All’inizio della settimana il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, aveva difeso nel corso di una intervista la necessità di un rapido rafforzamento dell’esercito dell’Unione Europea come passo indispensabile verso l’indipendenza militare del continente rispetto agli storici ma invadenti alleati, cioè gli Stati Uniti.
E’ evidente che se l’Ue nutre ambizioni egemoniche ai propri confini e anche più in là nel globo, deve poter contare su un braccio militare consistente ed efficiente, senza dover trattare i suoi interessi e i suoi obiettivi con quelli di Washington e degli altri alleati.
Ma non tutti all’interno dell’Unione Europea la pensano come Juncker. La spaccatura tra ‘vecchia’ e ‘nuova’ Europa manifestatasi qualche anno fa dopo il no di alcuni paesi del nucleo dell’Ue alle avventure militari statunitensi in Medio Oriente sembra riemergere a pieno in un clima reso bollente dall’escalation innescata con la Russia da Washington, e che anche Francia e Germania hanno alimentato – irresponsabilmente, anche dal punto di vista dei propri interessi – almeno fino ad un certo punto prima di rendersi conto che si stavano facendo del male da soli e che la contesa con Mosca rischia di portare il mondo in guerra.
E’ stata la Polonia a dar voce ai mal di pancia della Nuova Europa, quella a un tiro di schioppo dalla Federazione Russa e che negli ultimi mesi non solo ha dato man forte e sostegno di ogni tipo ai golpisti ucraini e alle sue forze armate, ma che ha riempito il proprio territorio e i propri cieli di armi, soldati e caccia statunitensi e britannici in nome della necessaria difesa dalle “minacce di Mosca”.
Il governo polacco ha espresso ieri il proprio ‘scetticismo’ sull’ipotesi di un rafforzamento dell’esercito europeo, sottolineando non a caso la necessità di “rafforzare” invece l’Alleanza atlantica, definita come migliore “garante della sicurezza in Europa”. “E’ un’idea molto rischiosa”, ha dichiarato il capo della diplomazia di Varsavia, Grzegorz Schetyna, a Radio Zet, a proposito della proposta del presidente della Commissione Europea. “Occorre porsi delle domande: dove prendere i soldi per finanziare un tale esercito? Come opererà l’unità di combattimento? Chi garantirà la loro formazione?” ha detto il ministro. “È solo un’idea lanciata lì, manca di proposte concrete”, ha aggiunto il leader di Varsavia. In realtà il dubbio sul finanziamento è peregrino, visto che anche gli Stati Uniti hanno chiesto – e imposto – durante l’ultimo vertice dell’Alleanza a Newport, che tutti i paesi membri sborsino finalmente un opportuno contributo economico finalizzato a sostenere la realizzazione di basi militari permanenti in cinque paesi dell’Europa Orientale, il rafforzamento della forza di reazione rapida e un processo di riarmo che sembra inarrestabile. “Finora – è stato il messaggio di Washington – abbiamo pagato quasi tutto noi, è ora che ogni paese si prenda le proprie responsabilità”. E così il vertice di settembre in Galles ha stabilito che d’ora in poi ognuno dei paesi della Nato destini alla spesa militare almeno il 2% del proprio Pil.
In parte diverse e comunque più accurate le recriminazioni del Presidente del Consiglio della Sicurezza Polacco, Stanislaw Koziej. “E’ una bella idea, ma non ha chance di essere messa in pratica. E’ un sogno” ha dichiarato il generale all’emittente privata Polsat. “Oggi abbiamo due obiettivi concreti: rafforzare le capacità della Nato a Est e mettere in pratica le decisioni di Newport”, ha spiegato, aggiungendo che “In Europa, nessun Paese pensa di privarsi della propria sovranità. Perché ci sia un esercito, dovrebbe esserci innanzitutto un organo politico che disponga la creazione di tale esercito. Non si deve invertire l’ordine. Prima l’integrazione politica dell’Europa, poi la creazione di un esercito. In caso contrario significherebbe mettere il carro davanti ai buoi”, ha concluso l’alto ufficiale polacco.
E’ evidente che la strategia delle classi dirigenti dell’Unione Europea cozza con quella degli Stati Uniti che vedono tramontare sempre più la propria egemonia politica ed economica e puntano quindi a far valere quella militare, ancora rilevante. E’ molto probabile però che, nei prossimi anni, al di là delle resistenze della Polonia o dei Paesi Baltici, il processo di rafforzamento militare dell’Ue prosegua, che piaccia o meno agli Stati Uniti. La competizione tra i due poli – come ha chiarito lo stesso Juncker al giornale tedesco Welt am Sonntag – nasconde in realtà una identità di vedute su quale sia, almeno per ora, il nemico principale: “Un esercito comune a tutti gli europei farebbe comprendere alla Russia che siamo seri quando si tratta di difendere i valori dell’Unione europea” ha chiarito Juncker.
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