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Bombardamenti sul Donbass

Oltre cinquantamila persone hanno partecipato ieri a Donetsk alle manifestazioni contro l’armamento della missione di monitoraggio Osce nel Donbass. Intervenendo al comizio di chiusura, il rappresentante della DNR ai colloqui di Minsk, Denis Pushilin, ha detto che “l’armamento della missione Osce contraddice completamente gli accordi sin qui raggiunti ed è per noi  inammissibile”. Il problema, hanno sottolineato vari oratori, è semmai quello dell’efficacia del lavoro degli osservatori Osce, che “dovrebbero non soltanto registrare, ma soprattutto non permettere le azioni criminali”, ma che invece, in più occasioni, hanno addirittura mancato di rilevare le violazioni ucraine al cessate il fuoco.

Violazioni che continuano senza interruzioni. Ai bombardamenti su Donetsk, Makeevka, Jasinovata e Dokuchaevsk (in cui le forze ucraine hanno fatto uso di sistemi di direzione di tiro statunitensi AN-TPQ-48 e AN-TPQ-36) che, nella notte dal 8 al 9 giugno, hanno provocato la morte di un civile e il ferimento di altri 15, tra cui un bambino di tre anni, se ne sono aggiunti altri nel pomeriggio di ieri, di nuovo su Donetsk, Gorlovka e sui villaggi meridionali di Sakhanka e Sosnovskoe, con l’esplosione di circa 150 colpi di mortaio da 82 e 120 mm e una quindicina di cannonate da carri armati. I colpi sono poi proseguiti anche nella notte, in particolare sui rioni settentrionali e occidentali di Donetsk e alcuni villaggi nell’area di Gorlovka, con artiglierie da 122 e 152 mm.

I bombardamenti dei giorni precedenti hanno coinciso con la firma, da parte di Petro Poroshenko, della risoluzione con cui, per l’ennesima volta, si “istituzionalizza” la possibilità per gli stranieri di prestare servizio a contratto e “volontariamente” nelle forze armate ucraine; come se, sinora, la presenza di mercenari da Caucaso, Asia centrale, Medio oriente e praticamente tutti i paesi europei, oltre che Stati Uniti e Canada, nelle file dei battaglioni neonazisti fosse “soltanto tollerata” da Kiev. La risoluzione presidenziale, oltre che testimoniare ancora una volta le gravi difficoltà di reclutamento di giovani ucraini, costituisce il via libera ufficiale all’afflusso di neonazisti da ogni parte del mondo per la continuazione dell’aggressione governativa al Donbass.

D’altra parte, Pravda.ru scrive oggi della comparsa, in diverse città ucraine, di una sorta di “reparti partigiani” che avrebbero cominciato ad assalire i “contractor” ucraini, reduci o in licenza dal fronte, noti per aver compiuto particolari efferatezze nel Donbass. Pare evidente, scrive Pravda.ru, che la “eroicizzazione dei macellai e dei seguaci di Bandera e Shukhevych, propagandata dai media asserviti alla junta, non è così attecchita nella mente degli ucraini”. Anche questa, probabilmente, costituisce una delle ragioni per cui Kiev è costretta a ricorrere sempre più a “volontari” stranieri a pagamento.

E non sorprende nemmeno particolarmente, dopo la sua intervista in cui invita Kiev a intavolare trattative con il Donbass, la notizia di Nadezhda Savchenko che chiede elezioni legislative anticipate e si dichiara pronta a candidarsi al posto di Presidente: “Il popolo ucraino merita un governo migliore di quello attuale”, ha detto l’ex Jeanne d’Arc in un’intervista alla Associated Press, aggiungendo che “non ho l’ambizione di diventare presidente, così, tanto per esserlo. Se però capirò che posso districarmi nella carica meglio di altri e che la gente ne sente il bisogno, allora sarò presidente”. Si attende l’investitura yankee.
Fabrizio Poggi

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