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Parigi. Vietato il corteo contro la Loi Travail, dietrofront dopo le proteste

Questa mattina, dopo un lungo tira e molla con i sindacati promotori della protesta contro la Loi Travail, il prefetto della capitale francese aveva dichiarato lo stop della trattativa e imposto la proibizione della manifestazione convocata domani a Parigi prima di un’altra protesta già organizzata per il prossimo 28 giugno.
La giustificazione: dopo le violenze avvenute durante il grande corteo del 14 giugno scorso, quando solo nella capitale erano scese in piazza un milione di persone, è evidente che i sindacati non sono in grado di garantire l’ordine.

All’inizio le autorità avevano proibito il corteo autorizzando solo una ‘manifestazione statica’, una eventualità che però i sindacati dei lavoratori e degli studenti hanno subito respinto. Per giorni Cgt, Force Ouvriere e altre sigle hanno proposto vari percorsi più brevi e più ‘gestibili’ rispetto a quello originariamente chiesto, ma la prefettura è stata irremovibile fino a dettare stamattina una proibizione senza precedenti negli ultimi decenni. Una scelta sostenuta dall’esecutivo socialista, il cui portavoce aveva replicato quanto affermato dal presidente Hollande al termine del Consiglio dei Ministri: “La libertà di scioperare e manifestare sono due diritti fondamentali, ma non ci sono le condizioni per garantire la sicurezza”.

Ma appena i media e le direzioni sindacali hanno diffuso la notizia del divieto il governo e le autorità di pubblica sicurezza sono state letteralmente sommerse di proteste, ed in pochissime ore una petizione lanciata ieri su Change.org a favore della libertà di espressione e manifestazione, intitolata “Io non rispetterò il divieto di manifestare”, ha superato le 140 mila firme. Contro il governo e a favore della possibilità per i sindacati e le organizzazioni sociali di poter sfilare domani non si sono schierati solo il Front de Gauche e il Partito Comunista, ma anche il settore del Partito Socialista Francese (che può contare su una nutrita pattuglia parlamentare) che si è dichiarato indisponibile a votare a favore di una Loi El Khomri che rende i licenziamenti più facili, precarizza e flessibilizza ulteriormente i contratti di lavoro e concede la priorità ai contratti aziendali rispetto a quelli nazionali di categoria.

Addirittura la leader della destra populista, Marine Le Pen, ha parlato di “grave attentato alla democrazia” cogliendo l’occasione per attaccare un esecutivo al minimo storico di popolarità mentre i sondaggi continuano a confermare che tra i due terzi e i tre quarti dei francesi sono contrari all’approvazione della Loi Travail.

All’annuncio della proibizione del prefetto, i leader sindacali di FO e CGT, Jean-Claude Mailly e Philippe Martinez, hanno chiesto ed ottenuto di essere “ricevuti rapidamente” dal ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve. 
Poi, dopo pranzo, è arrivato l’imbarazzante dietrofront delle autorità. Dopo l’incontro il segretario della Cgt Martinez ha convocato una conferenza stampa facendo sapere che il corteo è stato autorizzato in un percorso di un chilometro e mezzo nei dintorni di Place de la Bastille, nella stessa zona scelta inizialmente dalle organizzazioni dei lavoratori e degli studenti. Un minicorteo (il cui percorso non è privo di probabili trappole) ma comunque un passo indietro e un passo falso dell’esecutivo che la dice lunga sulla debolezza dei socialisti al potere stretti tra le proteste popolari e le pressioni, di natura opposta, da parte delle destre (che però oggi hanno criticato la proibizione) e degli ambienti padronali.

Valls ha tentato di elevare il livello dello scontro ma non è stato in grado di sostenere la reazione provocata da una decisione che ha scatenato un putiferio.
Era stato il leader della fronda socialista contro la Loi El Khomri, Christian Paul, ad affermare stamattina: “Ritengo, pesando attentamente le mie parole, che sia un evento storico. Era dal 1958 che un governo, un primo ministro, non vietavano una manifestazione organizzata dalle grandi organizzazioni sindacali”. In realtà la più recente proibizione di una manifestazione convocata da grandi partiti o sindacati risale al 1962, quando un corteo convocato dal Partito comunista e dalla CGT contro la repressione del movimento di liberazione algerino fu vietato e, quando gli organizzatori scesero comunque in piazza, fu attaccato dalla polizia che provocò ben nove morti.

