si potessero sviluppare dinamiche d’instabilità come quelle alle quali si assiste in Medio Oriente. “Tuttavia – continua Deirdre Tynan – il desiderio di cambiamento politico e sociale è profondamente radicato nella regione” e potrebbe essere strumentalizzato ed egemonizzato dagli islamisti.
Il fatto che i profili delle possibili reclute si siano notevolmente variegati è la dimostrazione che gli sforzi dell’Isis per attirare militanti dalle regione si sono intensificati. Tra i casi citati dall’Icg, quello di una parrucchiera di 17 anni, di uomini d’affari e persino di madri che hanno portato con loro i bambini. “Tutti questi pensano che il califfato islamico possa essere un’alternativa seria alla vita post-sovietica”, sottolinea il rapporto. Per affrontare il fenomeno, i Paesi interessati hanno assunto provvedimenti, che però non si sono dimostrati molto efficaci. Il Kazakistan e il Tagikistan (rispettivamente il Paese più ricco e più povero della regione) hanno introdotto nei rispettivi codici penali nuovi reati che puniscono chi va a combattere all’estero, ma secondo l’Icg poco è stato finora fatto per intercettare i “foreign fighters” prima che partissero per Siria e Iraq.
L’Uzbekistan, terra d’origine del temibile Movimento islamico dell’Uzbekistan, legato ad al Qaeda, è particolarmente esposto – secondo l’Icg – alla minaccia terroristica, perché la gran parte dei combattenti Isis provenienti dall’Asia centrale sono uzbeki. Se parla di circa 2.500 persone.
A novembre e dicembre oltre 60 islamisti che si preparavano a partire per la Siria sono stati arrestati in Tagikistan. La maggior parte di loro era componente di Jamaat Ansarullah, organizzazione legata al Movimento islamico dell’Uzbekistan.
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