Ultime novità sull'Ucraina: l'ex segretario generale Nato e odierno “consigliere” presidenziale ucraino, il danese Anders Fogh Rasmussen, prevede che l'occidente fornirà armi letali a Kiev, se la Russia “destabilizzerà l'Ucraina orientale”. Dovendo in qualche modo giustificare l'Ordine della Libertà (!) ricevuto nel 2014 dalle mani di Petro Porošenko per il “significativo contributo allo sviluppo della cooperazione tra lo Stato ucraino e l'Alleanza Atlantica e per il forte sostegno nel difendere la sovranità, l'indipendenza e l'integrità territoriale dell'Ucraina», Fogh ha pronosticato che “se la Russia non adempierà gli impegni di Minsk” – che impegnano proprio Kiev, che dal febbraio 2015 sta facendo l'esatto contrario di quanto in essi previsto – “verrà il momento in cui Occidente e Nato forniranno all'Ucraina armi difensive letali” per difendersi “dall'aggressione russa”.
O potranno forse incorrere di nuovo in un “errore catastrofico”, in una “tragica casualità”, o addirittura incolpare un proprio reparto di “bassa qualificazione del personale addetto”, allorché si ripeterà una sciagura come quella del Boeing malese MH17, abbattuto nel luglio 2014 da reparti di Kiev, come trapelato dalle indiscrezioni della commissione internazionale JIT incaricata delle indagini. Pur se i risultati ufficiali verranno divulgati solo a fine mese, pare che intanto, alla maniera yankee – vedi ambasciata cinese a Belgrado, treno in Serbia, aereo civile sul Golfo persico, ospedale a Kunduz, Croce Rossa a Kabul, ecc. – si cominci a preparare l'opinione pubblica al fatto che i 298 passeggeri del Boeing furono uccisi da un razzo sparato da reparti ucraini, ma che, in fondo, si era trattato di un “tragico errore”.
Secondo il capo del dipartimento per l'Ucraina del Ministro degli esteri tedesco, Johannes Regenbrecht, il “formato normanno” (Germania, Francia, Russia e Ucraina) potrebbe essere allargato agli Stati Uniti, senza i quali, sostiene Regenbrecht, “non ci saranno progressi”. A suo tempo era stata proprio Angela Merkel, come ricorda Svetlana Gomzikova su Svobodnaja Pressa, a opporsi all'ingresso di Polonia o USA nel quartetto e appena qualche giorno fa, a lato del G20 in Cina, Putin, Merkel e Hollande avevano ribadito di volersi attenere a quel formato. Di fatto, però, come nota il politologo Aleksandr Kamkin, il “formato normanno” è più morto che vivo; inoltre, Obama sta convulsamente cercando un'occasione per poter marcare almeno la propria uscita di scena, dopo la serie infinita di debacle della sua presidenza. E d'altronde, pare che Berlino intenda in qualche modo defilarsi, lasciando a Washington il ruolo di “primo violino”: gli europei, sostiene Kamkin, cominciano a essere stanchi dell'Ucraina, un paese in piena bancarotta politica ed economica. E sempre più isolato: l'unico leader straniero giunto a Kiev lo scorso 24 agosto per la festa della “indipendenza” è stato il presidente polacco Andrzej Duda e al G20 di Hangzhou l'Ucraina, a differenza di Egitto, Kazakhstan e altri, non è stata invitata nemmeno come osservatore.
D'altronde, l'ipotesi tedesca è stata fatta ventilare a un politico di secondo piano, quasi un sondaggio delle risposte russa e americana. Da parte statunitense, però, si dovrà probabilmente attendere il nuovo presidente che, nel caso della Clinton, sosterrà certamente una dura contrapposizione alla Russia. In fondo, nota Kamkin, il proprio obiettivo geopolitico gli USA lo hanno già raggiunto: quaranta milioni di ucraini trasformati in nemici acerrimi di Mosca. Qualsiasi “formato normanno” non è che proforma: finora Hollande o Merkel hanno fatto qualcosa per impegnare Kiev al rispetto degli impegni presi a Minsk?
Coi piedi un po' più sulla terra, il leader della DNR Aleksandr Zakharčenko – che Limonov sembra quasi accusare, insieme alle intere leadership di DNR e LNR di “connivenza col nemico” – ha proposto a Porošenko un incontro faccia a faccia alla frontiera con la regione di Dnepropetrovsk o quella di Kharkov. Tra le condizioni preliminari poste da Zakharčenko: “Primo, lasciare immediatamente il territorio dell'ex regione di Donetsk, ritirare tutte le unità dell'esercito, del Ministero degli interni e ogni unità armata. Secondo, durante il ritiro non darsi a saccheggi e liberare tutti i condannati per motivi politici”.
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