“La nostra determinazione resta intatta. Bisogna che il governo ascolti le rivendicazioni di coloro che contestano la legge”, ha detto alla France Presse Philippe Martinez, leader della Confederazione Generale dei Lavoratori francesi.
Se l’intenzione dei leader dei sindacati francesi era presentarsi all’incontro con la ministra del lavoro El Khomri previsto per il 17 giugno, in vista della possibile apertura della trattativa con il governo, forti delle piazze piene di lavoratori e giovani, allora l’obiettivo è stato ieri pienamente raggiunto.
Quella di ieri ha il sapore di una vera spallata contro l’esecutivo socialista e la contestatissima controriforma del lavoro a quasi quattro mesi dall’inizio di una protesta determinata e capillare. Come promesso, le strade di Parigi si sono riempite di gente arrivata da tutto il paese (a bordo di 600 pullman e di numerosi treni speciali) per chiedere il ritiro della Loi Travail mentre scioperi e blocchi diffusi rendevano la manifestazione qualcosa di assai più intenso di una semplice quanto imponente sfilata.
Ben cinque chilometri di corteo, un enorme serpentone che è partito da Place d’Italie poco dopo le tredici ed ha sfilato per tre ore per arrivare agli Invalides. Solo 80 mila partecipanti secondo le forze dell’ordine, un milione invece secondo le sette organizzazioni sindacali e studentesche che hanno promosso l’ennesima giornata di mobilitazione. Basta vedere le immagini del debordante corteo per rendersi conto della reale entità della manifestazione, di fatto la più partecipata da quando è iniziato il braccio di ferro tra le organizzazioni dei lavoratori e l’esecutivo Valls. Senza contare che altre centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza in altre città della Francia, da Marsiglia a Lione. Un milione e trecentomila manifestanti in tutto il paese.
Se nei primi giorni dopo l’inizio dell’Eurocoppa di calcio i sindacati avevano deciso di mantenere la mobilitazione ma diminuendone l’intensità per lanciare un amo al governo e far riprendere fiato agli scioperanti, la giornata di ieri ha dimostrato che il fronte del no alla Loi Travail può contare su una forza imponente nonostante tre mesi di manifestazioni, scioperi, blocchi e picchetti. Una forza che peserà, dicevamo, se il governo dovrà alla fine accettare di trattare almeno su alcuni punti. Ufficialmente i due sindacati più importanti, la Cgt e Force Ouvriere, chiedono il ritiro tout court della legge, ma ovviamente per il governo una tale rinuncia rappresenterebbe una vera e propria Caporetto che costerebbe carissima ai socialisti al governo, pressati da destra dal padronato – la Confindustria accusa la Cgt nientemeno che di ‘terrorismo’ – dai poteri forti e dall’Unione Europea affinché non cedano di un millimetro alle rivendicazioni della piazza. E così i sindacati nei giorni scorsi hanno lasciato intendere che ‘basterebbe’ che il governo Valls aprisse ad un confronto di merito sui punti più contestati della legge: la prevalenza della contrattazione aziendale su quella nazionale di categoria, la maggiore facilità dei licenziamenti, l’aumento dell’orario di lavoro in alcuni comparti, la maggiore difficoltà per i sindacati di poter indire scioperi e i tagli alla sicurezza sul lavoro.
Se il governo socialista dovesse negare la trattativa nonostante le aperture delle dirigenze sindacali, le organizzazioni dei lavoratori sarebbero costrette a proclamare una nuova ondata di scioperi e a bloccare di nuovo il paese, e lo scontro si farebbe ancora più duro. Per il 23 giugno, quando l’esame parlamentare del provvedimento dovrebbe entrare nelle ultime e determinanti fasi con il voto previsto al Senato, e poi di nuovo il 28 giugno, le organizzazioni dei lavoratori hanno già indetto altre due giornate di mobilitazione generale e di scioperi ‘illimitati’, termine che sta ad indicare scioperi contemporanei in vari comparti ma non lo sciopero generale nazionale che Cgt, Solidaire e Force Ouvriere si riservano di convocare solo come extrema ratio.
A margine del grande corteo parigino di ieri, com’era avvenuto in altre occasioni, si sono verificati numerosi atti di sabotaggio e scontri con le forze dell’ordine presenti in misura massiccia. Protagonisti i casseurs, gli spaccavetrine spesso lontani da ogni identità e rivendicazione politica e dediti a quante più distruzioni possibili, ma anche settori radicali del movimento di protesta che continuano ad accusare le direzioni sindacali di scarsa determinazione nella lotta e che più che all’allargamento della partecipazione alla protesta mirano alla ‘contundenza’ della forme di lotta (nonostante i quasi 2000 arresti dall’inizio della protesta).
I primi pesanti tafferugli e i primi arresti si sono verificati più di un’ora prima che la testa del corteo muovesse i primi passi. Quando il corteo è partito da Place d’Italie erano visibili grandi spezzoni composti in prevalenza di giovani, molti dei quali con il casco in testa o il volto mascherato, che gridavano ‘Parigi, alzati in piedi’ e l’ormai dilagante “Tutti odiano la polizia”. Gli scontri con i reparti antisommossa – alla quale hanno partecipato alcune centinaia di persone – sono stati pesanti, in particolare all’altezza di Port Royal, con gli agenti che lanciavano lacrimogeni e granate stordenti contro i manifestanti, presi di mira anche con gli idranti, e gli incappucciati che rispondevano bersagliando i cordoni di celerini di pietre e oggetti vari. Un confronto che è durato a lungo, spaccando in due il corteo.
Alla fine il bilancio è stato pesante, con una quarantina di persone ferite o contuse (ovviamente molti manifestanti hanno evitato di recarsi negli ospedali per evitare identificazioni e denunce) e ben 72 arresti, uno dei bilanci più alti da quando è iniziato il conflitto. Attraverso l’uso di una sorta di ‘Daspo’ politico il ministero degli Interni aveva preventivamente vietato a 130 persone fermate o arrestate nelle scorse settimane la partecipazione ai cortei previsti ieri.
Le forze dell’ordine hanno rivendicato 29 feriti e contusi, ma da segnalare anche che alcuni membri della Cgt polizia sono scesi in piazza insieme al resto dei lavoratori e si sono piazzati con un cartello che affermava “poliziotto contro le violenze dello stato” proprio a ridosso dei cordoni formati dai loro colleghi in assetto antisommossa e addirittura armati di fucili. Alcuni dei quali si sono nuovamente resi protagonisti di episodi di violenza gratuita e di brutalità nei confronti dei manifestanti, e non solo di quelli che lanciavano pietre contro di loro, con persone pestate a sangue e prese a calci dai robocop quando erano già a terra o addirittura con le mani alzate.
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Marco Santopadre
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