Cincinnati, OHIO. Samuel Dubose, 43enne afro-americano padre di un tredicenne, viene fermato per un controllo di routine da Ray Tensing, agente della University of Cincinnati (negli Stati Uniti tutte le università hanno dei propri corpi di polizia che sono armati di tutto punto). Dopo solo qualche minuto Sam si ritrova morto, ucciso da un singolo ma fatale colpo di pistola. Sam è il terzo afro-americano ucciso dalle forze di polizia di Cincinnati in neanche due mesi. E questa volta l’assassino non appartiene neanche alla polizia ufficiale (il Cincinnati Police Department) ma è un semplice poliziotto universitario.
Da subito appare chiaro che si tratta di un omicidio in piena regola nonostante per tutta la prima settimana dopo il fatto le forze di polizia della città e del campus abbiano tentato di giustificare l’operato dell’agente sostenendo che Sam avesse resistito al controllo e avesse addirittura tentato di investire Tensing che a quel punto sarebbe stato costretto a difendersi. “I feared for my life”, ‘ho temuto per la mia vita’, sono le parole magiche che un poliziotto deve pronunciare a ripetizione per ottenere la quasi certezza di un’assoluzione.
Ma ieri, dopo la sentenza del pubblico ministero che ha incriminato e quindi rimandato a giudizio Ray Tensing per omicidio, è stato reso pubblico il video della body camera che l’agente indossava durante i fatti. Il video è scioccante anche per gli standard statunitensi, un omicidio a sangue freddo in piena regola.
Siamo alle solite. Quando documentazioni video sono presenti, la violenza che viene mostrata non solo contraddice integralmente le versioni ufficiali rilasciate dalle forze di Polizia alla vigila dei procedimenti giudiziari, ma spesso eccede le più macabre fantasie. È sicuramente il caso di Sam Dubose ma la lista è lunga: Sandra Blend, Walter Scott, Eric Garner, John Crawford, Tamir Rice (gli ultimi due casi anch’essi in Ohio).
Ora si aspetta l’inizio del processo e quindi la sentenza definitiva e nel frattempo sono già scattate le prime proteste e manifestazioni. Le istituzioni ora temono che questo episodio possa rappresentare la scintilla per qualcosa di molto più grosso. A Cincinnati solo 14 anni fa ci fu l’ultimo riot prima di Ferguson. Alla città le autorità imposero il coprifuoco per 5 giorni dopo l’esplosione di rabbia per l’omicidio per mano della polizia di Timothy Thomas, 19enne afro-americano.
Nel 2015 le condizioni non sono tanto diverse da quelle che innescarono nel 2001 l’esplosione della rabbia.
La città è per il 50% afro-americana e la segregazione razziale è lampante. La violenza della polizia non accenna a fermarsi. Il movimento Black Lives Matter in città è in crescita. Ieri centinaia di persone hanno partecipato ad una manifestazione per chiedere la condanna dell’agente killer. Ed altrettante erano scese in piazza nei giorni precedenti per chiedere la pubblicazione del video ripreso dalla body camera e l’incriminazione dell’agente colpevole di quella che è una vera e propria esecuzione a freddo. La gente è stanca, stanca di trovarsi di fronte ogni giorno un nuovo caso di omicidio ingiustificato. Stanca di ascoltare un nuovo caso di abuso delle forze di polizia. E soprattutto stanca di ascoltare le bugie delle autorità politiche e di sicurezza e di ingoiare ingiustizie.
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