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Truppe ucraine allo sbando, il battaglione Ajdar in rivolta

Al momento di scrivere è fermo a 12 il numero di morti, oggi, per l’ennesimo bombardamento di un quartiere civile di Donetsk da parte delle artiglierie di Kiev. Sotto i colpi governativi, ancora una volta, un tram e alcune auto che si trovavano nelle vicinanze. Altri colpi sull’edificio di un supermarket. Nei giorni scorsi si erano con­tati almeno 20 morti e 123 feriti tra la popo­la­zione di varie città; il numero più alto di morti, 13, a Sta­kha­nov, anche in questo caso a causa dei bom­bar­da­menti governativi.

Questo, mentre è saltato l’incontro del cosiddetto Gruppo di contatto, previsto per oggi a Minsk. Dopo che il Ministero degli esteri bielorusso aveva comunicato alle delegazioni delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk (DNR e LNR) che la rappresentanza di Kiev non sarebbe giunta in Bielorussia, il plenipotenziario della DNR, Denis Pushilin ha annunciato la partenza da Minsk anche dei rappresentanti delle milizie. Da parte sua, il rappresentante della LNR, Vladislav Dejnego, ha detto che i governi delle due Repubbliche hanno concordato un nuovo documento per una soluzione pacifica nel Donbass. Pushilin ha dichiarato che le Repubbliche sono pronte al dialogo, se riceveranno invito ufficiale da parte o della Russia o dell’Osce. Pushilin e Dejnego, mentre hanno ribadito la disponibilità ai colloqui di pace, vedono una delle cause dell’offensiva militare di Kiev scatenata nelle ultime settimane proprio nell’incapacità ucraina a condurre trattative e nelle azioni belliche dei battaglioni punitivi. I due plenipotenziari hanno detto che le milizie sono pronte a fissare la linea di non contatto tra le parti in conflitto, partendo dalle attuali posizioni, fissando il ritiro a debita distanza delle rispettive artiglierie pesanti, secondo il memorandum di Minsk. Il Ministero degli esteri ucraino avrebbe motivato il proprio rifiuto di recarsi a Minsk col fatto che gli odierni delegati delle Repubbliche non erano gli stessi del precedente incontro.

Ma è più probabile che a tenere Kiev lontana dalle trattative sia la situazione al fronte, non certo positiva per l’esercito ucraino. Secondo le dichiarazioni delle milizie, queste, assumendo il controllo dei centri di Uglegorsk e Mikhailovka, avrebbero completato proprio oggi l’accerchiamento di circa 10mila soldati governativi la cui avanzata aveva dato luogo, nei giorni scorsi, a un pericoloso (per Kiev) saliente nell’area di Debaltsevo. Come c’era da aspettarsi – anche se il capo della DNR Aleksandr Zakharcenko ha annunciato che, ancora per un po’ di ore, rimarrà aperto un corridoio attraverso cui i soldati ucraini possono ritirarsi – la sacca è stata completamente chiusa ed è prevedibile che una parte delle truppe governative cada prigioniero delle milizie. Zakharcenko ha affermato che i prigionieri, se deporranno le armi, verranno comunque immediatamente rimessi in libertà. Il governo di Kiev invece nega l’accerchiamento dei suoi uomini nella sacca e ribadisce il controllo governativo su Debaltsevo.

Che la situazione dell’esercito ucraino, comunque, non sia delle più positive, lo testimoniano le sempre più massicce defezioni di interi reparti, oltre alle fughe dal paese di uomini in età di mobilitazione, che cercano così di sottrarsi alla chiamata. Sembra che la mobilitazione decretata da Kiev a gennaio non abbia dato i risultati attesi e non è facile dire come andrà per le altre due ondate di richiamati previste per aprile e giugno. Oltre agli espatrii verso la Russia – per gli abitanti delle regioni orientali dell’Ucraina – oppure verso Moldavia, Romania, Polonia, Ungheria e Repubblica ceca; oltre i comitati delle madri che apertamente si frappongono tra i reparti di reclutamento e i propri figli e mariti; oltre ai Consigli municipali che votano il rifiuto alla mobilitazione di propri cittadini; oltre gli incendi dei punti di reclutamento, una delle ultime risorse sembra sia quella di “acquistare” la qualifica di addetti a qualche culto religioso, per sottrarsi alla mobilitazione. Gli strali governativi contro la “vigliaccheria” dei cittadini ucraini non possono nascondere la realtà di una popolazione sempre più stanca del conflitto; di reparti militari sempre più demotivati, anche per l’evidente incapacità dei comandi che, spesso, mandano allo sbaraglio le nuove reclute.
Kiev fa sempre più ricorso – secondo le testimonianze di alcuni soldati ucraini arresisi alle milizie – ai cosiddetti “reparti di sbarramento” che, pena la fucilazione, minacciano i propri soldati per evitare che si ritirino o disertino. Ma, evidentemente, anche tra i battaglioni “volontari”, tanto sbandierati dai media nostrani che dimenticano di citarne metodi brutali e insegne naziste, le cose non sembrano andare tanto bene. Nei giorni scorsi è circolata la notizia secondo cui alcuni battaglioni, forse a corto di mercenari stranieri – della cui presenza sempre più apertamente si forniscono prove, anche su canali informativi non certo filorussi – avrebbero iniziato a reclutare addirittura ragazzi sedicenni.

 

I battaglioni “volontari”, oltre che i metodi terroristici e stragisti nei confronti della popolazione civile del Donbass, stanno usando i propri reparti anche per opporsi ai piani governativi che prevedono un qualche loro inquadramento nei ranghi dell’esercito. Nelle scorse settimane il battaglione “Azov” aveva minacciato – le lotte interne alla junta golpista non escludono soluzioni del tipo della “notte dei lunghi coltelli”, allorché le SS hitleriane sterminarono in una notte le SA di Röhm, ormai scomode –  insurrezioni in varie città dell’Ucraina occidentale, a partire dalla capitale, per imporre al governo scelte militari più drastiche e più in linea con le pretese dei propri oligarchi finanziatori. Oggi è toccato al battaglione d’assalto “Ajdar” – i cui portavoce in parlamento sono i deputati del Partito radicale e noto per le azioni terroristiche nel Donbass – inscenare una furiosa dimostrazione a Kiev, di fronte al Ministero della difesa, contro lo scioglimento e la riconversione dei propri reparti. I dimostranti, terminata nel primo pomeriggio la protesta, ne hanno annunciata una più consistente per lunedì prossimo.
Non tutto sembra filare liscio per Kiev nemmeno sul fronte internazionale. E’ presumibile che ciò non influisca affatto sulle forniture di armamenti che, comunque, transitano per i canali e i paesi dell’est e del nord Europa più diversi. Ma proprio oggi il governo di Kiev ha ricevuto un netto rifiuto da parte Nato della risoluzione adottata appena due giorni fa dalla Rada ucraina con cui si qualificavano le Repubbliche DNR e LNR quali “organizzazioni terroristiche”. L’impossibilità per la Nato di aderire a tale risoluzione è stata annunciata oggi dallo stesso Segretario generale dell’Alleanza atlantica Jens Stoltenberg. Il che, naturalmente, non ha impedito allo stesso Stoltenberg di invitare la Russia a cessare ogni sostegno alle milizie.

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