Magistrato omertoso – Per Hassam Nassar, procuratore di Giza che indaga sulla morte di Giulio Regeni, il caso resta un giallo come il cartello di Amnesty International che chiede giustizia per il nostro connazionale. E la via intrapresa dalle indagini egiziane difficilmente porterà ad alcuna verità. Il quotidiano La Repubblica, che coadiuva la nota Ong cercando di dipanare la coltre di polvere attorno al martoriato corpo dello studioso, riporta un’intervista al magistrato di Giza. Le sue risposte sono vaghe, riferiscono informazioni note: sull’ora e luogo della scomparsa (19:38 del 25 gennaio scorso nella stazione metro di El Behoos al Cairo), sulla morte avvenuta non oltre 14 ore prima il ritrovamento del cadavere; aggiungendo genericità (o occultamento?) su particolari, unghie e lembi di pelle strappati non dai seviziatori ma dai medici legali – così dice il procuratore – “per effettuare accurati esami” su quei reperti. Se questi sono i presupposti con cui un uomo di legge indaga su esecutori e mandanti dell’assassinio del povero Regeni possiamo già considerarci gabbati. Molto di più riferisce un amico di Regeni, interrogato in Egitto e tornato in Italia subito dopo la certezza dell’efferato omicidio.
Il signor F – Rientrato probabilmente per tutelarsi, visto il clima di oggettivo pericolo in cui s’è ritrovato il gruppo di amici del ricercatore assassinato. L’uomo, di cui per sicurezza si celano le generalità, è stato interrogato anche dagli inquirenti italiani e ha confermato il clima di ostilità incontrata. Basata su pedinamenti, segnalazioni, schedature, perquisizioni realizzate o tentate dalla polizia nei confronti di stranieri, giornalisti, attivisti anti regime. Il signor F, così l’identifica La Repubblica per tutelarlo, rivela l’inquietudine che aveva pervaso Regeni a seguito d’un episodio. Accaduto durante la loro partecipazione all’assemblea sindacale dei lavoratori del Pubblico impiego che serviva per raccogliere dati sulla ricerca di Giulio. Lì una ragazza, che pareva un’attivista, l’aveva fotografato con un telefonino. Il signor F sostiene che Regeni fosse preoccupato per quanto accaduto. Le vicende accadute nelle settimane seguenti, compresi i tentativi di perquisizione dell’appartamento in cui viveva, gli hanno dato ragione postuma. Purtroppo. Riappare, insomma, l’Egitto che descriviamo da tempo.
L’Egitto della paura – Dove il meticoloso repulisti degli apparati della sicurezza verso chiunque possa disturbare il disegno di potere del nuovo-vecchio modello dello Stato autoritario è attivo a tempo pieno. Si serve delle spie più sofisticate, nascoste sotto un hijab, celate dalla giovinezza e dalla soavità di genere, usa i mukhabarat che picchiano e uccidono, torcendo il collo fino a tranciare le vertebre cervicali (così hanno stroncato l’esistenza del coraggioso Regeni). Oppure semplicemente intimoriscono facendo “visite” di giorno e di notte per far sentire il fiato sul collo a chi sa che può finire male. Già domani. Un Paese tornato al clima di terrore che tentava di scrollarsi di dosso proprio il 25 gennaio del 2011, un’illusione durata pochissimo. Perciò non c’è da meravigliarsi dell’omertà diffusa. In tanti sono tornati a chinare la testa, chi per stare coi potentati di sempre (Forze Armate e tycoon) che garantiscono occupazione, anche quella dell’infiltrato che “cataloga” i ficcanaso. Chi per semplice paura di finire lui stesso come gli oppositori politici e sindacali (islamisti e laici) ingabbiati a decine di migliaia. E’ l’Egitto tornato a vivere a testa bassa anche vestendo panni importanti di professionista, medico o magistrato. Tutti ossequiosi al potere del nuovo raìs.
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