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Shimon Peres. E’ stato davvero una “colomba”?

Si è spento la scorsa notte, all’età di 93 anni, in un ospedale di Tel Aviv, Shimon Peres, ex presidente di Israele e uno degli uomini politici israeliani più noti nel mondo. Colpito da una grave emorragia cerebrale il 13 settembre, Peres non si era più ripreso. Ieri le sue condizioni si sono improvvisamente aggravate ed è morto poco dopo le 2. Ai suoi funerali, previsti venerdì, parteciperanno capo di stato e di governo di tutto il mondo, tra i quali il presidente americano uscente Barack Obama.

Il nome di Shimon Peres resterà legato soprattutto agli Accordi di Oslo del 1993 tra israeliani e palestinesi di cui fu l’artefice con Yitzhak Rabin e Yasser Arafat e che gli valsero il premio Nobel per la pace nel 1994. Accordi che crearono l’illusione di una conclusione negoziata del conflitto israelo-palestinese, sulla base del principio “due popoli, due Stati”, e che dopo il loro fallimento si sono rivelati una prigione per i palestinesi e le loro aspirazioni.

Per molti, specie in Occidente, Shimon Peres è stato il politico israeliano che più di altri ha insistito sul dialogo con palestinesi e arabi e cercato la pace. In realtà Peres era soprattutto un abile oratore, convinto che accordi di pace fondati su concessioni minime da parte israeliana avrebbero permesso allo Stato ebraico di ottenere enormi vantaggi, a cominciare dal riconoscimento definitivo dei palestinesi e della maggioranza dei Paesi arabi. La sua immagine di pacifista non poche volte è servita a coprire, presso l’opinione pubblica internazionale e i governi alleati, la reale portata di devastanti operazioni militari nei Territori palestinesi occupati, a cominciare da quelle contro Gaza.

“Colomba” peraltro Peres lo era diventato solo verso i 50 anni di età. Nato in Polonia nel 1923, immigrato con la famiglia a Tel Aviv e cresciuto nei kibbutz, Peres già da giovanissimo entrò in contatto con i massimi leader del movimento laburista come il “fondatore di Israele” David Ben Gurion, mettendosi in luce come un “falco” e non come una “colomba”. Ebbe le brevi esperienze militari ma ciò non gli impedì di avere importanti incarichi in questo settore. Nominato direttore generale del Ministro della Difesa nel 1953, svolse un ruolo decisivo nell’acquisto di armi sofisticate per Israele e nello sviluppo del programma nucleare nazionale. E’ stato, grazie all’aiuto della Francia, “il padre” della bomba atomica israeliana (Tel Aviv continua a non ammettere di possedere ordigni nucleari).

Eletto alla Knesset nel 1959  e nominato per la prima volta ministro dieci anni dopo, Peres cominciò a manifestare una predisposizione  al compromesso con nemici e avversari a partire dalla fine anni 70. In precedenza aveva manifestato simpatia persino per la colonizzazione dei Territori occupati, anche allo scopo di mettere in difficoltà il premier e suo storico rivale nel partito laburista, Yitzhak Rabin.

Per brevi periodi primo ministro, Peres dalle elezioni ha quasi sempre ricevuto cocenti delusioni, anche per quella sua retorica pacifista che poco convinceva gli elettori israeliani poco inclini al compromesso con gli arabi. Due sue bocciature alle elezioni hanno aperto la strada del potere alla destra. Nel 1977 al governo guidato da Menachem Begin e nel 1996, poco mesi dopo l’assassinio di Rabin, al primo governo di Benyamin Netanyahu. Proprio nel tentativo (fallito) di sbaragliare Netanyahu e di conquistare consensi a destra, Peres non esitò a lanciare, nella primavera del 1996, una vasta offensiva militare nel Libano nel sud – ufficialmente contro i guerriglieri sciiti di Hezbollah – culminata il 18 aprile di quell’anno nel Massacro di Qana, quando fu bombardata – “per errore” secondo la versione ufficiale israeliana – una base delle Nazioni Unite in cui si erano rifugiati circa 800 civili. Razzi e bombe uccisero almeno 102 persone, tra le quali donne e bambini.

Peres è stato soprattutto un ministro degli esteri di successo all’estero, dove ha goduto per decenni di forte stima oltre i suoi meriti effettivi e i risultati politici conseguiti. Dopo il fallimento totale degli accordi di Oslo nel 2000 e lo scoppio della seconda Intifada, ha comunque tenuto i contatti con i palestinesi. Nel 2005 ha appoggiato il ritiro di soldati e coloni israeliani da Gaza e lasciato il partito laburista per entrare nella formazione centrista Kadima, fondata da Ariel Sharon (uscito a sua volta dal Likud).

Infine la nomina nel 2007 a capo dello stato che lo ha riconciliato con quella parte di Israele, piuttosto ampia, che non lo aveva mai stimato. Lasciata la presidenza nel 2014, Peres ha continuato a fare politica fino all’ultimo.

Per i palestinesi, in particolare le persone comuni, Peres è stato più dannoso della destra, in ragione, spiegano, della sua immagine di pacifista servita a mascherare all’estero il vero volto intransigente di Israele.

da Nena News

 

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