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Attentati in Europa: opportunismo o nuova strategia di Daesh

Gli attentati di Nizza e Rouen ripropongono purtroppo un’ennesima riflessione riguardo al terrorismo di matrice islamista ed all’incapacità dei servizi di sicurezza francesi nel contrastarlo.

Lo stesso autore del massacro di Nizza, il tunisino Mohamed Lahouaiej Bouhlel, secondo le testimonianze raccolte dagli inquirenti francesi, non era un musulmano praticante.  L’ignobile autore della strage che ha causato 84 vittime, diverse delle quali tra l’altro di fede islamica, non seguiva i precetti religiosi. Non digiunava nel mese di Ramadan, mangiava maiale, beveva alcolici, collezionava conquiste maschili e femminili, picchiava la moglie: aveva, in conclusione, una vita non propriamente retta. 

Abbiamo visto come in passato diversi “foreign fighters”, prevalentemente francesi e belgi, conducessero lo stesso stile di vita dell’attentatore di Nizza, ma si fossero poi “radicalizzati” cambiando totalmente abitudini (un esempio è Abdslam Salah).  In altri casi, come per gli attentatori di Al Qaeda delle Torri Gemelle, abbiamo anche visto come alcuni militanti jihadisti abbiano applicato la “Taqiyya” o “dissimulazione”: vale a dire nascondere o, in alcuni casi, rinnegare la propria reale fede per rendere maggiormente difficile la propria individuazione.

Per quanto riguarda il folle gesto del ragazzo tunisino sembra difficile che la sua condotta fosse una reale o voluta “dissimulazione”, ma piuttosto che quel ragazzo avesse realmente un’indole violenta unita ad un’insana follia omicida. Resta, invece, controverso come questo vile gesto sia stato poi, a distanza di due giorni, rivendicato dallo Stato Islamico. Secondo diversi giornalisti si tratterebbe di puro opportunismo sia per chi compie il gesto sia per il gruppo che lo sostiene.

Nella strategia di Daesh, infatti, esistono i combattenti (ansar) che hanno raggiunto il territorio del califfato e combattono sul campo, ma ci sono anche i “soldati del califfato” (jund al khalifa) coloro che agiscono fuori dal suo territorio, prevalentemente in Europa. In questa categoria rientrano tutti quei militanti che, attraverso un processo di “radicalizzazione”, entrano a far parte dell’organizzazione. Altro aspetto che sembra cambiato è quello che riguarda il reclutamento dei diversi simpatizzanti che non avviene quasi più nelle moschee, ma che, secondo gli ultimi studi del CNRS francese (Centro Nazionale Ricerche Scientifiche), è portato avanti attraverso l’utilizzo di materiale di propaganda reperibile online. La radicalizzazione tocca, quindi, il singolo individuo o nucleo familiare e poi in un secondo momento viene condivisa per ottenere nuovi contatti nel network jihadista. Un’altra analisi dell’istituto di ricerca è relativa all’aumento di persone, in questo caso i due attentatori di Rouen ne sono un chiaro esempio, affette da patologie psicotiche che, attraverso la propaganda di Daesh, compiono attentati per poter “fare notizia” attraverso i mass-media ed elevare la propria follia a gesto esemplare di natura ‘politica’ o ‘religiosa’.

È cambiato lo stesso modo di agire e comunicare da parte dello Stato Islamico verso i propri affiliati. In alcuni casi abbiamo un’organizzazione ed una rete di cellule che si muovono e compiono attentati con una pianificazione attenta e minuziosa (basti pensare ai fatti del Bataclan o Bruxelles). In altri, invece, vediamo prevalentemente azioni e gesti compiuti in maniera individuale (Orlando, Nizza, Baviera, Rouen etc). Questi singoli episodi seguono le linee guida del portavoce di Daesh, Abu Muhammad Al Adnani Al Shami, che ha indicato ai singoli autori “radicalizzati” e vicini allo Stato Islamico di “rivendicare direttamente le loro azioni postando una prova della loro affiliazione” in maniera da poter poi essere inclusi in quella schiera di combattenti e soldati dell’ISIS. In questo cambiamento si vede, purtroppo, tutta la necessità da parte dell’organizzazione di Al Baghdadi di voler dimostrare che, pur essendo in ritirata nei territori del califfato, lo Stato Islamico è in grado di colpire sempre e ovunque.

Gli attentati di Dacca, di Kabul, di Nizza o nel Kurdistan siriano sono gli esempi più recenti. La rivendicazione di attentati dinamitardi o terroristici rientra anche nella lotta per la supremazia nella galassia jihadista tra lo Stato Islamico ed Al Qaeda, come frequentemente avviene in diversi paesi africani (Mali, Nigeria, Niger, Burkina Faso etc), mediorientali (Afghanistan, Egitto, Yemen) o asiatici.

In questo contesto di lotta e di “radicalizzazione online” rientrano gli attentati di Nizza e Rouen con altri episodi avvenuti prevalentemente in Francia. Lo stato francese, infatti, è diventato il principale “fronte di guerra” per diversi motivi. Il primo è la scelta del governo Hollande di combattere l’ISIS nei territori del suo califfato o nelle zone dell’Africa sub-sahariana considerate terre di pertinenza coloniale francese. Altro fondamentale aspetto è l’incapacità da parte della classe politica francese nel contrastare i militanti jihadisti e la loro opera di reclutamento in territorio francese.

Diverse sono le responsabilità da parte delle autorità e degli apparati di sicurezza nel proteggere gli obiettivi sensibili, come è palesemente avvenuto a Nizza. L’obiettivo principale da parte di Daesh resta sempre lo stesso: creare un conflitto sociale e ideologico all’interno degli stati europei per favorire i movimenti della destra xenofoba continentale e aggravare così la situazione delle comunità islamiche in Europa in modo da poterne rivendicare la rappresentanza.

 

Stefano Mauro

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