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Presidenziali in Estonia e interessi USA nel Baltico

Nel suo recente tour esteuropeo, il vice presidente USA Joe Biden ha fatto una puntata anche a Riga. Guidati dalla cometa, nella capitale lettone, insieme al presidente Raimonds Vējonis, sono giunti a omaggiarlo anche i capi di stato di Lituania, Dalia Grybauskaitė ed Estonia, Toomas Hendrik Ilves. A differenza dei magi, i tre leader baltici non hanno portato doni, ma “prostratisi e adoratolo”, si sono inchinati a chiedere rassicurazioni sul sostegno yankee contro “l'aggressività russa”.

Il novello redentore ha loro impartito le “raccomandazioni”, tanto più tempestive in vista dell'elezione, in Estonia, del nuovo presidente della repubblica: quali cifre destinare alla difesa, quanti soldati USA e Nato inviare nel Baltico, chi si debba temere e con chi invece ci si possa alleare. L'essenziale, insomma, a conclusione della campagna elettorale estone. Oggi comincia infatti la prima tornata del voto al Riigikogu, il parlamento, per scegliere il successore del gaio vitaiolo Toomas Hendrik Ilves, eletto nel 2006 e riconfermato nel 2011. Il candidato deve ottenere almeno 68 voti; dopo tre consultazioni andate a vuoto, deciderà un collegio di elettori, che comprende, oltre ai deputati, anche 234 rappresentanti di enti locali.

ino a ieri si parlava di un possibile accordo tra riformisti e socialdemocratici sui papabili, quantunque le due formazioni, insieme, arrivino solo a 45 deputati (30 per il Partito delle riforme e 15 per i socialdemocratici), sui 101 che compongono il parlamento unicamerale. Al primo turno, i voti si dovrebbero concentrare sul socialdemocratico Eiki Nestor, attuale presidente del Riigikogu, anche se pare che una sorta di accordo indichi nel riformista Siim Kallas (già primo ministro, Ministro degli esteri, delle finanze, Commissario europeo) il candidato più probabile, da votare al secondo turno. Tra i partiti di opposizione, quello meglio organizzato e con un maggior numero di deputati (27) sarebbe il centrista Eesti Keskerakond, che candida la ex Ministro dell'istruzione Mailis Reps. Altri candidati sono, per il cristiano conservatore Isamaa ja Res Publica Liit (IRL), l'ex ambasciatore a Mosca, Mart Helme e Allar Jõks, ex Cancelliere alla giustizia. Secondo Sputnik Eesti, non tutti i candidati proposti dai partiti sarebbero graditi tra il pubblico estone; i sondaggi di “Turu-uuringute AS” indicano infatti che le preferenze popolari (inclusi i 90mila “non cittadini” di etnia russa, che possono partecipare solo alle consultazioni municipali) andrebbero all'attuale Ministro degli esteri Marina Kaljurand, con il 22% dei consensi e in seconda battuta a Siim Kallas, con il 17%. Seguono l'ex ultimo primo ministro dell'Estonia sovietica, Edgar Savisaar, leader di Eesti Keskerakond, con il 15%; ad Allar Jõks andrebbe l'8% dei consensi, il 6% al conduttore televisivo ed eurodeputato Indrek Tarand, il 5% a Mart Helme, leader del Eesti Konservatiivne Rahvaerakond (EKRE); appena il 3% a Eiki Nestor e anche a Mailis Reps. Una situazione, questa dei sondaggi, parzialmente annullata dalla Commissione elettorale repubblicana (CER), che ha ammesso tre soli candidati al primo turno di oggi: Mailis Reps, che ha ricevuto il sostegno di 27 deputati; Allar Jõks (21) e Ejki Nestor (43).
 

Se oggi nessuno dei candidati raggiungerà il quorum di 68 voti, domani si procederà al secondo turno, dopo che la CER avrà proceduto a una nuova registrazione di candidati. Nel caso il presidente non venga eletto nemmeno al secondo turno, nella stessa giornata si voteranno i due candidati che abbiano raccolto il maggior numero di voti. In caso di fumata nera anche al terzo tentativo, il parlamento si riunirà in seduta comune con il Collegio elettorale.

