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Fascista francese arrestato, Kiev vede una “pista russa”

Secondo le fonti ucraine, dietro l’arresto dell’estremista di destra francese Grégoire M. che, con un carico di armi ed esplosivi, stava tentando di attraversare la frontiera con la Polonia, ci sarebbe nientemeno che un piano del Cremlino per seminare caos e morte in Francia, in occasione di Uefa-Euro 2016.

In base alla versione ufficiale fornita da Vasilij Gritsak, capo del SBU (il Servizio di sicurezza ucraino) i suoi uomini avrebbero promesso “corridoio verde” al francese sul confine polacco e lo avrebbero rifornito di armi sufficienti a rovesciare l’intero vertice UE: 5 Kalashnikov con 1080 cartucce, 2 lanciagranate anticarro RPG- 7 e relativo munizionamento, 125 kg di tritolo e 100 detonatori, con cui Grégoire avrebbe dovuto far saltare in aria autostrade, moschee, sinagoghe, edifici pubblici, bar. Però alla fine “il terrorista è stato arrestato per tentativo di contrabbando”, scrive trionfalmente il sito del SBU, che mostra, prima, il francese mentre sta caricando le armi in auto e, poi, il suo arresto. Quindi la scena madre, con Gritsak che non esclude la “pista russa per gli attentati che si stavano preparando in Francia per Euro 2016”. “Nel dicembre 2015” ha raccontato Gritsak, “il SBU aveva saputo dell’arrivo in Ucraina di un francese che, sotto la copertura di attività di volontariato per il sostegno a esercito e rifugiati, un’attività comune in Ucraina, cui partecipano numerosi stranieri, aveva cominciato a stabilire contatti con unità militari nell’Ucraina orientale. Contatti andati avanti almeno sin dal dicembre scorso. Aveva poi manifestato interesse all’acquisto di armi, esplosivi e altri mezzi di distruzione e aveva iniziato a lasciare caparre in denaro … la pista russa è comparsa quasi alla fine, quando, nell’operazione organizzata dal SBU, ha offerto alcune migliaia di euro perché fosse un cittadino ucraino a scortare il carico in territorio europeo, in modo che, in caso di arresto, ciò avrebbe compromesso Kiev agli occhi dell’Europa. E’ questo il punto chiave per cui riteniamo verosimile la mano dei servizi speciali russi”, ha detto Gritsak.
Come dire che, se non si fosse presentata l’occasione della “pista russa”, Kiev avrebbe continuato tranquillamente a rifornire di armi ed esplosivi un raggruppamento le cui tendenze della destra nazionalista estrema e xenofoba erano state ben illustrate da Grégoire nei suoi ripetuti contatti col SBU.

I Servizi speciali ucraini vogliono sbeffeggiare l’Europa, scriveva ieri Komsomolskaja Pravda: hanno parlato dell’arresto di un terrorista che stava programmando attentati in Francia e della “pista russa”. Anche in epoca sovietica, scrive KP, succedeva che qualche poliziotto vendesse armi ai banditi, ma è la prima volta che ciò accade su scala internazionale e non stupisce che sia capitato in Ucraina. La versione di K rimanda con la mente alle numerose occasioni in cui, sin dall’inizio dell’aggressione ucraina al Donbass, reparti dell’esercito regolare o dei battaglioni neonazisti abbiano venduto finanche carri armati, addirittura alle milizie. Anche tralasciando per un  momento (pur senza dimenticarsene) dei legami tra le bande neofasciste di vari paesi europei e i battaglioni neonazisti che terrorizzano i civili nel Donbass; anche tralasciando il fatto che mercenari provenienti un po’ da tutti i paesi europei siano in guerra nel Donbass dalla parte di Kiev, è cosa nota come i “patrioti” ucraini vendano le armi di dotazione personale, le munizioni o anche armamento più pesante a chiunque sia in grado di pagare, salvo dichiarare a Kiev di aver perso in battaglia mezzi pesanti, armamento leggero ed esplosivi. E’ accaduto anche di recente e regolarmente ne hanno dato notizia non solo siti della Novorossija (Rusvesna.su o Novorosinform, ecc.) ma anche siti ucraini come nahnews.org, nikvesti.com o chesnavlada.org.

