Se consenti che, sul tuo territorio, un cittadino straniero – riconosciuto ufficialmente come tuo ospite – venga catturato da servizi segreti alleati, con la tua fattiva collaborazione, perché venga spedito in un terzo paese alleato perché possa essere con tutto comodo torturato… beh, sei proprio fuori dalle regole minime della civiltà, Anche capitalistica, che è tutto dire.
Ma questo ha fatto l’Italia con Abu Omar, ex imam preso dalla Cia nel 2003 e consegnato temporaneamente all’Egitto (c’era Mubarak, allora, il superiore in grado dell’attuale dittatore Al Sisi) per verificare – elettrodi e tenaglie alla mano – se avesse oppure no qualche informazione interessante su estremisti jihadisti (ai tempi, Al Qaeda, ormai quasi annoverata tra i “moderati”!). Chiaro che, con questi precedenti specifici, quando un diplomatico italiano si presenta al Cairo pretendendo di sapere chi abbia torturato e ucciso un giovane ricercatore come Giulio Regeni, come minimo venga accolto con un sorriso di compatimento e un finto benevolo “state scherzando, vero?”.
La vicenda – terribile e per nulla comica – è nel frattempo arrivata alla Corte europea dei diritti umani, che infatti ha senza incertezze condannato l’Italia per il rapimento e la detenzione illegale dell’ex imam Abu Omar. Fra l’altro riconosciuto innocente da tutte le accuse…
“Tenuto conto delle prove, la Corte ha stabilito che le autorità italiane erano a conoscenza che Abu Omar era stato vittima di un’operazione di ‘extraordinary rendition’ cominciata con il suo rapimento in Italia e continuata con il suo trasferimento all’estero”. L’Italia ha violato il diritto di Abu Omar – un essere umano come tutti gli altri – a non essere sottoposto a tortura e maltrattamenti.
Oltre all’aspetto principale della condanna – violazione dei diritti umani, gli stessi per cui ogni tanto l’Occidente parte allegramente in guerra contro qualche (piccolo) paese – l’Italia è stata anche riconosciuta colpevole di aver violato il diritto dell’ex imam e della moglie al rispetto della vita familiare. E quindi stabilito che l’Italia deve pagare 70 mila euro a Abu Omar e 15 mila a sua moglie per danni morali. La sentenza diverrà definitiva tra tre mesi se lo Stato italiano non chiederà e otterrà dalla Corte di Strasburgo un nuovo esame davanti alla Grande Camera (non c’è dubbio che lo farà, visti i precedenti, comunque tutti negativi per questo paese).
Non è finita. L’Italia è stata riconosciuta anche responsabile di aver applicato in modo decisamente anomalo il principio del segreto di stato. Principio che ovviamente la Corte europea ritiene legittimo, ma non in questo caso- Proprio perché – oltre a permettere un sequesto a fini di tortura – ha agito anche in modo tale da assicurare che i responsabili per il rapimento, la detenzione illegale e i maltrattamenti ad Abu Omar “non dovessero rispondere delle loro azioni”.
La Corte afferma che “nonostante gli sforzi degli inquirenti e giudici italiani, che hanno identificato le persone responsabili e assicurato la loro condanna, questa è rimasta lettera morta a causa del comportamento dell’esecutivo”.
La diplomazia, a volte, omette di indicare i nomi. Di certo, però, c’è la grazia concessa dall’attuale presidente, Sergio Mattarella, a Betnie Medero e Robert Seldon Lady, gli ex agenti della Cia che hanno guidato il sequestro. Per non parlare degli altri 24 agenti, quasi tuti italiani, condannati per “concorso”.
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