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Yemen. Autobomba dell’Isis fa strage a Sana’a, paese al collasso

È di almeno 32 morti e 92 feriti il bilancio del doppio attentato suicida contro una moschea sciita messo a segno nella serata di ieri in un quartiere a nord di Sana’a, la capitale dello Yemen. Secondo quanto riferiscono testimoni e fonti ospedaliere al quotidiano Yemen Post un attentatore si è fatto esplodere all’interno della mosche al Moayad, nel distretto di Al Jiraf e subito dopo un’autobomba è esplosa investendo un’autoambulanza e i primi soccorsi medici giunti sul posto. Poco dopo il sedicente Stato Islamico – scrive il giornale – ha rivendicato il duplice e sanguinoso attacco settario.
Intanto, continuano gli scontri tra forze filogovernative, sostenute dalla coalizione araba guidata dall’Arabia Saudita, e i ribelli sciiti houthi sostenuti dalle forze militari fedeli all’ex presidente Ali Abdallah Saleh nelle città di Taiz e Marib dopo che i filogovernativi negli ultimi mesi, anche grazie ai massicci bombardamenti sauditi, hanno riconquistato alcune importante basi militari e località.
Nei giorni scorsi, la coalizione ha inviato migliaia di soldati e centinaia di carri armati ed equipaggiamenti militari per sostenere gli alleati nell’avanzata verso Marib. Dopo la ripresa della città, le forze fedeli al primo ministro Abd al Rabbo Mansour Hadi puntano a riconquistare la provincia adiacente di Jawf, e da qui ad avanzare verso la capitale Sana’a, in mano agli houthi da circa un anno.
Intanto la situazione nel paese si fa sempre più grave e drammatica per la popolazione ridotta alla fame e agli stenti.
“Qui a Sana’a la situazione è difficile, ma in altre parti del paese è anche peggio. La capitale è sotto pressione soprattutto per l’afflusso, continuo, di centinaia di migliaia di profughi, in fuga dalle zone in cui si combatte da mesi. Anche per questo, le strutture sanitarie sono al collasso”: raggiunta dall’agenzia MISNA a Sana’a, Rima Kamal, portavoce del comitato internazionale della Croce Rossa (Icrc) in Yemen, descrive in questi termini la situazione nel paese, teatro di un conflitto che in poco più di sei mesi ha causato quasi 2500 vittime civili e determinato una delle peggiori crisi umanitarie a livello mondiale.
Oggi – dopo che due dei suoi operatori sono stati uccisi in un agguato nella provincia settentrionale di Amran – la Croce Rossa ha annunciato che “mancano le condizioni di sicurezza” per poter permettere ai suoi lavoratori di spostarsi liberamente nel paese.
Nella capitale yemenita le notizie di una prossima offensiva della coalizione araba guidata dall’Arabia Saudita per riconquistare la città, in mano ai ribelli houthi da circa un anno, si rincorrono da giorni. “Non diamo peso alle voci, né ci interessano le strategie militari delle parti coinvolte nel conflitto – taglia corto Kamal–  ma se mi chiede qual’è la situazione a livello di assistenza agli sfollati o sul versante sanitario non ho problemi a dire che va male, molto male”.
L’ospedale principale di Sana’a, Al Sabeen Hospital, rischia la chiusura per mancanza di forniture mediche e carburante, mettendo a rischio la vita di tre milioni di yemeniti, molti dei quali donne e bambini. La struttura costituisce il principale presidio pediatrico e ostetrico della capitale. Prima della crisi faceva affidamento sul porto di Hodeida per il 90% delle forniture, ma dopo i ripetuti bombardamenti le importazioni sono ormai ferme.
“Non è più un segreto per nessuno che a pagare il prezzo della guerra in Yemen sono i civili, soprattutto i bambini”  dice ancora alla MISNA Mark Kaye, responsabile per la comunicazione di Save the Children, di ritorno dal paese. “A mancare non sono solo il cibo o i medicinali, ma tutti i generi di prima necessità, i servizi essenziali, come acqua, servizi igienico-sanitari e assistenza sanitaria. E le file per rifornirsi di carburante durano ore e ore” racconta. “Già prima della guerra, lo Yemen era un paese fortemente dipendente dalle importazioni. Praticamente importava tutto ciò di cui aveva bisogno e ora, con un blocco de facto imposto sul paese e i porti che sono stati ripetutamente bombardati, le morti per malattie e malnutrizione diventeranno più di quelle causate dai combattimenti”.
Allo stato attuale sono circa 21 milioni, quasi l’80% della popolazione totale, gli yemeniti che necessitano di assistenza umanitaria immediata. “Sono più di quanti se ne trovino in altri contesti gravi di crisi, inclusa la Siria” spiega Kaye, aggiungendo che “di questi, circa sei milioni sono a rischio insicurezza alimentare. Significa che non sanno da dove proverrà il loro prossimo pasto”.
Uno scenario che – almeno per il momento – non sembra offrire alcuna prospettiva diplomatica per una soluzione politica. “Il mondo non può continuare a girarsi dall’altra parte. Il Conflitto in Yemen necessita di una soluzione in tempi brevi, un cessate-il-fuoco e corridoi umanitari: siamo sull’orlo del collasso e il rischio è che la comunità internazionale se ne accorga quando ormai sarà troppo tardi”.

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