Non c’è stato l’atteso dilagare dell’estrema destra seppure nella versione ripulita di Marine Le Pen. Anche se al primo turno delle elezioni cantonali il Front National aveva ottenuto qualche consigliere raggiungendo la quota del 25% – un buon risultato per delle elezioni amministrative generalmente sfavorevoli alle opposizioni e in particolare all’estrema destra, ma non il ‘primo posto’ che il FN voleva ottenere – i ballottaggi alla fine hanno visto una sconfitta sistematica di tutti i candidati del partito guidato dalla figlia di Jean Marie Le Pen. Nonostante il leader dei gollisti Nicolas Sarkozy avesse evitato di chiedere ai suoi elettori di votare per i candidati socialisti o di centrosinistra per sbarrare la strada ai rappresentanti dell’estrema destra, generalmente l’elettorato di centrodestra ha aderito al tradizionale “fronte repubblicano” (anche se ieri un elettore su due non è andato ai seggi).
Rovinando così in parte la festa alla leader del Front National le cui aspirazioni escono parzialmente ridimensionate da un voto in cui sperava di affermare lo sdoganamento definitivo della sua proposta politica nazionalista, populista e xenofoba. Pur avendo portato i suoi consiglieri nelle province da 2 a una sessantina (su 4000 totali), la battagliera leader d’oltralpe non è riuscita neanche a conquistare il dipartimento di Vaucluse, risultato sul quale aveva investito esplicitamente. Certo, non si può dire che quella del Front National sia una sconfitta, vista la progressione elettorale e di autorevolezza che l’estrema destra ha vissuto anche nell’ultima tornata elettorale, però certo i sogni di gloria del suo quartier generale sono stati parzialmente ridimensionati seppure all’interno di un sistema politico francese che da bipolare è diventato tripolare. Ancora una volta la sfida tra le due destre l’ha vinta la versione ‘moderata’ della droite che nello sforzo di sottrarre consensi al FN o di non perdere ulteriori voti potenzialmente in fuga ha comunque radicalizzato il suo messaggio nazionalista e xenofobo, di fatto sdoganando la propaganda dei suoi competitori. Occorre anche dire che a contenere il previsto boom del FN è stato soprattutto un sistema elettorale che, di tipo maggioritario a due turni, continua a forzare non poco le scelte degli elettori che altrimenti si orienterebbero verso altri lidi. Al di là degli eletti il cui numero non è certo esaltante, l’estrema destra francese è di fatto il secondo partito del paese ed è cresciuta anche in alcuni dipartimenti che storicamente erano bastioni della sinistra, togliendo ancora ai comunisti voti operai e popolari attratti dalle parole d’ordine (strumentalmente) critiche contro l’Unione Europea e la gestione di una crisi economica che in certi settori sociali e in certi territori si è fatta sentire pesantemente.
Dal punto di vista dei risultati, il vero vincitore delle elezioni di ieri è stato un redivivo Nicolas Sarkozy, che ha segnato un risultato non da poco in vista delle primarie per la corsa alle presidenziali del 2017. La vittoria dell’Ump e dei suoi alleati centristi – Udi e Modem – è inequivocabile: la destra ha quasi raddoppiato i suoi eletti e ha conquistato ben 67 dei 101 dipartimenti francesi. Al primo turno, con il 29,4%, il centrodestra aveva collezionato un buon risultato ma non del tutto esaltante, mentre ieri il trionfo nel secondo turno ha stracciato i candidati del partito socialista e delle altre forze di centrosinistra che hanno perso circa metà dei cantoni che controllavano, vincendo in 34. Entusiastico e scontato il commento del vincitore dopo la diffusione dei primi risultati. “Con il loro voto i francesi hanno bocciato in massa la politica di Hollande e del suo governo. E’ una sconfessione totale e senza appello. Mai una maggioranza aveva perso tanti dipartimenti. Mai un potere in carica aveva suscitato tanta sfiducia. E mai, nella Quinta repubblica, la destra aveva raggiunto un risultato del genere” ha tuonato Sarkozy che vede aprirsi la strada verso il ritorno all’Eliseo. Da parte sua Manuel Valls, il capo del governo socialista, aveva annunciato alla vigilia del voto che il risultato delle elezioni amministrative non avrebbe avuto conseguenze sull’esecutivo.
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