La prima registra la spinta speculativa: subito dopo il referendum del 5 luglio le richieste di acquisto di immobili grecia provenienti dall’estero sono salite del 60%. Il perché è semplice: nell’interpretazione oggettiva delle dinamiche di mercato, a prescindere dal fatto che quel NO potesse preludere a un’uscita dall’euro o, come si è visto dal giorno dopo, a una resa lacerante ai diktat, il patrimonio immobiliare ellenico è diventato più “interessante”; ovvero con prezzi tendenziali in forte calo.
E non bisogna nemmeno pensare che questo “interesse speculativo” sia proveniente dai nemici attuali della Grecia. Anzi, si tratta quasi sempre di paesi più vicini o storicamente legati alla Grecia: in testa c’è infatti la Russia, con un aumento del 244% nelle ricerche rispetto al periodo precedente, seguita dall’Italia (+194%), la Francia (+156%) e la Turchia (+105%). Seguono poi quei Paesi tradizionalmente territorio di emigrazione greca, come gli Stati Uniti (+114%), l’Australia (+105%) e il Canada (+96%). La perfida Germania invece ha annusato l’aria di ribellione che la identifica come la causa dei dolori del popolo greco: le richieste provenienti da Berlino sono infatti in calo del 5%.
La seconda notizia è fortemente speculare. Negli ultimi dieci giorni si è impennata la richiesta di permessi per l’espatrio. Secondo il Direttorato per i passaporti della polizia, nella sola Atene solo state presentate 1.580 richieste in un solo giorno, con un aumento di oltre il 50% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, mentre la media sul lungo periodo in questa fase prevacanziera era di circa 600.
Se la gente guarda ormai con interesse alla possibilità di emigrare si crea contemporaneamente una spinta alla vendita delle case, dovunque posizionate, per “realizzare” in moneta sonante il patrimonio che non si può portare con sé (gli immobili, appunto) e avere una “base di partenza” per l’avventura in un altro posto.
Al contrario, chi ha voglia di una seconda casa oppure godersi la pensione in un luogo da vacanza, ricco di fascino e cultura, ma low cost, ha ora l’occasione per acquistare a prezzi stracciati la casa dei suoi sogni.
I due processi, messi insieme, ne producono un terzo: una mutazione antropologica strisciante che segue i processi economici. La Grecia strozzata dall’austerità e dalle privatizzazioni tende a diventare un villaggio vacanza per benestanti (non necessariamente ricchissimi) di altri paesi. Una desertificazione reale che corrisponde perfettamente al passaggio del rullo compressore dell’Unione Europea, esecutore materiale del ridisegno strategico – anche sociale – dell’Europa secondo le esigenze del capitale multinazionale.
Non c’è nulla di strano o di “nuovo”. Quando si fondono insieme territori e paesi con caratteristiche strutturali così diverse, sotto la camicia di forza delle stesse istituzioni e della stessa moneta, si mette in moto un processo “oggettivo” – impersonale, meccanico o idraulico – agito dalle forze del libero mercato. Un meccanismo che favorisce il trasferimento delle “cose migliori” del paese più debole (industrie, banche, cervelli, forza lavoro) verso il centro più sviluppato. Un meccanismo dunque che inasprisce le differenze e le rende irrisolvibili. Al punto che alle popolazioni dei territori più deboli non resta che l’aternativa morire di stenti o emigrare.
Un meccanismo orrendo, ma niente affatto nuovo, dicevamo. Basta guardare alla storia del nostro Mezzogiorno dopo l’unità d’Italia o all’anschluss dell’ex Ddr all’intero della Germania unita.
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