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Ucraina: a quando le barricate del dopo-euromajdan?

Ben 35 battaglioni ucraini si sono schierati contro Pravyj sektor, scriveva ieri sera l’emittente Lifenews, specificando che i reparti speciali del Ministero degli interni stanno dalla parte del proprio “datore di lavoro”, il Ministro Arsen Avakov, di cui i fascisti di Pravyj sektor chiedono le dimissioni. I neonazisti di “Ajdar”, “Azov”, “OUN”, “Tornado” e alcuni altri battaglioni cosiddetti volontari si sono pronunciati per l’organizzazione diretta da Dmitrij Jaroš.
Se la scaramuccia di Mukačevo – il fatto, in sé e per sé, potrebbe essere ridotto a un semplice regolamento di conti tra gruppi di contrabbandieri, se non affiorassero, anche molto distintamente, altre dinamiche che riguardano la lotta di potere al vertice golpista di Kiev – ha messo in luce, per l’ennesima volta, il carattere banditesco di molti raggruppamenti d’affari, la cui copertura offerta dai seggi parlamentari diventa sempre più trasparente, allora anche lo schierarsi con l’una o l’altra delle bande armate può rivelare, forse per ora solo in parte, lo stato dei rapporti all’interno dell’élite euroatlantista uscita da euromajdan.

Chi sta con chi? Chi protegge chi? Chi fa affidamento su quali reparti armati, oppure ne prende le distanze, in vista di uno scontro all’ultimo sangue – non già nel sudest ma nel cuore stesso del Paese – che pochi, a quanto sembra, danno per inverosimile e che dunque necessita di centurie cui non facciano difetto né grossi quantitativi di armi, né capacità di usarle, soprattutto contro obiettivi civili. E tutte le forze in campo, sia dell’una, sia dell’altra parte, sia la Guardia nazionale, sia i battaglioni ultradestri, hanno dato sinora prova di tale abilità contro i centri abitati e i quartieri civili delle città del Donbass; molto meno in campo aperto, contro le milizie popolari, animate dalla coscienza e dalla volontà di difendere la propria terra e la propria autonomia, contro mercenari pagati in biglietti verdi per ogni cittadino della Novorossia ucciso.

Certo, resta ancora da vedere a quale degli schieramenti andranno le “simpatie” (molto materiali) dei protettori di oltrefrontiera e oltreoceano. Nell’altalena di appoggi a questo o quell’esponente del vertice politico ucraino, che sinora ha caratterizzato – con alcuni punti fermi – l’Occidente promajdan, le ultime settimane e anche gli ultimissimi giorni si sono caratterizzati per poche ma significative prese di posizione statunitensi a favore del premier Arsenij Jatsenjuk, anche se non apertamente contrarie al presidente Petro Porošenko. E, nella vicenda di Mukačevo, il primo, d’accordo col proprio padrino, il vice presidente USA Joe Biden, si è apertamente pronunciato a favore di Pravyj sektor, contro la polizia e, conseguentemente, il Ministro degli interni Arsen Avakov; anche se il secondo, accusato da Pravyj sektor nientemeno che di essere “agente del Cremlino”, pur condannando la sortita del battaglione neonazista, non ha ufficialmente difeso il Ministro.

Fatto sta che Porošenko, secondo notizie di oggi diffuse da Lifenews, starebbe per rimuovere dall’incarico l’attuale Governatore della Transcarpazia, Vasilij Gubar, che non gode più della fiducia presidenziale, per sostituirlo con il Governatore di Lugansk (in realtà del territorio di quell’oblast occupato dalle forze di Kiev) Gennadij Moskal che, invece, godrebbe nella capitale di una “autorevolezza colossale” e che è già stato Governatore della Transcarpazia nel 2001-2002. Quello stesso Moskal che, appena poche settimane fa, tagliando l’acqua agli abitanti della Repubblica popolare di Lugansk, aveva dichiarato di voler operare secondo il metodo di Stepan Bandera, schierato nel ’42-’43 con le SS <Al mattino la luce, la sera l’acqua>. Tale e tanta “autorità servirebbe ora a Porošenko nella contrapposizione “legalitaria” con Pravyj sektor, che potrebbe molto presto trasformarsi in armata.

Perchè proprio sotto il palazzo presidenziale, a Kiev, così come di fronte alle sedi di alcune amministrazioni regionali, continua il picchettaggio da parte di alcune centinaia di uomini di Pravyj sektor, mentre le forze di sicurezza stanno dando ancora la caccia a quegli elementi del battaglione che, dopo le fucilate di Mukačevo, si erano rintanati nei boschi circostanti e che ora, a quanto scrive RT, si dirigono verso L’vov e la frontiera polacca. Rossijskaja gazeta scrive addirittura che reparti di Pravyj sektor avrebbero preso il controllo di L’vov, istituendo posti di blocco in vari punti di accesso alla città. Il loro leader locale, Taras Kuzjak, ha dichiarato che i suoi uomini stanno collaborando con la polizia per “mantenere l’ordine” in città; al contempo, gli stessi uomini avrebbero sostituito nei giorni scorsi la bandiera dell’Ue di fronte all’edificio dell’amministrazione regionale, rimpiazzandola con quella nero-rossa del battaglione e tengono ora sotto controllo la direttrice interstatale L’vov-Čop, per impedire l’afflusso a Mukačevo dei reparti speciali del Ministero degli interni. Non a caso, sin da sabato scorso, all’inizio dello scontro, Ungheria e Slovacchia, le cui frontiere passano nelle immediate vicinanze di Mukačevo, hanno adottato provvedimenti di inasprimento dei controlli e limitazione dei permessi d’ingresso sui propri territori.

D’altra parte, quanto tutte le parti che hanno premuto il grilletto a Mukačevo – battaglione neonazista e forze di polizia – abbiano a che fare con il molto remunerativo giro del contrabbando, lo dice la faccenda stessa. Secondo il deputato alla Rada suprema Mikhail Lanjo, in arte “Bljuk”, a detta di tutti il ras del contrabbando locale, nell’attività sono da sempre tutti coinvolti, a cominciare dal Servizio di frontiera, le forze di polizia, fino alla copertura assicurata dall’ex Governatore regionale (all’epoca del presidente Juščenko) e oggi deputato alla Rada Viktor Baloga, finanziatore del nascente Pravyj sektor nella Transcarpazia.

In fin dei conti, quanto quelle poche fucilate a Mukačevo possano trasformarsi in qualcosa di più, lo lascia presagire anche quanto detto dal capo della locale cellula di Pravyj sektor, Alekasandr Sačko, sulle intenzioni di proseguire nell’azione <un anno, anche due. Se qualcuno pensa che questi ragazzi non possano resistere nei boschi così a lungo, credetemi, ci sono serie possibilità che questo reparto si infoltisca fino ad alcune migliaia di uomini>.

Le armi non mancheranno certo di arrivare, con o senza il timbro “legale” delle autorità doganali. Ma, se nell’Ucraina occidentale non è certo più “il partito che comanda il fucile”, è però sicuro che non faranno difetto le indicazioni da oltrefrontiera verso quale lato della barricata sparare.

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