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L’operazione militare a Kursk è un suicidio calcolato?

Stando al canale Telegram del Ministro della Difesa russo la Federazione avrebbe sventato “i tentativi” dei gruppi nemici di “penetrare in profondità nel territorio russo”. Contemporaneamente afferma di avere inflitto delle “pesanti perdite agli ucraini”.

Una smentita di ciò che ha affermato Zelensky secondo cui l’esercito ucraino continuerebbe la sua avanzata in territorio russo nella regione di Kursk, e che più di 100 militari della Federazione sarebbero stati catturati.

L’agenzia stampa TASS, riporta che la manovra ucraina iniziata il 6 agosto avrebbe ucciso 12 civili e ne avrebbe feriti 121, grazie all’uso di droni che per Mosca sono un velleitario tentativo di spargere la paura sulla popolazione, con circa 120 mila persone che sarebbero fuggite o sarebbero state evacuate dalla regione di Kursk, ora in “stato d’emergenza”.

Per Ministero della Difesa russo, Kiev avrebbe perso 2.030 soldati, 35 tank e 31 carrier.

Se le narrazioni sono contrastanti, le conseguenze sono evidenti.

Il diplomatico Rodion Miroshnik, portavoce del ministero degli esteri russo,  ha affermato che con tale operazione militare Kiev ha di fatto “sospeso a lungo termine la questione dei colloqui di pace”.

Ora Mosca ha il “semaforo verde” – è uno Stato sovrano invaso da un altro Stato – per procedere senza esitazioni nel raggiungimento dei suoi obiettivi.

Nonostante gli analisti militari sottolineino l’azzardo senza sbocchi dell’operazione ucraina – di cui erano probabilmente al corrente nelle stanze dei bottoni occidentali – la dirigenza della UE e quella statunitense hanno confermato il loro appoggio a Kiev, e probabilmente inviato un messaggio al possibile futuro inquilino della Casa Bianca, Donald Trump.

Sul suo account X, Josep Borrell Fontelles, capo della diplomazia della Ue, dopo un confronto con il Ministro ucraino Kuleba sugli ultimi sviluppi militari, ha “reiterato il pieno supporto della UE” e prosegue affermando che Putin di fatto se l’è andata a cercare, mentre Biden ha detto che l’offensiva ucraina lo pone di fronte a “un vero dilemma”.

C’è una spaccatura evidente tra gli analisti militari e la narrazione occidentale che sta sostenendo una mossa che è difficile non definire “senza sbocchi”, a meno di non considerare questa tappa come viatico necessario per un più marcato impegno quanto meno europeo, non solo in termini di mezzi ed addestramento, ma di coinvolgimento diretto nei combattimenti come fu tempo fa ipotizzato da Macron.

In sintesi, trasformando una proxy war “fino all’ultimo ucraino” in uno scontro diretto sul campo, rispetto ad un grado di coinvolgimento già piuttosto avanzato.

Riferisce infatti il quotidiano spagnolo El País:

La rabbia di Putin si è concentrata sugli alleati di Kiev, che ha accusato di condurre una guerra contro la Russia con l’Ucraina come punta di diamante. Le brigate ucraine non hanno impedito la pubblicazione di immagini di veicoli blindati di fanteria della NATO che operano sul territorio russo, né l’azione dei missili a medio raggio statunitensi Himars. Testimonianze raccolte da EL PAÍS al confine tra la provincia ucraina di Sumi e Kursk confermano il volo nella zona di caccia F-16 recentemente consegnati da Paese dellAlleanza Atlantica.

Questo, nella percezione della “Russkij mir”, è l’ennesima prova di come l’Occidente collettivo conduca  attraverso la NATO una guerra contro il popolo russo, ora sul suo territorio e non solo attraverso “azioni coperte”.

Kiev sta impiegando le sue truppe migliori e meglio equipaggiate, aprendo un fronte che non sarà in grado di sostenere sul lungo periodo e in cui si è giocato un effetto sorpresa che verrà presto annullato dai rinforzi non impiegati nel Donbass.

E proprio in Ucraina orientale, se cadessero gli ultimi capisaldi di Kiev – come spiega a Il Fatto Quotidiano il direttore di Analisi Difesa Gianandrea Gaiani, i russi completeranno una riconquista “che potrebbe determinare l’arretramento o il tracollo dell’esercito ucraino”, tra l’altro a corto di nuove reclute da utilizzare come carne da cannone.

Se si realizzasse uno scenario di questo tipo le possibili trattative con potrebbero che partire dalla sconfitta sul campo dell’Ucraina e una uscita di scena di Zelensky stesso, che si sta giocando il tutto per tutto contro una potenza atomica.

Ora, è chiaro che la fog of war impedisce un’analisi più accurata sul campo, ma più di un segnale suggerisce che l’ ”effetto boomerang” sia dietro l’angolo.

É ancora più chiaro che al centro dell’agenda politica torna la necessità di opporsi a questa ennesima svolta avventurista delle élite occidentali e fermare il coinvolgimento del nostro paese in questa nuova possibile escalation.

Bisogna far pagare un conto salatissimo a tutto quel ceto politico che ci ha trascinato in questo sconfitto senza sbocchi, se non con la fragorosa sconfitta del regime di cui siamo “alleati”.

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