Ma Joe Biden pare si sia interessato solo di sfuggita alle presidenziali estoni: di centro o di destra, l'importante è che il futuro presidente sia “uomo fidato” di Washington e su questo, nella rosa dei candidati, non dovrebbero esserci particolari sorprese. Tra le perorazioni portate dai novelli Gasparre, Melchiorre e Baldassarre, pare che questa volta non ci sia stata la preghiera di appoggio nella richiesta a Mosca di essere compensati per quella che chiamano “occupazione sovietica”; tanto più che, se già nell'aprile scorso la Lettonia aveva ridotto la richiesta dai 300 miliardi di euro di due anni fa, a 185 miliardi, l'Estonia ha invece detto di non pretendere alcun “risarcimento” per il peccato che, come aveva ironicamente commentato il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, nei paesi Baltici “abbiamo creato un'industria, modernizzato le loro economie, investendo là in misura pro capite molto di più che nella RSFSR”. Poco si sa delle giaculatorie estoni di fronte al Biden-redentore. 

Per quanto riguarda la Lettonia, questa appare maggiormente impegnata sul fronte energetico e, guarda caso, proprio in coincidenza della visita di Joe e delle sue preoccupazioni sul gas russo il governo di Riga, in qualità di azionista di minoranza della riorganizzata “Latvijas gaze”, ha chiesto una quota di azioni della nuova Conexus Baltic Grid, cui sono trasferite le funzioni di distribuzione e stoccaggio del gas naturale. Attuali azionisti di “Latvijas gaze” sono Gazprom (34%), Marguerite Fund (28,97%), Uniper Ruhrgas International GmbH (18,26%) e Itera Latvija (16%), oltre a un 2,8% di proprietà di piccoli azionisti. Secondo gli emendamenti alla normativa energetica lettone, gli azionisti di Conexus Baltic Grid non potranno più essere legati direttamente o indirettamente a “Latvijas gaze” e il governo lettone ha la precedenza nell'acquisto delle azioni di Gazprom, Unipe e Itera Latvija. La norma di prelazione non si applica però alle strutture finanziarie proprietarie delle azioni di “Latvijas gaze”, quale è per l'appunto il Marguerite Fund, nel cui Consiglio di amministrazione siedono manager di Instituto de Crédito Oficial, European Investment Bank, Cassa depositi e Prestiti, PKO Bank Polski SA, KfW e Caisse des dépôts et consignations. Sarà un caso. A Riga, Biden ha raccolto anche le lamentazioni lituane per la costruzione della centrale atomica di Astravets, in Bielorussia, una cinquantina di km a est di Vilnius.

Secondo la presidente lituana Dalja Gribauskajte, la centrale (due blocchi di potenza totale pari a 2.400 MW; il primo dovrebbe entrare in funzione nel 2018 e il secondo nel 2020) rappresenterebbe “un problema di sicurezza sia energetica, che militare e anche un problema di sicurezza ambientale, se essa verrà utilizzata da un paese nemico”. Nemico quanto la Russia? Chissà se Joe Biden, dopo aver raccontato la parabola sui nemici da cui guardarsi, avrà poi porto l'altra guancia alla bionda Dalja, in segno di comprensione per il fatto che Vilnius, secondo Der Spiegel, negli ultimi tempi sta arricchendo più le imprese di armamenti tedesche di quelle yankee. Va bene che la “minaccia russa” è comune, sia a Vilnius che a Washington, ma gli affari sono affari. E dunque, la Rheinmetall e la Krauss-Maffei Wegmann hanno sottoscritto un contratto col Ministero della difesa lituano per la fornitura, tra il 2017 e il 2021, di 88 blindati trasporto truppe GTK Boxer, per 390 milioni di euro. “A causa della crisi ucraina” scrive Der Spiegel http://www.spiegel.de/wirtschaft/unternehmen/rekord-ruestungsgeschaeft-litauen-kauft-88-deutsche-radpanzer-a-1108894.html la Lituania “si arma massicciamente per paura della Russia” e il Ministro della difesa Juozas Olekas dichiara che “questo è un investimento a lungo termine e testimonia del fatto che la Lituania si preoccupa della propria sicurezza e investe in essa”. Una sicurezza che sarebbe “minacciata” dalle incursioni, denunciate dal premier Algirdas Butkevičius di paracadutisti russi, subito rivelatisi militari lituani in esercitazione, oppure dallo sciopero degli insegnanti che, sempre secondo Butkevičius, sarebbero sobillati da Mosca. C'è da credere, che al prossimo contratto lituano con fornitori USA, anche Joe Biden esulterà con Luca “Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta”.

Fabrizio Poggi

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