Il cessate il fuoco in Ucraina Orientale non sembra reggere negli ultimi giorni, almeno non del tutto. Tre miliziani ribelli sono stati uccisi dalle truppe governative nei pressi della città portuale di Mariupol, uno dei luoghi dove è più probabile che i combattimenti possano iniziare di nuovo con grande intensità vista la posizione strategica della città. “Tre combattenti sono stati uccisi e sei feriti nel villaggio di Shyrokyne” ha annunciato l’agenzia di stampa dei ribelli che accusano le truppe di Kiev di aver violato la tregua con 33 attacchi nelle ultime 24 ore. Gli assalti si concentrano su Shyrokyne ma anche sull’aeroporto della roccaforte ribelle Donetsk. Da parte sua il portavoce delle forze ucraine Andriy Lysenko ha affermato che anche tre soldati ucraini sono stati feriti ed ha sostenuto che i miliziani del Donbass hanno violato loro la tregua usando per la prima volta in un mese razzi pesanti Grad. In generale, nel rispetto del cessate il fuoco concordato a Misnk a febbraio, i combattimenti si sono fermati quasi del tutto sulla linea del fronte e le due parti affermano di aver ritirato armi pesanti e artiglieria creando una zona cuscinetto ampia dal 50 ai 140 chilometri, a seconda della portata della armi.
Ieri il presidente russo Putin ha chiesto però che gli accordi raggiunti a Minsk siano rispettati per intero da parte delle autorità di Kiev, dopo che Mosca ha già puntato il dito contro la nuova legge sull’autonomia del Donbass approvata dal parlamento ucraino che, secondo i russi, è fuori dai binari degli accordi che hanno aperto la via al cessate-il-fuoco. La Russia valuta negativamente la legge sull’autonomia votata dalla Rada ucraina, perché prevede che una maggiore autonomia venga accordata alle aree dell’est controllate dai ribelli solo dopo elezioni locali convocate sotto il controllo del regime di Kiev. Mosca ha presentato una bozza di risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’Onu chiedendo elezioni immediate nelle regioni di Donetsk e Lugansk, che però ha assai poche chance di superare il “no” dei rappresentanti occidentali dell’organismo decisionale delle Nazioni Unite. Ieri inoltre la Russia ha accusato gli Usa di spingere Kiev verso la soluzione militare invece di perseguire la pace.
“Grazie all’accordo raggiunto a Minsk il 12 febbraio, è apparsa una reale opportunità per una de-escalation in questo conflitto” ha detto Putin parlando ad Astana dopo aver incontrato il presidente kazako Nursultan Nazarbayev e quello bielorusso Alexander Lukashenko. “Spero vivamente – ha continuato – che le autorità di Kiev realizzino in pieno gli accordi di Minsk. Nazarbayev, dal canto suo, ha ribadito che “La soluzione alla situazione in Ucraina deve essere diplomatica, non c’è soluzione militare a questo problema. E’ importante che tutte le decisioni che saranno prese siano basate sui principi fondamentali della legge internazionale” ha detto il leader kazako, che ha ottenuto l’appoggio esplicito di Putin per le elezioni presidenziali previste per il mese prossimo, nelle quali è di fatto senza avversari. “Noi – ha continuato Nazarbayev – siamo interessati a un’Ucraina che rimanga uno stato stabile e indipendente con la sua integrità territoriale”.
La Russia ha anche affermato che non risponderà con proprie sanzioni a quelle imposte a Mosca da Ue e Stati Uniti, anche se Mosca “sarà guidata esclusivamente dai suoi interessi nazionali nella replica alle misure occidentali”. Lo ha affermato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov dopo che l’altro ieri sera il vertice dell’Unione Europea ha deciso che sanzioni economiche contro la Russia saranno “strettamente legate” alla verifica della “piena attuazione” degli accordi di Minsk fra Mosca e Kiev. I leader europei hanno anche raggiunto un’intesa di principio per prorogare le sanzioni fino a fine anno, proroga che dovrebbe essere formalizzata nel prossimo vertice di giugno. Nuove sanzioni, invece, scatterebbero nel caso in cui i combattimenti dovessero riprendere su larga scala.
Se alla Russia si chiede di bloccare ogni forma di ingerenza negli affari dell’Ucraina la Nato continua a dispiegare il proprio dispositivo militare alla frontiera di Mosca e ad aumentare il sostegno militare al regime di Kiev, tentando di aumentare il potenziale delle forze armate ucraine sconfitte diverse volte negli scontri degli ultimi 11 mesi nelle regioni orientali.
Ad aprile quasi 300 paracadutisti statunitensi – appartenenti alla 173esima brigata aerotrasportata di base a Vicenza – arriveranno in Ucraina per iniziare la formazione dei soldati della Guardia nazionale ucraina – provenienti dalle Accademie militari ma soprattutto dalle formazioni di estrema destra ultranazionaliste e neonaziste – nella città occidentale di Yavoriv. Il colonnello Steven Warren, uno dei portavoce del Pentagono, ha detto che l’inizio dell’addestramento, originariamente previsto per la metà di marzo, sarà spostato ad aprile. Questo dopo che la Gran Bretagna ha già inviato 35 istruttori che hanno iniziato a lavorare a Mylolaiv, nel sud. “Mentre continuiamo a credere che non vi sia alcuna soluzione militare a questa crisi, l’Ucraina ha il diritto di difendersi”, ha detto Eileen Lainez, portavoce del dipartimento della Difesa di Washington, evidenziando l’ipocrisia del governo Obama. La scorsa settimana Washington ha annunciato l’invio a Kiev di oltre 75 milioni di dollari in veicoli blindati Humvees, radar anti-mortaio, dispositivi per la visione notturna e altre apparecchiature belliche definite “non letali”.
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