Il presidente filippino Rodrigo Duterte in visita in Cina ha annunciato ufficialmente il "divorzio" dagli Stati Uniti, tradizionali alleati e tutori di Manila. "Annuncio il mio divorzio dagli Usa", ha dichiarato tra gli applausi nel corso di un incontro a Pechino, dove Duterte è arrivato con una maxidelegazione di 400 imprenditori in cerca di contratti miliardari e di nuovi alleati.
L'annuncio, ventilato già ieri, è arrivato dopo l'incontro con il presidente cinese Xi Jinping nella Grande Sala del popolo a Piazza Tiananmen in cui entrambi hanno sottolineato un clima di reciproca fiducia e amicizia e hanno minimizzato la disputa territoriale sul Mar cinese meridionale, su cui Manila ha ottenuto una vittoria importante nel luglio scorso, che però afferma ora di non volere sfruttare. In un comunicato del ministero degli Esteri si riporta che Xi ha sottolineato che alcuni elementi di tensione tra i due paesi "dovrebbero essere temporaneamente accantonati". Una allusione, neanche troppo velata, alla disputa sulle isole Spratly e sulle installazioni militari di Pechino su questi piccoli pezzi di terra emersa, su cui secondo la Corte per l'arbitrato internazionale dell'Onu, Pechino non ha diritti storici.
Sulla questione dell'invasione della zona economica esclusiva filippina, avvenuta da parte della Cina nel 2012 e in seguito alla quale Manila aveva presentato la sua denuncia all'Onu, Duterte non ha preteso alcunché da Pechino. Il ministero degli Esteri ha reso noto che a proposito della questione Mar della Cina meridionale i due leader "hanno avuto uno scambio amichevole e franco su come risolvere dispute di rilievo" e l'incontro rappresenta "il ritorno sulla strada giusta di dialogo e consultazioni" e inoltre la Cina è pronta a "concludere accordi importanti" per cooperare nel settore della pesca.
Xi ha definito Cina e Filippine due Paesi "vicini di casa attraverso il mare" che "non hanno ragione" di avere un atteggiamento "ostile o di confronto". I due leader hanno intrattenuto colloqui "ampi" e "amichevoli", recita il comunicato ufficiale diffuso alla fine del meeting, ed hanno supervisionato la firma di 13 accordi bilaterali su business, infrastrutture e agricoltura, esattamente l'obiettivo che il populista Duterte si era prefissato alla vigilia del vertice.
Per Duterte l'incontro con Xi è stato "storico". Un atteggiamento, quello del presidente filippino, che fa il paio con le dichiarazioni offensive e al vetriolo riservate ormai da settimane, invece, al presidente degli Stati Uniti Barack Obama. "Stai nel mio Paese per tuo interesse. E' tempo di dirci addio, amico mio", ha dichiarato Duterte davanti alla comunità filippina rivolgendosi agli Usa e ripetendo poi l'offesa a Obama, definito nei giorni scorsi "figlio di puttana". "L'America adesso ha perso", ha detto Duterte al leader cinese, e poi ha aggiunto: "Mi sono riallineato al vostro flusso ideologico e probabilmente adesso andrò anche da Putin a dirgli che ora siamo noi tre contro il mondo: la Russia, la Cina e le Filippine. Non c'è altro modo".
Un vero e proprio strappo, nell'aria da tempo, anche se il ministro del Commercio di Manila, Ramon Lopez, si è sbrigato a chiarire che il divorzio dagli Usa "non riguarda quanto è in piedi a livello di commerci e investimenti".
Duterte ha confermato quanto espresso già nei fatti con la sospensione dei pattugliamenti congiunti tra Usa e Filippine nel Mar della Cina meridionale e la minaccia di interrompere anche le esercitazioni in quell'area, vitale e strategica per Washington. Obama negli ultimi anni, proprio in funzione anticinese, ha aumentato la propria presenza militare nei mari dell’estremo oriente ed ha tentato di coinvolgere il più possibile tutti i paesi dell’area in uno schieramento anti Pechino che però ora sembra vacillare di fronte al voltafaccia di Manila.
La Cina è "buona" e "non ha mai invaso neanche un pezzetto del mio Paese in tutti questi anni", ha dichiarato Duterte, battendo ancora sulla natura dell'alleanza con gli Usa a cui ha detto stop dopo decenni.
Duterte è arrivato al potere a giugno stravincendo le elezioni dopo una campagna in cui ha promesso di riportare l’ordine nel paese a qualsiasi costo ed ha avviato una violenta campagna antidroga, costata finora migliaia di vittime tra trafficanti, spacciatori e tossicodipendenti, in alcuni casi eliminati dalle forze di sicurezza attraverso esecuzioni extragiudiziali.
Marco Santopadre
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