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Elezioni russe tra superarmi e tagli sociali

Nel prossimo futuro gli aerei militari russi saranno armati con laser. Dmitrij Jurov scrive su news-front che i tecnici sovietici avevano cominciato a studiare tale possibilità all'inizio degli anni '60, ma non erano riusciti a venire a capo di problemi quali la fonte di energia e l'adattamento dell'arma a un mezzo aereo o orbitante. Lo studio non è però mai stato abbandonato; nel 1984 era stato sperimentato – non su un velivolo, ma a bordo di un vascello – il sistema laser “Akvilon” contro gli apparati ottico-elettronici. I difetti riscontrati consistevano nella lunga preparazione al tiro e la poca efficacia. Il successivo tentativo sperimentale aveva dimostrato che l'autonomia dell'arma era limitata a due soli tiri. Le ricerche non erano andate oltre e con la crisi in cui il putsch eltsiniano aveva gettato il paese, si erano interrotte del tutto. Qualcuno aveva addirittura ventilato che le apparecchiature fossero state vendute agli Stati Uniti e sebbene Washington non abbia mai confermato la cosa, si sa della sperimentazione USA di un cannone elettromagnetico, da installare a bordo dei nuovi cacciatorpediniere “Zumwalt” a tecnologia stealth.

Con la ripresa delle ricerche sull'impiego del laser nella guerra aerea e orbitale, si era ricorsi a un velivolo capiente, in grado di trasportare sia il laser A-60 che la sua fonte energetica: l'aereo da trasporto Il-76MD, un quadrigetto multiruolo capace di un carico di 52 tonnellate, con la fusoliera equipaggiata di turbo-generatori. Nel 1987, scrive Jurov, con i sogni gorbacioviani di amicizia con l'America e la sua voglia di bacchettare i militari, fu praticamente gettato alle ortiche lo "Skif-D", un laser messo in orbita col razzo "Energija" e poi bruciato al rientro negli strati densi dell'atmosfera. Le ricerche vanno avanti; secondo Jurov, se è ancora presto per l'utilizzo del laser nell'intercettamento di missili balistici intercontinentali, i possibili obiettivi del laser aereo sono i droni, per privare il nemico dell'intera sua ricognizione: già oggi è possibile creare un laser in grado di intercettare bersagli aerei a grande distanza, contrastare i complessi ottici, oppure mettere fuori uso i satelliti nemici. Forse tra 5 o 10 anni, se si risolverà il problema della fonte di alimentazione, si potrà iniziare la costruzione di un velivolo dotato di un completo sistema laser.

Nel frattempo, scrive Vladimir Tučkov sempre su news-front, al salone moscovita “Armija-2016”, è stata presentata la superbomba che “colpisce solo i nemici ed evita i nostri”. Una bomba a grappolo planante 500U “Trapano”, priva di motore, lunga 3 metri, per 45 cm di diametro e un peso di 540 kg, in grado di colpire un obiettivo a oltre 30 km, guidata dal “Glonass” (sistema Globale di navigazione satellitare), realizzata con tecnologia stealth invisibile ai radar, che a 250 metri di quota sopra l'obiettivo sgancia 15 submunizioni. Gli elementi esplosivi al suo interno sono dotati di testata autodirezionale che agisce seguendo le fonti di calore o la radiolocalizzazione. “Trapano” sembra destinata ai caccia di quinta generazione T-50, unita ai razzi a lunga gittata X-101-102 che coprono fino a 5.500 km. In realtà non si tratta di una bomba a grappolo che, al pari di quelle usate dagli USA in Afghanistan e Jugoslavia, violerebbe le convenzioni internazionali che consentono l'uso di tale tipo di bombe in due casi: primo, se in esse sono contenuti meno di 10 elementi esplosivi, ciascuno di peso superiore a 4 kg e dotato di meccanismi elettronici di autodistruzione; secondo, se la bomba contiene elementi di peso superiore a 20 kg. I 15 elementi della “Trapano” avrebbero un peso superiore ai 20 kg; ma, soprattutto, lanciata sul campo di scontro tra mezzi corazzati, le submunizioni sarebbero così “intelligenti” da distinguere i nemici dagli amici, con un'unica bomba in grado di distruggere da 6 a 10 unità corazzate nemiche.

Non è finita. Da alcune decine di anni, in risposta ai prototipi USA di bombardieri cosmici senza pilota X-37B, a Mosca si studia un modello di bombardiere strategico supersonico in grado di portare attacchi dal cosmo. E poi ci sono altre armi “convenzionali”, tra quelle che The National Interest “invidia” alla Russia: il trasporto truppe blindato cingolato T-15, con il motore da 1.500 cavalli posizionato anteriormente che costituisce una solida corazza aggiuntiva a difesa dell'equipaggio; l'elicottero da attacco Ka-52 “Alligator”, recentemente modificato; il complesso missilistico tattico 9K720 “Iskander-M”, con una portata di 600 km, guidato dal sistema Glonass e GPS. Soprattutto, c'è il carro T-14, a tecnologia stealth, non individuabile dai proiettili nemici; ha un prezzo di 3,7 milioni di $ e il Ministero della difesa ha già firmato un contratto per le prime cento unità e, in prospettiva, mille esemplari.

