Abbiamo incontrato Hecham Bustani, coordinatore della campagna, che ci ha illustrato le linee guida e i pericoli del possibile accordo per la fornitura di gas Israeliano alla Giordania.
Partendo dal presupposto che il Sionismo è il problema principale da risolvere nel medio oriente e che dalla fine degli anni ’70 esiste un movimento che si oppone alla normalizzazione in chiave sionista nei territori arabi, ci parla dell’accordo come dell’ennesimo tentativo di Israele di controllare il suo paese. La Giordania avrebbe molte risorse: il gas estratto ad Aqaba, oltre ad essere sufficiente, viene già esportato in Egitto. Per non parlare delle fonti rinnovabili, come sole e vento, da poter sfruttare e di un minerale nazionale da cui è possibile estrarre olio combustibile.
L’accordo, presentato nel luglio 2014, prevede la fornitura di gas israeliano, per la produzione di elettricità in Giordania, per l’ammontare di oltre 15 miliardi di dollari che finiranno nelle casse d’Israele. Un accordo commerciale il cui significato politico è estremamente pericoloso per l’autonomia della Giordania. I partiti d’opposizione sino ad oggi incontrati sono concordi e collaborano a questa campagna ma rimane grave il fatto che, nonostante in parlamento 110 membri su 140 abbiano espresso la loro contrarietà, il Re e le oligarchie locali possano decidere di proseguire senza indugio nella firma. Questo trattato, una volta attuato, renderà la Giordania dipendente da Israele per l’elettricità, col rischio di esporsi a ricatto nel caso in cui non venissero rispettate eventuali politiche espansive israeliane. “Ogni volta che un giordano accenderà la luce” dice Hecham,”darà soldi ad Israele”. Inoltre da questo accordo il governo d’Israele incasserà ben 8,4 miliardi di dollari che gli consentiranno di poter attuare nuovi attacchi su Gaza. Basti pensare che l’ultimo atto di guerra nei loro confronti è costato 2,8 miliardi di dollari. Altri 3,8 miliardi di dollari andranno direttamente alle società israeliane coinvolte nelle operazioni d’estrazione. Il gas, in parte estratto da Haifa, in parte rubato dai territori palestinesi, sarà venduto anche a Cipro, Palestina (obbligata) ed Egitto. Un altro problema rimane l’impossibilità per il governo giordano di contribuire a ridurre la povertà sempre più in aumento in questo paese. Quei soldi dovrebbero essere destinati in questo settore da anni carente.
Ci comunica poi che già in passato multinazionali americane con partecipazioni israeliane avevano provato ad attuare degli accordi per fortuna falliti anche grazie al malcontento del popolo giordano. Un esempio è l’importazione di frutta e verdura da Israele, costretti a vendere nascondendone la provenienza perché i giordani non vogliono versare nulla nelle casse dei sionisti. Sperano, anche per questo, di riuscire a mobilitare il loro popolo, ammettendo che non sarà facile, anche perché il governo, nel caso questo dovesse succedere, potrebbe utilizzare il solito metodo di colpire i portavoce o i militanti organizzatori con arresti brevi e percosse. Lo stesso Hecham ha dichiarato di essere stato già arrestato più volte. Purtroppo in questo affare compaiono anche società spagnole ed inglesi ed altre europee che da sempre non pongono limiti ai loro guadagni.
Il 9 settembre proveranno comunque ad andare in tribunale per cercare, anche in questo modo, di fermare l’accordo o almeno di renderlo pubblico. Vedremo cosa succederà.
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