Gli elettori croati si recheranno domenica alle urne per eleggere il nuovo parlamento. A fare da sfondo alla campagna elettorale, che vede un testa a testa tra i conservatori e i socialdemocratici al potere, è la crisi migratoria che ha investito la Croazia e su cui i leader dei due partiti in campo hanno giocato, anche come utile diversivo per rinviare la proposta di soluzioni reali per rilanciare l’economia stagnante del Paese balcanico investita da una crisi nerissima.
Si tratta delle prime elezioni politiche da quando la Croazia è diventata membro dell’Unione europea nel 2013. Per la destra conservatrice all’opposizione (Hdz) rappresentano l’occasione per prendere il potere, approfittando dei mancati successi, soprattutto in campo economico, del governo di centrosinistra.
La “Coalizione patriottica” creata dall’Hdz, che secondo i sondaggi ha guadagnato consensi dopo la vittoria della sua candidata alla presidenza Kolinda Grabar Kitarovic (esponente dell’establishment Nato) all’inizio dell’anno, è adesso testa a testa con la coalizione “La Croazia cresce”, guidata dal Sdp (socialdemocratici) del premier Zoran Milanovic.
La crisi migratoria, che ha portato più di 300mila migranti sul territorio croato, ha permesso al premier Milanovic di mettere in stand-by le riforme ritenute indispensabili dall’Unione Europea “per rilanciare l’economia”, focalizzando l’attenzione sull’emergenza rifugiati. Milanovic ha mostrato molta empatia nei confronti dei migranti ed ha difeso e mantenuto le sue posizioni davanti ai colleghi europei, condannando ad esempio la decisione dell’Ungheria di sigillare le sue frontiere e criticando la Serbia per come ha gestito la crisi, e contemporaneamente sottolineando l’importanza primaria degli interessi nazionali croati. Il leader dell’opposizione di destra, Tomislav Karamarko, ha condotto una campagna elettorale tutta incentrata sui toni della retorica nazionalista e anche lui ha cercato di giocare la carta dei migranti, naturalmente accusando il governo di consegnare il paese agli stranieri.
Se la crisi dei rifugiati ha tenuto banco, il prossimo governo non potrà sfuggire dal problema della stagnazione economica che ha costretto migliaia di croati a cercare lavoro all’estero in questi anni come dimostrano i dati della disoccupazione: a settembre la percentuale dei senza lavoro era al 16,2%, livello alto che diventa allarmante nella fascia giovanile dove tocca il 43,1%. Il debito pubblico ha raggiunto proporzioni mastodontiche, al 90% del Pil e l’economia croata è una delle più povere dell’Ue, nonostante una lieve ripresa nei primi trimestri di quest’anno. Ciò nonostante proprio nei giorni scorsi la Commissione europea abbia rivisto le stime di crescita per la Croazia nel 2015, prevedendo una ripresa del Pil dell’1,1% rispetto a un magro +0,4 prospettato in primavera. Un sostegno che sembra più che esplicito quello di Bruxelles al centrosinistra croato proprio alla vigilia delle elezioni.
Gli ambienti dominanti europei sono infastiditi dal fatto che né il centrosinistra né il centrodestra sembrino particolarmente intenzionati a rispettare i diktat della Troika per rimettere in sesto i conti, dopo tentativi parziali – tagli, licenziamenti, privatizzazioni – realizzati finora senza grande successo e suscitando proteste sindacali e popolari. Inoltre, secondo i sondaggi, nessuna delle due coalizioni in lizza dovrebbe ottenere una maggioranza sufficiente per governare da sola – dovrebbero aggiudicarsi entrambe circa il 32-35% – e dovrà affidarsi al sostegno di partiti minori, aumentando l’instabilità.
In particolare l’Hdz e la sua “Coalizione Patriottica” dovrebbero ottenere 63 dei 140 seggi in palio, mentre “La Croazia cresce-Non si torna al passato” dovrebbe conquistarne 60. A quel punto potrebbero diventare fondamentali i seggi che i sondaggi promettono ad un nuovo movimento che si presenta come “anti-sistema”, la Lista dei candidati indipendenti (Most). Ma il leader della nuova formazione, il sindaco di Metković (città al sud della Dalmazia) Božo Petrov, ribadisce che non appoggerà nessuno dei due blocchi in lizza.
Tra i leader dei partiti che potrebbero ottenere seggi domenica c’è anche Branimir Glavaš, capo della Alleanza Democratica Croata di Slavonia e Baranja (HDSSB), con un curriculum assai inquietante alle spalle. A partire da una condanna a 10 anni di reclusione per crimini di guerra, condanna (sospesa poi per vizi procedurali) inflittagli perché riconosciuto colpevole di aver perseguitato i civili serbi e aver commesso atti di tortura, rapimenti e brutalità contro prigionieri di guerra nel corso delle guerre balcaniche degli anni ’90, quando era comandante dell’esercito di Zagabria nella zona di Osijek.
Dopo una lunga militanza nell’HDZ che fu di Franjo Tudjman – forza di estrema destra fascistoide poi normalizzatasi negli ultimi anni, almeno fino ad un certo punto – Glavaš ha deciso di fondare un suo partito autonomo e che in Slavonia potrebbe ottenere un forte consenso, permettendo all’HDSSB di fare da ago della bilancia per la formazione del prossimo esecutivo.
Noto per le sue minacce ai testimoni durante il processo che lo riguardava, oltre che per la foto che lo ritraeva insieme ad una bottiglia sulla quale campeggiava il viso di Adolf Hitler, poche settimane fa, al momento della consegna delle liste elettorali, Branimir Glavaš si è presentato al parlamento di Zagabria scortato da un gruppo di squadristi in camicia nera. A fare concorrenza a Glavaš da posizioni di estrema destra c’è l’HSP-AS, il Partito Croato dei Diritti, che però è alleato dell’Hdz all’interno della cosiddetta Coalizione Patriottica.
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