All’inizio del tredicesimo giorno dell’operazione militare guidata dall’Arabia Saudita e portata avanti da una decina di paesi sunniti, i combattimenti fra i ribelli sciiti Houthi e le milizie fedeli all’ex presidente Saleh da una parte e i soldati governativi sostenuti da Riad dall’altra si concentrano nel sud dello Yemen, dove nelle ultime 24 ore hanno provocato almeno 140 morti, di cui 50 nella città portuale di Aden.
Roccaforte del presidente Abd-Rabbou Mansour Hadi, la seconda città del paese è da giorni teatro di violenti scontri e bombardamenti che hanno ucciso da domenica almeno 17 civili. Gli Houthi e i loro alleati – all’interno di uno scontro che è solo in parte confessionale e che ha implicazioni di classe e geopolitiche con la partecipazione di numerosi interessi stranieri in un paese che è vitale per le rotte del petrolio– sono riusciti ieri ad occupare la sede dell’amministrazione provinciale dopo aspri scontri con i cosiddetti ‘comitati popolari’ vicini a Hadi. Ad Aden, città dove aveva trovato rifugio l’ex presidente poi riparato in Arabia Saudita dopo esser stato destituito dai ribelli, gli scontri si sono concentrati soprattutto nel quartiere di al Moalla, dove gli opposti schieramenti si contendono il controllo di un importante porticciolo.
Le forze navali della coalizione guidata dalle petromonarchie e dall’Egitto sono di nuovo entrate in azione durante la notte bombardando le posizioni ribelli ad Aden mentre i caccia di Riad e degli Emirati Arabi hanno colpito le forze houthi nella provincia di Lahj, nel nord dello Yemen, la base aerea di Al-Anad accerchiata da reparti filo-governativi.
In uno scenario drammatico in cui la situazione umanitaria peggiora di ora in ora e negli ospedali mancano i farmaci per curare i feriti sempre più numerosi, il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) fatica a distribuire gli aiuti. “Abbiamo l’autorizzazione a inviare un aereo cargo carico di medicinali, ma ci sono problemi riguardo l’aeroporto di Sanaa dove sempre meno velivoli riescono ad atterrare” ha fatto sapere un portavoce dell’organizzazione internazionale.
I soccorsi sono dunque bloccati, nonostante gli intensi sforzi diplomatici profusi nei giorni scorsi con le parti in conflitto affinché ne garantissero il flusso; circa 48 tonnellate di medicinali e kit chirurgici in attesa del via libera per raggiungere le aree colpite via aria e acqua, mentre una squadra di chirurghi attende a Gibuti il via libera per partire.
Secondo un bilancio provvisorio stilato dalla Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) almeno 540 persone sono state uccise e 1.700 ferite dallo scorso 19 marzo. Almeno 74 bambini sono stati inoltre uccisi e 44 feriti dal 26 marzo, giorno in cui sono iniziati i raid dal cielo e dal mare da parte delle forze militari guidate dall’Arabia Saudita con il sostegno della Lega Araba, ha precisato un portavoce dell’Unicef (Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (Unicef), Christophe Boulierac.
Secondo Basharaheel Hisham Basharaheel, vicedirettore del giornale Al Ayyam, ad Aden cibo e acqua scarseggiano e non c’è elettricità.
Intanto gli Stati Uniti hanno ammesso di non essere in grado di evacuare i loro cittadini a causa della chiusura degli aeroporti: li hanno quindi esortati a lasciare il paese via mare approfittando della presenza di navi di altri paesi, fra cui la Francia. Nei giorni scorsi i cittadini di vari paesi – tra cui Cina e Russia – erano invece stati in parte allontanati dal paese su iniziativa dei rispettivi governi.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa