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(n)Eurovertice. Atene non presenta proposte e chiede un prestito-ponte di 7 miliardi

Tutto rimandato, almeno per quanto riguarda le decisioni. I creditori aspettavano una nuova proposta greca. Più arrendevole delle altre, nonostante la schiacciante vittoria del NO al referendum di domenica abbia mandato un evidente segnale contro l’austerity sia nelle versioni soft che nelle versioni feroci. 

Ma la proposta non c’è stata. Euclid Tsakalotos, nuovo ministro delle finanze in sostituzione di Yanis Varoufakis, ma già prima “capo-delegazione” a Bruxelles, non ha portato nessun nuovo testo. Rinviando a domani altre comunicazioni in proposito.

E’ stato lo stesso presidente dell’Eurogruppo, il falco boero Jeroen Dijsselbloem, a comunicarlo alla fine della riunione dei ministri finanziari. «I greci ci manderanno una richiesta di aiuti Esm entro domattina, e un nuovo Eurogruppo telefonico la valuterà, poi ci invieranno una lista di riforme».

La novità – neanche troppo nuova – è nel tentativo di coinvolgere il fondo chiamato “salva-stati”, anche se è stato fin qui usato per salvare banche private. L’idea non sembra convincere affatto i creditori, come lo stesso Dijsselbloem ha riassunto; «Vorremmo ricevere una proposta scritta molto rapidamente». «È troppo presto per essere ottimisti, la Grecia ha bisogno di riforme credibili ed è quello che vogliamo sentire da loro».

Rispetto a prima del referendum, dunque, l’Eurogruppo rimane assolutamente fermo sulla vecchia posizione: Atene si deve solo arrendere ai diktat che gli vengono  intimati ormai da cinque mesi (in realtà da cinque anni).

Ora la palla passa al vertice dei capi di governo, dove dovrebbe essere lo stesso Tsipras a dare qualche indicazione più concreta su quel che la Grecia intende fare. Fin qui, infatti, da parte di Atene si è avuta soltanto l’esibizione di una ritrovata sensazione di “forza” conferita dal grande successo nel referendum, come del resto detto a caldo da Tsipras e altri dirigenti di Syriza. Il problema è che per lacontroparte quel referendum non conta – economicamente – nulla. Quindi hanno stabilito di fare come se non ci fosse mai stato.

«Stiamo continuando a lavorare per trovare una soluzione, dipende da quello che ci dirà il signor Tsipras», ha detto Juncker. Più tranchant, come sempre, Angela Merkel: «È impossibile prendere iniziative necessarie senza riforme. Ci sono «pochi giorni a disposizione per trovare una soluzione e mancano ancora le basi per negoziare sulla Grecia».

Prima ancora della riunione dei capi di governo, sembra previsto un vertice a quattro tra il presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker, Alexis Tsipras, Francois Hollande e Angela Merkel. 

Per domattina, fra l’altro, è previsto un discorsi di Tsipras al Parlamento europeo, la più vuota ed inutile delle “istituzioni” dell’Unione Europea (basti ricordare che si tratta dell’unico parlamento al mondo che non dispone del potere legislativo). Probabilmente servirà soltanto a presentare la “nuova” posizione ellenica alle orecchie di deputati che altrimenti ne avrebbero avuto notizia dai media. In questi casi più inaffidabili del solito, come si è visto in queste settimane.

Alla notizia del nulla di fatto le borse hanno ripreso a scendere precipitosamente. La peggiore è come sempre Milano (-3%), vanificando una volta di più le rassicuazioni di Renzi e Padoan; “stiamo al riparo perché abbiamo fatto le riforme”. Quando è ormai dimostrato che chi ne ha fatte di più è anche quello che sta peggio.

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Ore 16.00. L’Eurogruppo – riunione dei ministri finanziari dei 19 membri dell’eurozona – è cominciato intorno alle 13. La prima notizia a filtrare è che il rappresentante greco, Euclid Tsakalatos, a nome del governo guidato da Alexis Tsipras, avrebbe chiesto un prestito-ponte di 7 miliardi da erogare entro 48 ore.

