Sono parecchie decine all’anno le morti registrate in Giappone per super-lavoro, una vera e propria patologia conosciuta come “karoshi”, e centinaia quelle connesse con un eccessivo impegno lavorativo che incentiva problemi cardiaci, infarti, ictus, suicidi. Una casistica ampiamente documentata e considerata che è alla base di numerosi provvedimenti che nel corso degli ultimi anni hanno cercato di propiziare o imporre giornate lavorative più brevi e ferie obbligatorie anche se con scarsi risultati.
Mostrare dedizione alla propria azienda attraverso il sacrificio e non lasciare mai il posto di lavoro prima del proprio datore di lavoro o del proprio superiore è un atteggiamento diffuso e incoraggiato nel paese. Secondo uno studio del governo il 16% dei lavoratori non ha usufruito di nessuno dei giorni di ferie che gli spettavano nel 2013, una quota doppia non ha usufruito dell’intero periodo di riposo che pure la legge gli garantisce e nello stesso anno il 22.3% dei dipendenti ha lavorato almeno 50 ore settimanali.
Il governo giapponese ha recentemente presentato un progetto di legge con l’apparente obiettivo di ridurre l’orario di lavoro nelle aziende e ridurre quindi le morti causate da troppo lavoro. A sostegno del provvedimento si è schierata la Confindustria Giapponese (Keidanren) e altre organizzazioni imprenditoriali che ritengono che l’iniziativa possa meglio premiare l’impegno e le capacità offrendo la possibilità di utilizzare il tempo in modo autonomo con maggiori possibilità di riposo e di svago.
L’obiettivo dichiarato della legge è ridurre almeno del 5% cento il numero di persone che lavorano più di 60 ore a settimana entro il 2020, rispetto al 9% nel 2013, anno in cui sono stati registrati almeno 2.323 suicidi legati al lavoro.
La bozza di legge annunciata questa settimana dal Partito liberal-democratico, la formazione guidata dal nazionalista Shinzo Abe al potere nel paese, incoraggia le imprese ad abbassare l’orario di lavoro e gli impiegati a usufruire delle ferie, esentando però dal rispetto dell’orario lavorativo massimo – che comunque rimane molto alto e nettamente al di sopra della media di tutti i paesi sviluppati – dirigenti aziendali, professionisti e consulenti con un reddito superiore a 10,75 milioni di yen all’anno, circa 80.600 euro.
Per questo la legge è stata criticata, perché la scelta della nuova organizzazione del tempo lavorativo, che rimane volontaria, rischia di trasformarsi in un incentivo al lavoro non retribuito con orari ancora più prolungati incentivando e non combattendo il karoshi. Come denunciato dall’accademico Koji Morioka, la legge – che riguarderebbe circa 1,8 milioni di individui, quindi solo il 4% della forza-lavoro complessiva del paese – esenterebbe le aziende al pagamento degli straordinari.
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