Nel caso specifico di Grégoire si sarebbe trattato di ben 250 mila euro di materiale da guerra, il che lascia supporre che, dietro al 25enne lorenese di Nant-le-Petit (nel dipartimento della Mosa), ci sia una organizzazione in grado di disporre di simili cifre: resta da chiarire se si tratti di “semplice” traffico di armi o se invece la faccenda abbia risvolti direttamente legati alle formazioni dell’estrema destra francese.

Secondo il sito “Vzgljad”, invece di una “pista russa” ce ne potrebbe essere una internazionale: il tentativo del SBU di presentarsi quale “salvatore del mondo”, per aver impedito la realizzazione di 15 attentati  – “e perché non 150 o 1.500?!” ironizza il politologo Vladimir Kornilov – in Francia e con ciò stesso riabilitarsi agli occhi della comunità internazionale per le recenti vicende delle torture nelle prigioni e nei centri di detenzione segreti ucraini, praticate proprio dagli agenti del SBU e denunciate dalla ‘Commissione ONU per i diritti dell’uomo’. In effetti, anche se l’arresto del lorenese è avvenuto lo scorso 21 maggio, Kiev ne ha dato notizia solo sabato scorso, proprio dopo la denuncia dell’ONU. E l’analista Anatolij Sharij ha ricordato a “Vzgljad” come, in occasione di un recente incontro di calcio in Ucraina, fossero picchiati e accoltellati tifosi di colore: anche in quell’occasione, il presidente Poroshenko in persona vi aveva ravvisato la “pista russa”, come pure negli scandali di corruzione ucraini. E ancora Kornilov ricorda come l’ex capo del SBU, Valentin Nalivajcenko, a suo tempo avesse attribuito ai Servizi ucraini il merito di aver sventato un attentato contro il premier olandese: “presto sarà la volta di Barack Obama a essere salvato dal SBU” prevede sarcasticamente Kornilov.

Ma l’arresto di Grégoire e la “pista russa” proclamata dal SBU (peraltro praticamente ignorata dai media francesi), hanno lasciato un po’ in ombra un fatto pressapoco contemporaneo che per alcuni, in Ucraina, rilancia quella stessa “pista” in funzione “nazionale”. Si tratta dell’intervista di Nadezhda Savchenko a “Radio-Era”, in cui l’ex Jeanne d’Arc ha invitato Kiev a confermare le sanzioni contro Mosca, ma a sedersi al tavolo delle trattative con le repubbliche del Donbass, avviando con esse un dialogo diretto, al di fuori degli accordi di Minsk. “Io, come deputato” ha detto Nadja, “sono pronta a parlare con loro. Terzo passo: proviamo a sorriderci reciprocamente e tutto si sistemerà”. Questa sarebbe la “prova provata” di quanto sostenuto dai suoi fans al momento dell’arrivo a Kiev, lo scorso 25 maggio: la vera Nadja sarebbe morta in prigione e Mosca avrebbe spedito in Ucraina un sosia quale agente provocatore. A parte la petizione lanciata sul sito presidenziale per nominare la Savchenko ambasciatore ucraino a Mosca (!), sembra che l’aviatrice condannata per l’assassinio dei giornalisti russi Igor Korneljuk e Anton Vološin e graziata da Vladimir Putin lo scorso 25 maggio abbia ricevuto non poche minacce in patria, tanto che, in sua difesa, è dovuta intervenire la sorella, ricordando pubblicamente “il vero ruolo di aggressore dei moskali”: i russi.

La proposta di Savchenko non ha sollevato alcuno scandalo proprio nel Donbass: il rappresentante della Repubblica popolare di Donetsk ai colloqui di Minsk, Denis Pushilin, ha dichiarato che la DNR è pronta ad avviare il dialogo, se Poroshenko fornirà a Savchenko tutti i pieni poteri necessari. E’ comunque “molto strano” ha detto Pushilin, “che tali idee, quali necessità del dialogo, inutilità della guerra e il resto, vengano proprio da Savchenko. Di fatto, vediamo che spesso manca a Kiev la semplice volontà politica. Se questa non mancherà a Savchenko, lei sarà dotata dei pieni poteri e tutti, a livello giuridico, potremo arrivare a qualche conclusione, sarà già un piccolo progresso”.

 

Fabrizio Poggi

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