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La Troika: “La soluzione per la Grecia è cambiare il governo”

Come si fa a convincere un governo regolarmente eletto, sulla base di un programma sgradito, a cambiare linea? Semplice! Si cambia il governo…

“Stressati” da due mesi e mezzo di trattative frenetiche con Atene, col suo “strano” governo formato dalla “sinistra riformista radciale” di Syriza e da un partitino nazionalista (Anel), fin qui abbastanza determinato nel tentare di mantere quel che aveva promesso a chi lo ha votato (ridurre gli effetti dell’austerità sulla popolazione, pur restando dentro la Ue e la moneta unica), a Bruxelles si sarebbe fatta defintivamente strada il vero “piano B”: spaccare Syriza e imporle un nuovo governo insieme ai venduti del Pasok e magari i moderati di Potami.

Poco democratico? E che gliene importa della democrazia all’Unone Europea? L’importante è cancellare rapidamente un esempio pericoloso, anche se semplicemente riformista, di governo che non obbedisce pienamente ai diktat della Troika (Unione Europea, Bce, Fmi).

La “rivelazione” arriva dal prestigioso Financiale Times, certo non uso a inventarsi le notizie, che cita fonti interne alla Commissione Europea o comunque della Ue. La formula sarebbe già stata trovata: obbligare Alexis Tsipras a fare “premier e non il leader del partito radicale di Syriza”. Evidentemente, in questa “Unione”, un “premier” è davvero tale solo se accetta di entrare nella nomenklatura del potere multinazionale, sganciandosi – come hanno già fatto tutti i componenti della nomenklatura stessa – da ogni vincolo politico e personale con il paese di provenienza. Ma in ogni caso una cosa è chiara, dice l’anonimo “funzionario” di Bruxelles: “Questo governo non può sopravvivere”,

La notizia a suo modo “bomba” è stata fatta uscire mentre, a Washington, il ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis, incontrava la presidente de Fondo Monetario, Christine Lagarde, per assicurare che il 9 aprile Atene avrebbe regolarmente pagato la tranche dovuta di rimborso: 458 milioni, nella speranza che tanto basti a sbloccare l’erogazione dei 7,2 miliardi che avrebbero dovuto essere versati alla Grecia secondo l’accordo di “estensione” del piano di aiuti. L’obiettivo dichiarato da Varoufakis è raggiungere un’intesa preliminare con i creditori alla riunione dell’Eurogruppo il 24 aprile. I quali, come detto, stanno puntando a tutt’altro obiettivo.

Ma la strategia della Troika non è mai cambiata: niente soldi fino a quando Atene non presenterà una lista di “riforme strutturali” che coincida con quanto la Troika stessa ha deciso da tempo. Quindi taglio alla spesa pubblica e alle pensioni, privatizzazioni senza limiti, liberalizzazioni, riduzione del pubblcio impiego, aumento dell’Iva, ecc. Nente “misure umanitarie”.

Quel che è cambiato è dunque la soluzione a breve termine. Invece di rischiare l’uscita della Grecia dall’euro o addirittura dall’Unione Europea (si è studiata, a Bruxelles, una soluzione intermedia di “reinterpretazione dei trattati”, in modo da tenere comunque Atene nella Ue anche se fosse stata costretta ad abbandonare la moneta unica), via libera immediata al rovesciamento del governo.

La soluzione “indolore” per Bruxelles, quella che farebbe apparire un po’ meno dittatoriale la decisione, sarebbe un “rimpasto” del governo ellenico che prevede la cacciata dell’ala sinistra di Syriza (spaccando dunque il movimento) e mettendo dentro gli orfani di Andreas Papandreou.

Il problema è convincere Tsipras, che deve decidere – appunto – se vendere se stesso, il suo movimento ed il suo popolo in cambio dell'”ingresso nella società che conta”, oppure dare ancora battaglia. Ma senza grandi prospettive di “vittoria”, se per vittoria si intende il mettere fine all’austerità pur restando all’interno della Ue. O l’una o l’altra.

Non sappiamo ovviamente quel che sta passando per la testa del giovane leader che tante speranze aveva fatto nascere anche fuori dai suoi confini. Syriza è un movimento, più che un partito, con molte anime e cresciuto molto in fretta, quindi con una disomogenietà culturale anche forte. Molti dei suoi rappresentanti locali, per dirne una, sono ex socialisti del Pasok che hanno cambiaro bandiera per non affondare e potrebbero farlo ancora.

Mercoledì Tsipras è atteso a Mosca da Vladimir Putin, che da parte sua vede la possibilità di fare sponda con il governo ellenico e quindi acuire le contraddizioni in campo atlantico (la Grecia è anche un membro della Nato).

Ma – davvero in ogni caso – la scelta dell’Unione conferma a chiunque abbia occhi per vedere e un cervello indipendente per pensare, che “rompere la gabbia dell’Unione Europea” è una precondizione per poter cambiare strada rispetto alle decisioni del capitale multinazionale.

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