Se serve tempo, il Pd (e Sel, attraverso Stefàno) è disposto a concederne. La rabbia di Berlusconi e dei suoi manovali ha prodotto il risultato minimo: evitare che la Giunta per le elezioni del Senato arrivasse al voto sulle tre “pregiudiziali” partorite dalla mente del fedelissimo relatore, l’ex missino Andrea Augello. Un voto che avrebbe significato la sconfessione del relatore stesso e aperto la minacciata crisi di governo.
La miccia era stata accesa dallo stesso Augello, che invece di presentare una relazione e una proposta conclusiva – decadenza o conferma del Cavaliere – si era inventato le “pregiudiziali”. Una prassi mai adottata dai relatori incaricati di presentare il caso alla Giunta e che quindi innescava una risposta altrettanto “senza precedenti”.
Ieri sera tutto è rientrato “nella norma”. Augello ha derubricato le “pregiudiziali” a “questioni preliminari”, inserendole quindi in una più consueta relazione che, ci mancherebbe, si conclude con la richiesta di “confermare” Berlusconi come senatore della Repubblica.
Come immediatamente registrato da tutti gli osservatori, ora il percorso si allunga un pochino. Giovedì (domani) alle 15 comincia la “discussione generale” sulla relazione, in cui ognuno dei 23 senatori membri potrà parlare per 20 minuti (totale: 460 minuti “puliti”, senza contare le pause o le interruzioni o gli svenimenti; quindi quasi 8 ore che sicuramente saranno diluite su più di una giornata). In più, ogni gruppo parlamentare avrà altri 60 minuti per illustrare la propria posizione (quindi un’ora per i berlusconiani, i montiani, i leghisti, il Pd, Sel, i grillini, eventuali “sottogruppi” che dovessero nascere nottetempo).
Insomma, qualche giorno di tempo per vedere se ci sono altre possibilità per non far ammainare le vele al vascello pirata popolato ormai solo da pitonesse e maggiordomi.
E’ il “salvacondotto” che mette al riparo Berlusconi dalla “galera” (in realtà, secondo la legge, non ci può andare perché ultra-settantenne e con un “residuo pena” – dopo l’indulto – di un solo anno), apre la strada della possibile “grazia” e gli permette di mantenere al riparo dalla rovina le proprie aziende. Ma non può restituirgli la desiderata “agibilità politica”, perché “l’interdizione dai pubblici uffici” che gli sarà confermata il 19 ottobre dalla Corte d’Appello di Milano e l’incandidabilità prevista dalla “legge Severino” non possono essere annullate neanche dalla più estensiva delle “grazie presidenziali”.
Il tono di quasi tutti gli editoriali “moderati” (dal Corriere alla Stampa, al Sole24Ore) sono proprio di questo tenore: “Silvio, prenditi questo salvacondotto e togliti dai piedi, che abbiamo problemi più gravi”.
Questo “compromesso” niente affatto onorevole fa scomparire di nuovo le nuvole sul governo, le minacce di elezioni anticipate, le fibrillazioni dei peones in cerca di riconferma. Era del resto una minaccia per modo di dire. È risaputo che questo paese è sotto un “dominio pieno e incontrollato” della Troika, al punto che ogni volta Mario Draghi è costretto a ricordare l’esistenza di un “pilota automatico” che non tiene in nessun conto “la politica interna” e le sue incomprensibili (per “gli europei”) giravolte.
Anche voi, non eccitatevi per queste sceneggiate. Non seguite i patemi o le ossessioni di Repubblica (e del Fatto). La partita che si sta giocando avviene su altri tavoli, su altri programmi, con altri obiettivi. Fatevi i conti in tasca, e vedrete che avete ben altro di cui preoccuparvi.
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