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Aleppo: truppe siriane circondano al Nusra. L’Ue dialoga con Assad

“Una delle maggiori vittorie, dopo quella di Qalamoun e Tadmor (Palmira, ndr), per importanza strategica e militare”: così in un comunicato ufficiale il ministero della difesa siriano ha annunciato la scorsa settimana di aver definitivamente circondato le milizie jihadiste del Fronte al Nusra ad Aleppo.

La notizia, rimasta nell’indifferenza generale per gran parte della stampa occidentale, assume invece un’importanza fondamentale per le sorti del conflitto. La città siriana, seconda per rilevanza e numero di abitanti, domina tatticamente tutta la parte settentrionale del paese. Aleppo è stata, inoltre, il centro nevralgico di tutti i più aspri combattimenti tra le diverse fazioni che si fronteggiano nell’arena siriana: in quella regione ci sono il fronte al Fatah (alleanza con a capo il Fronte Al Nusra-Al Qaeda e fazioni minori come Ahrar Al Sham, Jaish Al Sunna e la milizia Noureddine Zenki), lo Stato Islamico (ISIS o Daesh) di Al Baghdadi nella parte nord-est, i curdi nel nord ovest, le poche forze ribelli “laiche” dell’ESL (Esercito Siriano di Liberazione) e, ovviamente, le forze lealiste siriane appoggiate dai reparti speciali di Hezbollah.  Dopo le conquiste di Homs e Hama, un’altra affermazione da parte delle truppe lealiste del regime di Bashar Al Assad. Con questa vittoria, infatti, quasi il 70% del territorio dove si concentra la maggior parte della popolazione è sotto il controllo governativo. Il paese si sta liberando di tutte quelle fazioni considerate un tempo “opposizione al governo” ma che, secondo l’ultimo rapporto di Amnesty International, sono state etichettate come “galassia jihadista” portatrice di massacri e torture indiscriminate.

Per la prima volta dall’inizio della guerra civile le fazioni salafite, che hanno bombardato, assediato ed infine occupato la città nella sua parte orientale, si ritrovano completamente circondate.  Nell’arco di due settimane le truppe lealiste hanno conquistato le principali vie di approvvigionamento e rifornimento  tra la provincia di Aleppo e i suoi quartieri nella parte est. Con una manovra a tenaglia dalla parte settentrionale fino a quella meridionale – dalle fattorie di Al Malah (nord) fino alla celebre strada del “Castello”- i reparti siriani e quelli di Hezbollah, appoggiati dall’aviazione russa, hanno inferto una serie di pesanti sconfitte alle milizie jihadiste, cosa poco prevedibile fino a pochi mesi fa. Dall’inizio della tregua (febbraio 2016) numerosi combattenti legati al Fronte Al Nusra (Al Qaeda) avevano attraversato indisturbati il confine turco per andare a posizionarsi nella zona di Aleppo e per cominciare un’imponente offensiva contro le truppe lealiste. L’obiettivo dichiarato dai quadri di Al Nusra era quello di creare una capitale che si contrapponesse a quella dello Stato Islamico (Raqqa) visto che la stessa organizzazione qaedista mirava ad espandersi e contrastare l’ISIS nello stato siriano. Dopo un periodo di difesa le truppe lealiste hanno, invece, risposto con una pesante controffensiva all’inizio del mese di giugno.

Le principali cause del successo dell’attuale controffensiva sono legate a due fattori. Il primo è il rinnovato impegno militare russo sancito dal summit di inizio giugno a Teheran tra ministri della difesa russo, siriano ed iraniano. Dopo il fallimento della tregua di febbraio ed il temporaneo ritiro delle truppe da parte di Mosca, l’asse rappresentato da Russia, Iran, Siria ed Hezbollah appare, infatti, nuovamente unito nella propria azione militare. Il secondo è legato ad un riavvicinamento di Ankara alla Russia ed una conseguente chiusura del confine. Il premier Erdogan,  solo dopo diversi anni, ha compreso che favorire i gruppi jihadisti per far cadere il governo di Assad ha inevitabilmente compromesso la sicurezza in tutta la regione (Turchia in testa) senza il raggiungimento degli obiettivi previsti.

L’accerchiamento di Aleppo rappresenta, invece, la realizzazione della strategia russa dall’inizio del suo intervento. La priorità per Mosca era ed è tuttora quella di combattere ed eliminare le fazioni jihadiste del nord, sostenute economicamente e militarmente dall’Arabia Saudita e dal Qatar, nella zona di confine con la Turchia. Secondo Lavrov, ministro degli esteri russo, “non può esserci la liberazione di Raqqa o Deir Ezzor senza l’eliminazione dei gruppi jihadisti nella regione di Aleppo e senza la distruzione delle sue basi al confine turco”. Lo stesso obiettivo fondamentale è stato confermato dal segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, quando ha dichiarato “la nostra presenza in Siria aumenterà e la nostra battaglia principale sarà ad Aleppo”.

Di sicuro la conclusione della guerra civile siriana è ancora lontana ma, con l’assedio di Aleppo e la sua futura liberazione, la bilancia sembra pendere sempre più verso il governo di Bashar Al Assad e dei suoi alleati nella regione. Una constatazione che lo stesso governo statunitense dovrebbe prendere in considerazione visti gli ultimi insuccessi delle FDS (Forze Democratiche Siriane, finanziate dagli USA)  impantanate sulla strada di Raqqa ed in netto contrasto con le YPG curde.

Da questo punto di vista sembra più lungimirante e pragmatica l’Unione Europea ed in particolare l’Italia. L’agenzia Russia Today ha informato nei giorni scorsi sulla visita a Roma di Mohamed Dib Zaitoun, capo dei servizi segreti siriani, e su quella del generale Manenti, direttore dell’AISE (Agenzia Informazioni Sicurezza Esterna) a Damasco con un incontro avuto il 9 luglio con lo stesso Assad. Cosa voleva il nostro governo?

Su mandato europeo, il governo italiano ha riaperto un dialogo interrotto nel 2011 con quello siriano per ottenere informazioni sui militanti jihadisti in previsione di un loro rientro nel continente europeo. L’Europa è sotto minaccia e la Siria possiede delle informazioni di fondamentale importanza per la sicurezza delle popolazioni europee.

Secondo Gulf News, Manenti avrebbe proposto di “aprire nuovamente le relazioni bilaterali tra governo italiano e siriano, favorendo una normalizzazione dei rapporti anche con altre cancellerie europee” ed eventualmente proponendo una visita ufficiale della rappresentante europea per gli affari esteri Federica Mogherini. La proposta sarebbe legata, quindi, ad un’eliminazione dell’embargo e ad una  normalizzazione dei rapporti con i paesi europei o con l’UE, in cambio di informazioni sulla realtà jihadista legata prevalentemente all’ISIS.

La novità della proposta sarebbe legata non tanto ad una richiesta per  un’uscita di scena di Bashar Al Assad, ma piuttosto nel proporre al governo  siriano un impegno formale per favorire un dialogo politico con le forze di opposizione al fine di ottenere una reale e solida transizione democratica.

 

Stefano Mauro

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