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Colombia: 105 sindacalisti assassinati in 4 anni. Condannati due ex ministri

L’organizzazione sociale denominata Escuela Nacional Sindical ha denunciato recentemente che negli ultimi 4 anni, ovvero dall’approvazione del Trattato di Libero di Commercio con gli Stati Uniti nel 2011, in Colombia sono stati assassinati ben 105 sindacalisti.
Con notevole faccia tosta, il governo colombiano aveva “realizzato” nel 2014 il piano d’azione per “migliorare le condizioni del lavoro e prendere misure per ridurre la violenza contro sindacalisti e combattere l’impunità”. Tuttavia la Escuela Nacional Sindical, dedita alla ricerca e allo studio relativamente al settore sindacale, afferma che “il piano d’azione sul lavoro non è stato concluso, i suoi effetti sono distanti dagli obiettivi iniziali e le informazioni sul suo sviluppo non sono complete né dettagliate”. Dai risultati della ricerca si evince infatti che fra il 7 aprile 2011 ed il 31 marzo 2015, sono state registrate 1933 aggressioni a membri di differenti sindacati, fra attacchi e minacce, con un drammatico saldo di 105 assassinati.

La Colombia conferma puntualmente il suo triste primato di essere il paese più pericoloso al mondo per i sindacalisti, vittime dei carnefici del terrorismo di Stato al servizio delle multinazionali e dell’oligarchia al potere. Il carattere criminale dell’establishment comincia ad essere riconosciuto – e sanzionato – addirittura dalle istituzioni giudiziarie del paese.
Dopo quasi due anni di processo e a distanza di oltre 10 anni dai crimini contestati, la Sala Penale della Corte Suprema di Giustizia ha emesso la sentenza contro gli ex ministri Sabas Pretelt de la Vega e Diego Palacio, condannati definitivamente ad una pena di 6 anni di prigione e 12 anni di inabilitazione politica; 60 mesi di prigione sono stati comminati invece ad Alvaro Velásquez, ex segretario generale della Repubblica durante il mandato dell’ex narco presidente Alvaro Uribe.
I fatti che sono alla base della sentenza, i quali si sommano alla lunga lista di casi di corruzione, paramilitarismo, narcotraffico e altri gravi delitti, fanno riferimento al meccanismo di corruzione e compravendita di voti messo in moto per ottenere nel 2004 la riforma costituzionale che avrebbe permesso la rielezione di Uribe alla carica di presidente.
Sabas Pretelt de la Vega, già ambasciatore in Italia ed inquisito proprio mentre si trovava a Roma, ricopriva allora la carica di ministro degli Interni, mentre a Diego Palacio era stato affidato il ministero della Salute e della Protezione sociale. La Corte Suprema di Giustizia, sulla base di numerose testimonianze, ha potuto provare che i condannati, attraverso prebende e promesse di importanti cariche governative, comprarono il voto di diversi congressisti come quello di Yidis Medina, principale testimone e accusatrice, condannata sette anni fa perché responsabile di aver venduto il proprio voto. L’ex narco presidente e rappresentante della destra reazionaria e filo statunitense, Alvaro Uribe, si trova sempre più alle strette dopo la sua sostituzione con l’esponente della destra liberale Juan Manuel Santos. 

Notizie tratte da www.nuovacolombia.net

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