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Yemen, la tregua naufraga nel sangue

È durata solo poche ore la tregua umanitaria proclamata in maniera unilaterale dalla coalizione militare a guida saudita nello Yemen. Gli alleati del governo fantoccio – ma riconosciuto e spalleggiato dall’Onu e dalla Nato – di Abd Rabbo Mansour Hadi e i ribelli Houthi si accusano reciprocamente di aver ripreso le ostilità.

Secondo la coalizione, sarebbero stati proprio i ribelli, pochi minuti dopo la mezzanotte scorsa – che avrebbe dovuto segnare l’inizio del cessate il fuoco – a prendere di mira alcune aree della città di Taiz controllata dai filogovernativi. Opposta invece la versione degli Houthi, che denunciano bombardamenti dell’aviazione delle petromonarchie nelle province di Saada e Hajjah.
In effetti proprio in concomitanza con la teorica entrata in vigore del cessate il fuoco, dieci houthi erano stati uccisi in un bombardamento a Zinijbar, nella provincia di Abyan.

Di lì la scelta da parte dei ribelli sciiti di respingere la proposta di tregua di cinque giorni offerta ieri dall’Arabia Saudita. “La tregua richiesta dall’aggressore saudita – ha denunciato in un tweet il leader degli Houthi, Abdel Malek al-Hoithi – ha come obiettivo quello di dare spazio di manovra per mobilitare Daesh (l’acronimo arabo dello Stato islamico, ndr) ed al Qaeda. La battaglia continua e la guerra non é finita”.

È rimasto senza effetto, quindi, l’ennesimo appello del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, che aveva invitato le parti ad “agire in buona fede” e ad esercitare “il massimo controllo” nel caso di “violazioni isolate”.

Si segnala anche un sanguinoso episodio di cosiddetto ‘fuoco amico’, un bombardamento, da parte dei caccia sauditi su una postazione filogovernativa a Jebel al-Zaytoun, nel sud: gli aerei hanno colpito i miliziani provocando 12 morti e una trentina di feriti.

Intanto, fonti mediche yemenite hanno riferito che i bombardamenti della coalizione a guida saudita nella provincia meridionale di Taiz – le bombe hanno devastato un complesso di abitazioni di lavoratori della vicina centrale elettrica – hanno ucciso almeno 141 persone e ferite almeno 200 feriti. Si è trattato del bombardamento più massiccio contro i ribelli sciiti da quando l’Arabia Saudita, l’Egitto e un’altra decina di paesi sunniti sono intervenuti militarmente per riportare in sella il governo estromesso dalle popolazioni sciite del nord e dalle milizie fedeli all’ex presidente Saleh, alla fine di marzo scorso. Secondo il ministero della Sanità di Sana’a, tra le vittime ci sono almeno una sessantina di civili.

Intanto le forze leali al presidente yemenita Abdo Rabbu Mansour Hadi hanno annunciato la cattura di due dirigenti houthi ad Aden, nel sud del Paese. Tra loro c’è il fratello del leader ribelle sciita Abdelamalek al-Houti.
Inoltre oggi nella capitale Sanaa una bomba è esplosa sotto un autobus, uccidendo tre persone e ferendone altre cinque.
Intanto le autorità della coalizione guidata da Riad non vuole saperne di concedere un corridoio umanitario alle organizzazioni internazionali umanitarie: dopo la concessione fatta mercoledì scorso dal blocco sunnita all’attracco nel porto di Aden di un cargo delle Nazioni Unite contente aiuti per circa 180 mila persone, il primo in quattro mesi, non si ha notizia di altre iniziative. Quattro mesi di raid e di guerra hanno ucciso oltre 3.500 persone – tra loro circa 365 bambini – stando alle cifre diffuse dall’Onu, mentre oltre la metà della popolazione yemenita soffre letteralmente la fame e la sete. 

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