Già venerdì scorso il prefetto di Tolosa aveva annunciato di “non essere in grado” di assicurare la sicurezza del presidio convocato dalla Cgt per lunedì 20 giugno, vista la presenza in città di bande di hooligans russi. Una mossa che ha convinto il sindacato a disdire la manifestazione.

Come detto, erano stati soprattutto gli scontri avvenuti in piazza a Parigi il 14 giugno, e saldatisi con centinaia di feriti e contusi e molte decine di fermati e arrestati, a fornire al governo gli argomenti per prima chiedere ai sindacati di evitare nuove manifestazioni, e poi per minacciare un divieto che tra ieri e oggi la Prefettura della capitale ha provato, per ora senza successo, ad applicare.
Uno degli episodi che aveva destato maggiore scalpore e indignazione – opportunamente pompate da parte dei media filogovernativi – era stata la rottura di alcune vetrine del piano terra dell’ospedale pediatrico Necker da parte di alcuni incappucciati.
Ma nei giorni scorsi, un lettore di Lundi Matin che si firma “il padre di un bambino molto malato dell’ospedale Necker” ha indirizzato al giornale una assai lucida testimonianza che smonta pezzo per pezzo la propaganda filogovernativa. Qui di seguito alcuni dei passaggi più rilevanti della lettera:

“(…) I manifestanti hanno compiuto diverse distruzioni. Per quello che ho potuto costatare, si trattava di azioni mirate: banche, assicurazioni e pubblicità. Non credo che queste iniziative abbiano bisogno di un dibattito. Il mondo della finanza non trema di certo ogniqualvolta un bancomat viene colpito; che invece i giovani lo vedano come un simbolo lo posso invece capire. (…) Anche se i vetri in questione non servivano altro che a isolare termicamente sono d’accordo che non è stata un’azione intelligente.

Certo rompere i vetri di un ospedale anche se per errore, è idiota: ma approfittare di questo fatto per strumentalizzare la sofferenza dei bambini malati e dei loro genitori per screditare un movimento sociale è indecente e inaccettabile. Eppure questa è la strategia di comunicazione messa subito in atto dai signori Cazeneuve e Valls.

Lo dico tanto più volentieri visto che all’ospedale Necker ci passo molto del mio tempo e so di cosa si parla quando ci sono di mezzo l’angoscia e la disperazione dei genitori dei bambini gravemente malati. Strumentalizzare questa sofferenza per fini così meschinamente politici è abietto.

Tale comportamento indecente è tanto più scioccante se si conosce la attuale situazione dell’ospedale pubblico. Valls e Cazeneuve, “indignati” nel più profondo del cuore per cinque vetri rotti, lo sono altrettanto per le condizioni di lavoro sconcertanti del personale ospedaliero? Quando un genetista deve lavorare settanta ore a settimana perché la direzione non ha i mezzi per assumere un nuovo medico, e nemmeno una segretaria, quali sono le conseguenze su questi cari bambini malati al cui capezzale accorrono da ieri i nostri ministri? Quando le inservienti e le infermiere sono esaurite, la schiena spezzata dalla fatica e pagate al minimo sindacale, che ne è della qualità delle cure e dell’attenzione necessaria per chi passa mesi, a volte anni, nei corridoi degli ospedali?

Quando mettono sullo stesso piano “emotivo” dei pannelli di vetro rotti e la sofferenza di centinaia di migliaia di famiglie, Valls e Cazeneuve non si vergognano? E tutti quei giornalisti che hanno titolato su questo orribile assalto contro l’ospedale dei “bambini malati”, misurano il senso delle loro parole? (…) Invece di passare da un set televisivo all’altro per dire simili stupidaggini, ritirate la Loi Travail, finanziate come si deve gli ospedali e risparmiate ai bambini e ai loro genitori le vostre ignobili strumentalizzazioni”.

 

Marco Santopadre

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