Di fronte alla pressione dei migranti e dei profughi dalle guerre non esiste più l’Unione Europea. Non c’è quasi bisogno di raccogliere indiscrezioni sui risultati della riunione dei ministri dell’Interno, finita a tardissima ora, per sapere che è stato un fallimento completo. Uno stringato comunicato finale diramato dal presidente di turno – il ministro lussemburghese – non dice praticamente nulla; non è stato possibile trovare l’unanimità sui 120mila ricollocamenti ma “c’è un accordo di principio suffragato da una larga maggioranza di Paesi” e “il Consiglio può decidere per maggioranza qualificata”.
Di sicuro almeno cinque paesi dell’Est (Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania) hanno rifiutato il principio delle quote di spartizione del flusso di migranti, ponendo di fatto il veto al raggiungimento di qualsiasi accordo. Almeno uno – l’Ungheria dell’ultradestro Viktor Orban – ha addirittura chiesto di non essere incluso nella lista dei paesi di destinazione; i magiari non sono infatti disposti ad accogliere neanche un solo profugo.
In questo fallimento hanno avuto un ruolo pesante sia le “visioni idologiche”, apertamente xenofobe, di alcune leadership emerse grazie a promesse impossibili in un contesto sovranazionale, sia gli interessi materiali, molto differenziati tra i diversi paesi.
A nessuno è infatti sfuggito quel che anche a noi è apparso chiaro nella “svolta” impressa da Angela Merkel, quando ha aperto propagandisticamente le porte a tutti i profughi siriani. Nella massa di migranti che percorrono le strade dei balcani, infatti, i siriani presentano la quota più alta di diplomati e laureati, spesso in materie tecniche (ingegneri, ecc), e possono dunque con più facilità essere inseriti in un sistema produttivo potente ma che guarda con preoccupazione all’invecchiamento della popolazione “indigena” e dunque alla possibilità di rimpiazzare i quadri tecnici che raggiungono l’età della pensione.
La penuria di “ricambi” ha del resto consentito a determinate figure professionali di livello medio-alto di irrobustire il proprio potere contrattuale e di conseguenza anche il potere d’acquisto. Una leva di tecnici “da importazione”, non appena conclusa la fase dell’inserimento (apprendimento della lingua e delle tecniche ovviamente più avanzate rispetto ai paesi d’origine), consentirebbe di calmierare questo potere e i relativi costi per le imprese.
Il tutto sotto la maschera della “solidarietà differenziale”, per cui esistono profughi buoni da accogliere in determinati paesi e profughi-massa da spartire negli altri. In questo modo, non paradossalmente, i migranti-profughi diventano una risorsa aggiuntiva per chi è già ricco e forte, mentre vanno a costituire un costo supplementare per chi già ha un basso Pil pro capite.
Solo tenendo presente questa articolazione – non ideologica – si può capire come mai si stia facendo strada, nelle ovattate stanze dei burocrati di Bruxelles, un’idea che dovrebbe suonare come una bestemmia sul piano del rigore finanziario: uno “sconto profughi” da concedere a quei paesi che accetteranno le quote di migranti stabilite dalla Ue. In pratica, margini di “flessibilità” sui parametri di Maastricht e un mezzo occhio chiuso di fronte allo sforamento dei conti.
In alternativa, vista la sordità di alcuni paesi dell’Est, peraltro dipendenti economicamente dai rapporti con le filiere tedesche, la Germania propone di tagliare i fondi dell’Ue per i Paesi che si oppongono alle quote obbligatorie di accoglienza.
Il fallimento del vertice dei ministri di polizia rischia però di pregiudicare anche quest’ultima toppa finanziaria “unitaria”. E in attesa di un’idea migliore, per il momento ogni paese procede per conto suo, ma facendo ognuno la stessa cosa: blindare i confini nazionali.
C’è chi lo fa in modo miliatre e neonazista, come gli sgerri di Orban, sigillando il muro di confine con la Serbia e arrestando tutti i igranti che riescono a superare i reticolati di filo spinato. Nella giornata di ieri sono stati infatti “fermati” 9.380 migranti, mentre dopo la mezzanotte sono state arrestate oggi 16 persone in base alla nuova legge razziale.
Altri, più asetticamente, ripristinano i controlli alle frontiere mettendo di fatto in soffitta gli accordi di Shengen sulla libera circolazione delle persone (naturalmente resta piena quella per capitali e merci…).
La lista delle notizie è dunque piena di segnali terribili. La polizia a cavallo ungherese sorveglia larghi tratti del confine con la Serbia (175 chilometri), che dalla mezzanotte di ieri è completamente sigillato per evitare l’ingresso nel paese di migranti. In base alla nuova legge fatta apposta, l’ingresso illegale in Ungheria è considerate da oggi un reato punibile con l’espulsione o la condanna fino a tre anni di carcere. Diciamo che lì hanno messo in frma legislative le stronzate sparate dalla destra fascioleghista italica.
Ma anche nei paesi della kernel Europa, si è preso a chiudere le frontiere. Dopo la Germania, l’Austria e la Slovacchia, anche l’Olanda ha annunciato il ripristino dei controlli di confine. Ed anche la Francia fa la sua parte. “Sono già state disposizioni” per ristabilire nuovamente i controlli alla frontiera francese con l’Italia “se si ripeterà una situazione identica a quella di alcune settimane fa”, ha affermato il ministro dell’interno, Bernard Cazeneuve.
Il governo austriaco ha addirittura deciso l’invio dell’esercito, in supporto della polizia che sta già operando lungo il confine con l’Ungheria. Ma secondo il cancelliere Werner Faymann, il diritto di chiedere asilo non è messo in discussione. Al valico di Nickelsdorf solo nella giornata di ieri si sono registrati 10.256 arrivi.
Anche la Slovacchia ha introdotto controlli temporanei alle frontiere con Austria e Ungheria. Il ministro dell’Interno ha spiegato che si tratta di una reazione alla misura tedesca.
Sul fronte Mediterraneo, invece, una decisione unitaria è stata presa. Ma è di guerra. I 28 paesi hanno infatti dato il via libera formale, senza alcuna discussione, all’avvio della ‘fase 2’ della missione navale EuNavFor Med che prevede “l’uso della forza contro gli scafisti”. L’operatività è prevista entro i primi di ottobre. Per i primi mitragliamenti e qualche migliaio di “omicidi collaterali”, insomma, c’è da attendere ancora un paio di settimane.
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michel
Sarebbe questa la tanto enfatizzata libertà conquistata con l’abbattimento del muro d’oltrecortina in funzione anticomunista nei paesi dell’est? Ai nuovi e reali muri di cemento e barriere di filo spinato che stanno nascendo in funzione anti immigrati, va aggiunta la feroce repressione di governi come quello bulgaro e ungherese, ma anche della Macedonia. Tutto questo sta accadendo con la presenza di governi soci e amici dell’occidente. Provate ad immaginare se fosse successo con la presenza dei governi composti da cattivi “comunisti” di un tempo. La Nato e l’occidente avrebbero trasformato quei Paesi in macerie simili all’Iraq e alla Libia.