“Nessuna tregua nelle operazioni contro i ribelli curdi del Pkk”. Lo ha promesso in un ennesimo, truce messaggio alla nazione, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, commentando l’uccisione di almeno 30 militanti del Partito dei lavoratori del Kurdistan oltre il confine con l’Iraq in un bombardamento operato dai caccia di Ankara. “Non ci fermeremo”, ha spiegato Erdogan durante l’intervento trasmesso a reti unificate, nel quale ha affermato che le operazioni delle forze armate turche nei territori curdi del Sud-Est della Turchia e nel Nord dell’Iraq continueranno “senza sosta”. “L’organizzazione terroristica non otterrà nulla attraverso attacchi armati”, ha insistito il presidente turco. “Continueremo a lottare senza sosta fino alla fine e, se Dio vuole, avremo la pace che aspettiamo da tempo” ha tuonato il ‘Sultano’.
Il quale si è ben guardato dallo spiegare che l’offensiva armata contro i curdi non si limita ai guerriglieri del Pkk, ma prende di mira ormai incessantemente sia i villaggi curdi delle montagne al confine tra Iraq e Turchia sia le comunità curde in territorio turco.
Ormai incessantemente dallo scorso luglio numerosi villaggi ma anche città di medie e grandi dimensioni sono sottoposte ad un selvaggio assedio da parte delle forze di sicurezza di Ankara che non esitano ad utilizzare le armi, anche pesanti, contro i centri abitati nel tentativo di uccidere gli attivisti del movimento di liberazione curdo e di mettere a tacere le proteste della popolazione. Nelle ultime ore anche alcuni quartieri della città di Diyarbakir, la più popolosa città curda, sono stati bombardati mentre la popolazione ha tentato di bloccare i blitz dei militari e delle forze speciali della polizia erigendo barricate e scontrandosi con i membri degli apparati di sicurezza che, hanno testimoniato diverse fonti, sparano sui civili dai tetti come già avvenuto a Cizre nelle scorse settimane.
Stesso scenario anche a Bismil, in provincia di Diyarbakir, dove i cecchini dell’esercito hanno sparato contro passanti e manifestanti uccidendo un ragazzo di 22 anni mentre era seduto davanti alla propria abitazione. Nella stessa città hanno perso la vita anche una bambina di otto anni, Elif Simsek, e sua madre, uccise quando la loro abitazione nel quartiere Avasin è stata bombardata (i media ufficiali turchi hanno tentato di attribuire il duplice omicidio al Pkk raccontando che la bomba che ha colpito la casa era stata lanciata dai guerriglieri curdi, circostanza smentita dai media locali). In seguito una macchina nera ha fatto irruzione nel quartiere di Hancepek e dall’interno sono partiti vari colpi di arma da fuoco contro i passanti: numerosi i feriti, tra i quali anche cinque bambini. L’ultimo episodio denunciato è la morte di un ragazzino, Berat Güzel, morto dopo essere stato colpito da proiettili sparati dalla polizia mentre stava giocando in un parco.
Anche Lice – anch’essa a poca distanza da Diyarbakir – è sotto assedio da parte delle forze di sicurezza che sparano dalle montagne contro l’abitato. La città è stata nel frattempo completamente isolata dopo il taglio delle comunicazioni telefoniche e dei collegamenti internet.
Colpi di mortaio sono stati sparati dall’esercito contro le case della città di Beytüşşebap, causando la morte di 3 civili e il ferimento grave di altri due. Alcuni giornalisti che si erano radunati fuori dall’ospedale pubblico di Sirnak per raccogliere le testimonianze dei feriti sono stati cacciati dai membri delle forze speciali che hanno anche sparato in aria.
Testimoni hanno anche spiegato che gli abitanti dei quartieri assediati e bombardati, in particolar a Diyarbakir, hanno reagito con una ‘protesta del rumore’, una sorta di cacerolazo con l’obiettivo di dimostrare facendo rumore la propria condanna nei confronti dell’indiscriminata repressione operata dalle forze armate turche contro la popolazione civile.
Continuano intanto gli attacchi della guerriglia contro l’esercito e la polizia turchi. Venti militari sono stati feriti nell’esplosione di un ordigno nella provincia di Bitlis; secondo quanto riporta il sito on-line del quotidiano Hurriyet, guerriglieri del PKK hanno fatto detonare a distanza la bomba al passaggio di un veicolo militare vicino a un Circolo di ufficiali dell’esercito turco nel distretto di Tatvan.
Come se non bastasse, continua anche la crociata contro i media indipendenti e quelli vicini al movimento di liberazione curdo. Ieri centinaia di poliziotti incappucciati hanno assaltato gli uffici dell’agenzia Dicle (DIHA), del quotidiano curdo Azadiya Welat, della casa editrice Aram e di Kurdi-Der, una associazione per la tutela della lingua curda, tutte a Diyarbakir, ed hanno arrestato 32 tra giornalisti, fotografi e dipendenti amministrativi dei mezzi di informazione presi di mira dall’ennesima retata.
Tutti gli arrestati sono stati rilasciati questa mattina dopo essere stati interrogati durante la notte; l’agenzia DIHA ha denunciato che i giornalisti e i dipendenti sono stati condotti nelle cantine di un palazzo e sottoposti a violenze di vario tipo.
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