Come abbiamo già avuto modo di scrivere, l’Unione Europea si rafforza gestendo le crisi con cui si trova a fare i conti, alcune delle quali provocate dallo stesso processo di gerarchizzazione e centralizzazione in corso nel continente europeo, altre frutto della competizione globale e di processi di destabilizzazione e disgregazione in atto in varie aree del pianeta anche per responsabilità di Bruxelles o di Washington.
Come era prevedibile, gli attacchi jihadisti sul suolo francese hanno fornito all’establishment dell’Unione Europea il la per accelerare un processo di rafforzamento sul piano militare e della ‘sicurezza’ già in corso da tempo. Mentre si parla di una imminente unificazione dei servizi di intelligence e della realizzazione di un centro continentale di monitoraggio delle comunicazioni, ecco che al tradizionale protagonismo militare francese si affianca la scesa in campo anche sul piano bellico della Germania. Berlino aveva già messo la testa fuori dai propri confini, partecipando ad alcune missioni militari all’estero negli anni scorsi – quella più importante in Afghanistan – ma l’impegno annunciato nelle ultime ore in Siria ed in Africa appare di carattere straordinario e strategico.
Il governo di Berlino ha deciso l’invio in Medio Oriente di un contingente di ben 1200 militari, accompagnati da un certo numero di cacciabombardieri e di aerei da ricognizione e da una flotta navale composta da una fregata e da vari altri vascelli di appoggio alla portaerei francese Charles de Gaulle già inviata nel Mediterraneo orientale.
Il tutto per ‘sostenere’ lo sforzo bellico già intrapreso dalla Francia contro il Califfato in Siria, e come nel caso di Parigi senza prevedere alcuna collaborazione o quantomeno coordinamento con il governo di Damasco nonostante sia previsto l’intervento dei militari tedeschi sul suolo siriano. A conferma del vero obiettivo dell’intervento militare europeo in Medio Oriente il portavoce del Ministero degli Esteri di Berlino, Martin Schäfer, ha affermato che l’intensificazione dei bombardamenti sulle postazioni islamiste può rappresentare un catalizzatore del negoziato in corso a Vienna sul futuro della Siria. All’interno del quale, ha detto l’esponente dell’esecutivo tedesco, non c’è alcun posto per l’attuale presidente Bashar Assad. “Non ci sarà un futuro con Assad – ha dichiarato il ministro della Difesa Ursula von der Leyen – e non ci sarà una collaborazione con le truppe sotto il suo comando. Assad dovrà rispondere del fatto di aver attaccato la sua gente con barili bomba e armi chimiche.”
Da parte sua la portavoce del governo guidato da Angela Merkel, Christiane Wirtz, ha affermato che la missione militare internazionale (in realtà ne esistono varie, e in concorrenza tra di loro…) ha l’obiettivo di sostenere, attraverso gli attacchi aerei, gli sforzi delle forze locali che già lottano sul terreno contro Daesh. Tra questi i peshmerga curdi iracheni, ai quali Berlino ha già offerto negli ultimi mesi armi e addestramento.
Il voto sulla missione di guerra – per ora della durata prevista di un anno e che dovrebbe costare 135 milioni di euro – da parte del Bundestag è previsto per oggi, e a parte qualche dubbio nei partiti di sinistra non sembra che il governo debba attendersi dei problemi dalla sua maggioranza parlamentare di ‘grande coalizione’ tra democristiani e socialdemocratici. Ciò nonostante un diffuso scetticismo nell’opinione pubblica tedesca. Secondo un sondaggio realizzato da YouGov per l’agenzia DPA, il 71% degli intervistati ritiene che l’intervento militare di Berlino in Siria aumenterà il rischio di attentati sul suolo tedesco. Solo il 45% degli intervistati sostiene l’intervento militare di Berlino, mentre il 39% degli intervistati si è dichiarato contrario.
Ma il protagonismo militare di Berlino non sembra limitarsi al Medio Oriente. Infatti già la scorsa settimana il governo tedesco ha inviato ben 650 soldati nel Mali, paese dove sono già presenti ben 1500 soldati francesi. I governi di altri paesi europei come Irlanda e Spagna hanno offerto da parte loro di inviare propri militari nei paesi africani dove sono impegnate le truppe di Parigi per permettere al governo francese di spostare alcuni continengenti in Iraq e Siria, mentre il Belgio ha inviato un proprio vascello da guerra nel Mediterraneo al seguito della portaerei francese. A dimostrazione che l’integrazione militare europea procede a ritmo serrato.
Da Bruxelles intanto l’Unione europea segnala un cambio di strategia da parte dell’Isis che si sarebbe manifestato, secondo il coordinatore antiterrorismo Gilles de Kerchove, tramite gli attacchi a «Parigi, Ankara, in Sinai, Beirut, Tunisi» Mentre l’Isis in passato «si era concentrato nella costruzione del Califfato — ha osservato de Kerchove – ora invece sta prendendo di mira i membri della coalizione». Secondo il responsabile Ue chi ha «sempre cercato di valorizzare le sue vittorie per attrarre più combattenti e soldi», adesso «che i raid aerei hanno un impatto su Raqqa cerca successo anche all’estero». Per vincere «bisogna agire lungo tre direzioni: serve una risposta repressiva, una preventiva e un’azione esterna» ha indicato de Kerchove. Nel frattempo il segretario britannico agli Esteri, Philip Hammond, ha annunciato di aver ricevuto lunedì sera a Londra il ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, per discutere proprio dell’impegno militare europeo in Medio Oriente. Del resto nelle prossime ore anche il Parlamento di Londra è chiamato ad approvare una missione militare in Siria proposta dal governo britannico.
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