La seconda notizia filtrata è che la delegazione ellenica non ha portato una nuova “proposta”. E questo avrebbe fatto imbestialire diversi suoi colleghi come e quanto era in passato avvenuto con Yanis Varoufakis. L’indiscrezione arriva via Twitter dalla corrispondente del quotidiano Kathimerini. In ogni caso, sembra che i ministri delle finanze non si fermeranno a Bruxelles per esaminare il nuovo testo. Questo compito, infatti, spetta a tutta la Troika (Commissione Europea, Bce e Fmi).

Ma c’è anche un’altra versione, riportata dalla Reuters, secondo cui la Grecia pensa di presentare una nuova richiesta di aiuti finanziari direttamente al Fondo europeo di stabilità. Questa voce è stata fatta filtrare al quotidiano tedesco Handelsblatt. Secondo quanto riferito da un alto funzionario europeo alla Reuters, la richiesta verrà inoltrata “forse” domani. 

La prima misura – se effettivamente è stata chiesta, e in questa dimensione – servirebbe per far fronte alle scadenze più urgenti, compresa forse la rata da restituire alla Bce entro il 20 luglio. E qui si registrano le prime distinzioni interessanti tra i “creditori”. Il ministro delle finanze lussemburghese Pierre Gramegna e il suo collega austriaco, Hans Joerg Schelling, non hanno affatto escuso la possibilità, anche se – ovviamente –  «non deve essere per il lungo termine, ma un approccio al problema della liquidità»; e «il finanziamento ponte può essere una soluzione per aprire le banche nei prossimi giorni, magari la prossima settimana».

La giornata non sembrava comunque essere partita nel clima migliore. Le dichiarazioni dei protagonisti all’entrata erano tutte un fissare paletti davanti alle ancora sconosciute proposte elleniche, che dovrebbero essere “serie e credibili” a insindacabile giudizio dei “creditori”.

Il vicepresidente lituano della Commissione Europea – la Lituania è l’ultima entrata nell’euro – Valdis Dombrovskis, mette subito le mani avanti: «Una Grexit non è il nostro obiettivo, noi lavoriamo a un altro schema per trovare una soluzione, ma se il pacchetto di riforme» della Grecia non è credibile «questa non può essere esclusa». 

Nervoso Jean-Claude Juncker, che si presenta come sempre mediatore, pur premettendo di “non aver capito su che cosa hanno votato i greci, visto che il pacchetto su cui è stato fatto il referendum non è più sul tavolo”. Come se il problema fossero le parole scritte nero su bianco e non il parere politico – chiarissimo – che i grecia hanno dato sulle richieste della Troika (ancora più austerità).

Ma mette paletti anche alla Germania: «C’è chi di nascosto punta sull’uscita della Grecia. In Europa non esistono risposte facili. La commissione Ue farà in modo che riprendano i negoziati». Ed è apparso molto irritato proprio con Merkel e Schaeuble: “Il ruolo della Commissione Ue rispetto alla Grecia viene molto criticata in alcuni Stati specialmente dove si parla tedesco. O si vuole una Commissione politica o la vogliono di alti funzionari. Io sono un politico. E’ sorprendente che riguardo alla Grecia si possano esprimere tutti tranne il sottoscritto non mi lascio mettere museruola, sono stato eletto. Lo stesso vale per il presidente del Parlamento Ue, che non è una tigre di carta e può esprimersi”.

L’incontro a due Hollande-Merkel, ieri, doveva ervire a stabilire una linea comune, di fatto egemone nelle riunioni di oggi. Ma non sembra essere andato come sperato. Alemo a sentire la profonda differenza con cui approcciano la richiesta base del governo greco, ovvero la ristrutturazione del debito. Secondo Pierre Moscovici, anche lui vicepresidente della Commissione Ue,  la Francia ritiene che si debba fare di tutto per impedire la Grexit, ma sostiene pure che una eventuale ristrutturazione del debito non debba essere considerata un “tabù”.

Lo stesso Wolfgang Schaeuble si è invece incaricato di alzare un muro:  “E’ vietata dai trattati”, ha detto.

Il che è verissimo, non c’è dubbio. Ma proprio questo spiega la natura dell’Unione Europea e la sua irriformabilità.

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