Ma Andrej Polunin, su Svobodnaja Pressa, ipotizza che, per far quadrare il bilancio federale, quelle militari siano le prime voci a poter subire dei tagli, dato che, in vista delle elezioni parlamentari e, successivamente, presidenziali, è impossibile toccare quelle sociali: “gli elettori potrebbero non capire”, scrive Polunin con invidiabile acume! Dunque, per il budget triennale 2017-2019, il Ministero delle finanze chiede una riduzione del 6% delle spese militari. Con una spesa di 3,157 trilioni di rubli nel 2016 (55 miliardi di $), il prossimo anno andranno alla difesa circa 190 miliardi di rubli in meno. Se il Governo approverà il piano ministeriale, potrebbero subire tagli fino al 2025 i programmi per la difesa (ma non sarebbe in discussione la nuova 150° Divisione da schierare nella Regione sudoccidentale), che già nel 2015 avevano subito una riduzione del 3,8% e del 5% nel 2016. D'altronde, secondo il Ministero delle finanze, senza tali tagli, il deficit di bilancio 2016 supererebbe del 4% il PIL, mentre l'obiettivo fissato era del 3,3%.

Ci sarebbero anche altre ipotesi per ridurlo, come ad esempio non tenere impegnati nelle obbligazioni statali USA i ricavi (e sono diverse decine di miliardi di $) dalle esportazioni energetiche. Tale variante è ben vista da coloro – non ultimo il PCFR – che ricordano come lo sviluppo del complesso militare-industriale porti all'economia russa non pochi risultati, con oltre 15 miliardi di $ annuali dall'export. Secondo Polunin, sarebbe l'ala del governo più “liberal”, orientata a occidente e che simpatizza con l'ex Ministro delle finanze Aleksej Kudrin, a insistere maggiormente per i tagli alla difesa e c'è addirittura chi ipotizza che tale variante sia stata suggerita da Washington. In realtà, a dispetto dell'acume di Polunin, le voci “sociali” del bilancio subiscono forti tagli.

Proprio i settori liberal del governo sono quelli che chiedono da tempo l'innalzamento dell'età pensionabile, che propongono a insegnanti e operatori culturali di cambiare mestiere, se i bassissimi stipendi sembrano loro insufficienti a campare; sono quelli che “denunciano” i miliardi di rubli di salari (al 1 agosto erano 3,5 miliardi) non pagati da mesi ai lavoratori, ma non fanno nulla per rimediare alla situazione, tanto che ad agosto la petizione per le dimissioni del premier Dmitrij Medvedev aveva raccolto 200mila firme in quattro giorni. Sono loro che riducono sempre più sanità e istruzione pubbliche e le “razionalizzano”, chiudendo scuole e ospedali di provincia, che prospettano una riduzione del 15% sugli assegni di maternità, che rifiutano di indicizzare le pensioni ai pensionati che arrotondano con qualche lavoretto, o che non prendono provvedimenti se intere regioni dispongono di fondi per i cosiddetti “lavoratori del budget” (impiegati statali o municipali di istruzione, sanità, cultura, sociale, il cui il salario esce dai bilanci federali, regionali o locali) solo fino a ottobre; se migliaia di lavoratori di imprese private vedono l'azienda madre ridotta alla bancarotta (secondo Rot Front, 1.150 imprese hanno dichiarato bancarotta solo a luglio) dalla direzione e loro stessi dirottati in imprese figlie con contratti temporanei, condizioni di lavoro peggiorate e salari immiseriti. Sono i “liberal”, che non sembrano in grado di sollevare il paese da una situazione in cui, secondo le stime del PCFR, sette persone su dieci hanno un salario di 15.000 rubli al mese, mentre le statistiche ministeriali parlano di stipendi medi di 33-35mila rubli, di circa 99mila rubli per i funzionari federali e di oltre 500mila rubli per i 450 deputati della Duma (alcuni deputati dichiarano redditi annuali di 800-900 milioni di rubli, oltre a proprietà immobiliari in Russia e non solo). E' sufficiente dare una sola occhiata ai siti delle varie organizzazioni comuniste russe, per trovarvi una serie continua e drammatica di simili esempi.

E' in tale situazione che domenica la Russia va alle urne per eleggere la nuova Duma federale e varie assemblee legislative locali. In un'atmosfera all'apparenza tutt'altro che infuocata e con sondaggi che indicano una voglia di partecipazione non proprio entusiasmante, le ultime rilevazioni (11 settembre) dell'ufficiale VTsIOM danno come stravittorioso il partito presidenziale Russia Unita (passato da una previsione del 45% a giugno, del 39% una settimana fa, all'attuale 41%). Distanziato di molto il LDPR di Vladimir Žirinovskij (12,6%); il PCFR sceso dal 9,8% di luglio all'attuale 7,4%. Seguono Russia Giusta (6,3%); il Partito dei pensionati, balzato dallo 0,6% di giugno al 2,4%; Patria 1,1%; i liberali di Jabloko 1,1% e quelli di Parnas 0,8%; i Comunisti di Russia 0,6%, al pari dei Verdi, anch'essi 0,6%. Intenzioni di voto con percentuali al di sotto del 1% vanno al partito degli imprenditori, Crescita, ai Patrioti di Russia e a Piattaforma civile. Poche sorprese sono dunque attese rispetto alla composizione attuale della Duma (238 deputati per Russia Unita; 92 per il PCFR; 64 Russia Giusta; 56 LDPR) salvo forse il probabile secondo posto del LDPR e una bassa affluenza, tanto che il leader del PCFR, Ghennadij Zjuganov, ha impostato le ultime battute della campagna elettorale sullo slogan “Solo una grande affluenza può correggere la situazione”.

Non pare mutata di molto la situazione indicata dai sondaggi di inizio campagna elettorale, allorché il 34% degli intervistati aveva detto di non interessarsi particolarmente all'attività della Duma e il 23% di non interessarsene affatto.

 

Fabrizio Poggi

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