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Palestina: giornata del prigioniero e proteste

Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina ha tenuto nei giorni scorsi un’imponente manifestazione a Gaza contro il presidente dell’ANP, Mahmoud Abbas. Le principali motivazioni della protesta sono legate al taglio dei finanziamenti dell’OLP destinati al partito di sinistra palestinese per le mensilità di febbraio e marzo.

La decisione di sospendere i finanziamenti al FPLP è associata all’opposizione e alle forti critiche politiche che sono state espresse nei confronti di Abbas dal movimento. In un’intervista televisiva su un canale israeliano il leader palestinese ha ribadito l’intenzione di intensificare e consolidare la collaborazione con le forze di intelligence di Israele per quanto riguarda la sicurezza nei territori occupati al fine di contrastare qualsiasi forma di protesta in continuità con gli accordi di Oslo. Queste dichiarazioni hanno trovato un netto diniego da parte di tutte le correnti politiche dell’OLP, fatta eccezione per Al Fatah, a tal punto che il resto dei partiti ha richiesto le dimissioni del leader palestinese e la sospensione di qualsiasi forma di collaborazione con le forze e le autorità israeliane.

Durante la manifestazione le immagini di Abbas, bruciate simbolicamente, erano vicine a quelle di Omar Nayef Zayed, militante del Fronte, misteriosamente assassinato all’interno dell’ambasciata palestinese in Bulgaria. Secondo Khaled El Ghoul, membro dell’ufficio politico del Fronte, “nell’assassinio del compagno Zayed sono evidenti le commistioni tra esponenti dell’ANP e degli apparati di sicurezza sionisti, che hanno agito indisturbati all’interno dell’ambasciata palestinese a Sofia” e per questo motivo “richiederemo una commissione d’inchiesta che incrimini gli esponenti politici dell’ANP, primi fra tutti il ministro degli esteri al Malki e l’ambasciatore in Bulgaria al Madhbouh”.

Altro elemento di contestazione da parte del FPLP sono le continue incarcerazioni di esponenti politici del Fronte e di altre organizzazioni di sinistra, la più recente quella dell’esponente storica del partito e parlamentare, Khalida Jarrar, portate avanti dalle forze di sicurezza israeliane con la collaborazione dei servizi di sicurezza palestinesi come già avvenuto in passato per la carcerazione del segretario generale Ahmed Sa’adat.

Secondo alcuni esponenti del Fronte, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) avrebbe perso ogni motivo di esistenza, vista l’impossibilità di contestare le direttive del partito principale, Al Fatah, che include tutti i vertici politici all’interno dell’Autorità Nazionale Palestinese. Qualsiasi forma di protesta e di contrasto viene repressa attraverso l’utilizzo delle forze di sicurezza, gli arresti preventivi o, come in questo caso, attraverso il taglio dei finanziamenti.

Proprio le numerose carcerazioni di questo periodo vengono viste come un estremo tentativo di fermare l’Intifada all’interno dei territori occupati, cosa che peraltro non è avvenuta. Khaled El Ghoul ha ribadito che “l’Intifada non si fermerà così come non si fermerà la lotta per la liberazione dei prigionieri politici incarcerati indiscriminatamente…..il Fronte Popolare (terza forza politica in Palestina dopo Al Fatah e Hamas, ndr) non è in vendita e non si piegherà ad un ricatto  del genere”.

Sempre in relazione alle sommarie incarcerazioni portate avanti da Israele, domenica 17 Aprile è stata celebrata nei territori occupati (Gaza e Ramallah) la “giornata del prigioniero” come avviene ormai dal 1975. La resistenza palestinese, rappresentata da Hamas, Jihad Islamico e FPLP ha ribadito la propria intenzione di proseguire la lotta armata per la liberazione dei prigionieri visto che, come ha dichiarato in un comizio, Khaled Batech (Jihad Islamico) “i palestinesi sono radicati alla loro terra e la loro resistenza è legittima contro l’occupazione”. Il portavoce delle brigate Al Qassam, braccio armato di Hamas, Abu Ubeida ha inoltre aggiunto che “la resistenza palestinese ha i mezzi per ottenere un onesto scambio di prigionieri con l’occupante e che la loro liberazione è ormai vicina”. Ubeida si riferisce ai 4 israeliani che sono prigionieri di Hamas: 2 soldati in seguito all’invasione e alla terribile carneficina di Gaza denominata operazione “margine di protezione” (luglio-agosto 2014) e 2 civili catturati in seguito. Da diverso tempo si parla di un possibile scambio di prigionieri e di contatti avuti con il governo israeliano per la loro liberazione, anche se Hamas non ha mai dato, ufficialmente, filmati o informazione circa la loro sorte.

Durante la manifestazione, il segretario generale di “Mubadara” (Iniziativa Nazionale Palestinese), Mustapha Barghouti, ha fornito gli allarmanti dati in merito ai prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane. Dal 1967 ad oggi sono stati incarcerati più di un milione di palestinesi, tra di essi 20000 donne e diverse decine di migliaia di ragazzi. Attualmente sono 7000 le persone nelle carceri israeliani, di cui 680 in detenzioni amministrativa e 450 ragazzi e bambini. Barghouti ha dichiarato che “la Palestina è l’unico paese al mondo nel quale si è incarcerati senza un’accusa precisa e si rimane in detenzione amministrativa e senza un regolare processo anche per anni”.

Nella stessa giornata il FPLP ha organizzato una manifestazione in Cisgiordania con decise di migliaia di persone che, nella città di Kfar Nameh, hanno manifestato a fianco dei drusi del Golan in sostegno ad Hezbollah e contro le dichiarazioni fatte dal leader israeliano Netanyahu in merito alle aspirazioni e alle rivendicazioni di annessione delle alture del Golan da parte dello stato sionista. Il FPLP ha ribadito il sostegno e l’alleanza con Hezbollah perché rappresenta “la resistenza sia contro la politica coloniale portata avanti da Israele in tutta la regione (Libano, Palestina, Siria) sia contro l’ascesa dei movimenti jihadisti nella regione (Daesh e Al Nusra)”.

La risposta di Abbas alle proteste è stata la sospensione dei pagamenti alle forze che rappresentano la resistenza e, su pressioni francesi dopo la sua visita a Parigi, la sospensione degli sforzi per ottenere una risoluzione dell’ONU contro Israele e la sua politica coloniale in Cisgiordania ed a Gerusalemme est.

Stefano Mauro

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