La Cina, che finora si era tenuta relativamente lontana dallo scenario mediorientale, ha deciso di nominare un inviato speciale “per una soluzione politica” in Siria. Secondo un comunicato del ministero degli esteri cinese, il 62enne diplomatico cinese Xie Xiaoyan, già ambasciatore in Iran, Etiopia e presso l’Unione Africana, ha ricevuto l’incarico di seguire i negoziati tra le parti, in corso a Ginevra, per sostenere il processo che dovrebbe condurre a una “soluzione politica”. Finora Pechino ha sostenuto Damasco seppur tiepidamente, criticando spesso l’interventismo russo nella regione. Il governo cinese ha usato quattro volte il diritto di veto a favore del governo siriano, l’ultima volta per bloccare una risoluzione che si proponeva di avviare una inchiesta sui crimini di guerra commessi nel Paese. Il governo cinese ha però mostrato interesse a prendere contatti anche con le opposizioni in esilio sostenute sia dai paesi occidentali sia dalle petromonarchie. Nell’ultimo anno delegazioni di oppositori siriani in esilio sono stati invitati al ministero degli esteri cinese, come del resto è avvenuto a Mosca negli ultimi mesi. L’ultima volta a gennaio, pochi giorni dopo la visita a Pechino del ministro degli esteri siriano Walid al Muallim.
Intanto sul terreno violenti combattimenti sono in corso fra l’esercito siriano, appoggiato dall’aviazione russa, e le milizie jihadiste dello Stato Islamico ad Al Qaryatain, a sudovest di Palmira. L’esercito – che due giorni fa ha ripreso il controllo di Palmira – avrebbe conquistato le colline che dominano Al Qaryatain, caduta nelle mani dell’Isis nell’agosto del 2015.
Da parte sua Mosca, punzecchiando i paesi occidentali, si è detta “delusa” dalla tiepida e distratta posizione assunta dalle potenze europee e dagli Stati Uniti sulla riconquista dello storico sito archeologico. Una critica arrivata dopo che i paesi occidentali hanno bloccato una dichiarazione da parte del Consiglio di sicurezza dell’Onu sulla liberazione di Palmira stilata dai russi.
“Pensavamo – ha detto la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca – che il ritardo nella reazione della capitali occidentali per la liberazione di Palmira fosse una coincidenza: ora pare evidente che invece si tratta di un approccio sistematico”.
Il silenzio occidentale sull’importante vittoria militare dei nemici dello Stato Islamico era stata notata anche dal giornalista del quotidiano The Indipendent, Robert Fisk, che nei giorni scorsi ha scritto: «La più grande sconfitta militare che l’Isis ha subito in più di due anni e noi siamo in silenzio. Sì, gente, i ragazzi cattivi hanno vinto. Altrimenti non staremmo celebrando? Quando Palmira cadde lo scorso anno, abbiamo predetto la caduta di Assad. Abbiamo ignorato la grande domanda: perché, se gli americani odiano l’Isis così tanto, non hanno bombardato i convogli suicidi che colpivano le linee dell’esercito siriano?».
Ieri un primo gruppo di sminatori russi è partito per la Siria, dove si occuperà di bonificare dalle mine la zona di Palmira. “Il primo gruppo di specialisti del centro internazionale di sminamento del ministero della Difesa è partito per la Siria dall’aerodromo Chkalovski, nella regione di Mosca”, fa sapere la tv russa Zvezdà precisando che i militari si trovano su un Antonov An-124 con a bordo “robot specializzati nello sminamento e altri mezzi”.
Dopo la fuga dei jihadisti dalla cittadella di Palmira – l’Isis avrebbe perso ben 400 combattenti nell’aspra battaglia – si contano i danni. Il responsabile delle Antichità siriane, Maamoun Abdelkarim, ha fatto sapere che per restaurare i monumenti danneggiati dalle milizie jihadiste e dai combattimenti saranno necessari almeno 5 anni. “Con il via libera dell’Unesco saranno necessari cinque anni per restaurare le strutture danneggiate o distrutte dall’Isis”, ha affermato Maamoun Abdelkarim, secondo il quale circa l’80% dei monumenti del sito si trova in buone condizioni. Dal momento che Damasco dispone di “personale qualificato, conoscenze e ricerca”, ha aggiunto il responsabile siriano, i lavori potrebbero “iniziare nel giro di un anno”
Ma non tutto l’immenso patrimonio storico e archeologico potrà essere recuperato, ha avvertito Annie Sartre-Fauriat, membro della Commissione di esperti dell’Unesco per il patrimonio siriano. “Tutti sono entusiasti per la liberazione di Palmira, ma non possiamo dimenticare tutto ciò che è andato distrutto e la catastrofe umanitaria del Paese, rimango perplessa sulla capacità, anche con l’aiuto internazionale, di restaurare il sito”, ha spiegato l’esperta. “Quando sento dire che si ricostruirà il tempio di Bel, mi sembra un’illusione: è impossibile ricostruire qualcosa che è ridotto in polvere. Cosa si vuole ricostruire? Un nuovo tempio? Forse ci saranno altre priorità in Siria prima di restaurare delle rovine”, ha concluso Sartre-Fauriat.
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