Il voto parlamentare sull’accordo finale riguardo la Brexit è stato salutato come una “vittoria” dai parlamentari pro UE. (Rob Merick, The Independent, 20 Ottobre 2016; traduzione e cura di Francesco Spataro).
Il Parlamento ha il diritto di rifiutare l’accordo finale sulla Brexit, viene indicato per la prima volta dal n°10 di Downing Street e, se prendiamo in considerazione questa eventualità, l’uscita britannica dall’UE potrebbe ancora essere arrestata. Dalla sede del premier Theresa May si concorda sul fatto che è “molto probabile” che ai membri del Parlamento ed ai Pari (titolo nobiliare inglese; dal 1999 compongono la House of Lords) venga concesso il voto, una volta che siano terminati i negoziati per il ritiro; questa la decisione del governo, dopo che la questione era stata sollevata presso l'Alta Corte.
La dichiarazione, dopo che il Primo Ministro aveva ripetutamente rifiutato di cedere terreno alle richieste del Parlamento di poter dire la sua sulla Brexit, ha innescato immediatamente un furioso dibattito sulle possibili conseguenze.
Un parlamentare conservatore pro-UE ne ha parlato come di “una vittoria per tutti quelli che credono nel diritto del Parlamento di rappresentare gli interessi dei nostri costituenti”. La prospettiva che il Parlamento eserciti un qualche controllo sull’esito finale, ha causato immediatamente un rialzo della sterlina sul dollaro nei mercati finanziari. Un’evoluzione c’è stata il terzo giorno della battaglia legale contro il rifiuto disgiunto del Governo, per dare possibilità di voto al Parlamento, prima che venga invocato l’articolo 50.*
James Eadie, QC (consigliere legale della Regina), ha dichiarato all’Alta Corte che il Parlamento potrebbe ratificare qualsiasi pacchetto negoziato da Bruxelles – consigliando così al portavoce di Theresa May di dichiarare che tutto ciò è stata una “riflessione accurata” sull’interpretazione della legge da parte del Governo.
In ultima analisi, si prospetta che i membri del Parlamento ed i Pari potrebbero emendare l’accordo sulla Brexit se opponessero elementi chiave riguardo l’impatto di questa su commercio, immigrazione ed altri settori. Ma a causa di tutto ciò potrebbe anche succedere che la Gran Bretagna esca dall’ UE – verosimilmente nella prima parte del 2019 – addirittura senza alcun accordo.
Mr. Carmichael, sostenitore della campagna “Open Britain” (gruppo lobbystico pro UE), che vede di buon occhio appoggi economici ancora più stringenti con l’Unione Europea, ha affermato che andare al voto nei prossimi due anni non sostituirebbe l’accettazione delle condizioni per iniziare l’uscita: “E’ un segno incoraggiante che il Governo sia d’accordo a dare la parola al Parlamento sulle condizioni finali della Brexit. Non si può negare un ruolo al Parlamento prima della fine dei negoziati. Per il Governo, il modo migliore per iniziare sarebbe impegnarsi in un dibattito ed in un voto alla Camera dei Comuni (o Camera bassa), che rappresenti i principi del Governo per gli imminenti negoziati, prima che applichino l’articolo 50.”
Per Tom Brake, portavoce degli Affari Esteri per il partito dei Liberal Democratici, la decisione finale, se approvare un accordo sulla Brexit, dovrebbe passare per una consultazione pubblica – praticamente, un secondo referendum.
“Si dice che se ne sta facendo un caso di giustizia, per costringere il Governo ad ammettere che alla fine darà al Parlamento la possibilità dell’ ultima parola sull’ accordo riguardo la Brexit. I Liberal-democratici combatteranno fino all’ultimo per sincerarsi che sia data al popolo britannico la possibilità di esprimersi, sull’accordo finale, come di diritto.”
Il Governo ha molto insistito sulla quasi impossibilità di poter frenare sul ritiro dalla UE, dopo che verrà dato l’avvio all’articolo 50 all’ inizio del prossimo anno. Alcuni legali di grido hanno dimostrato che nell’articolo 50 non c’è nulla che impedisca al Regno Unito di ritirare la dichiarazione che intende lasciare l’ Unione Europea, se sceglie di farlo. La stessa eventualità che di recente ha sollevato Donald Tusk, Presidente del Consiglio Europeo, che ha ricordato che la Gran Bretagna potrebbe “valutare se la Brexit è realmente nel proprio interesse” anche in un secondo momento.
Gina Miller, donna d’affari londinese, è alla guida della battaglia improntata dall’Alta Corte, che rivendica per i parlamentari la possibilità di votare prima che venga invocato l’articolo 50. I legali del Governo di contro si oppongono, usando i poteri delle “Royal Prerogatives” (un corpus di autorità, immunità e privilegi riconosciuto come legge ordinaria), ponendo l‘accento sul fatto che il Primo Ministro è legalmente autorizzato ad andare avanti con il processo formale, stabilito per marzo prossimo.
Il procuratore generale Jeremy Wright in tribunale ha cercato di dimostrare che la battaglia della corte è un tentativo di “invalidare” la decisione popolare di troncare con la UE. I tre giudici più anziani – il Giudice Capo, Lord Thomas di Cwmgiedd, il Master of the rolls (custode della Cancelleria), Sir Terence Etherton e Lord Justice Sales (Giudice di Corte d’Appello) – stanno valutando il caso, che di sicuro finirà nelle mani della Corte Suprema.
Durante l’audizione, Mr. Eadie ha dichiarato che molto probabilmente lo scrutinio parlamentare potrebbe includere la ratifica di qualsiasi altro nuovo trattato raggiunto con la UE, durante il procedimento per invocare l’articolo 50.
Ha riferito all’Alta Corte: “Al momento, è opinione del Governo che molto, molto probabilmente qualsiasi tipo di accordo sia soggetto a ratifica.”
David Davis, Segretario per la Brexit, aveva già riconosciuto in precedenza che era necessaria l’approvazione parlamentare – quando diffidò la Camera dei Lord dal tentativo di far naufragare la Brexit – ma Ms. May in quel caso era rimasta in silenzio.
Keith Starmer, consigliere legale per il Parlamento e Segretario ombra dello Stato per l’uscita dalla UE (il corrispettivo del ministro, nell'opposizione), ha dichiarato: “la House of Commons (Casa dei Comuni) deve essere coinvolta in questo processo, dall’ inizio alla fine; le questioni di cui si parla sono semplicemente troppo importanti perché la House of Commons (Casa dei Comuni) venga tenuta a bordocampo fino alla fine.
Un voto così tardivo metterebbe i parlamentari tra l’incudine ed il martello. Ci chiederebbero di scegliere tra un accordo costruito solo in base a termini (esclusivamente) del governo o lasciare l’Unione Europea senza neanche uno straccio di accordo. “E questa per noi è una posizione inaccettabile.”
* L’articolo 50 dice che ogni stato membro può decidere di ritirarsi dall’Unione europea conformemente alle sue norme costituzionali. Se decide di farlo, deve informare il Consiglio europeo della sua intenzione e negoziare un accordo sul suo ritiro, stabilendo le basi giuridiche per un futuro rapporto con l’Unione europea. L’accordo deve essere approvato da una maggioranza qualificata degli stati membri e deve avere il consenso del parlamento europeo. I negoziatori hanno due anni a disposizione dalla data in cui viene chiesta l’applicazione dell’articolo 50 per concludere un accordo, ma questo termine può essere esteso. Se in un momento successivo lo stato che ha lasciato l’Unione vuole rientrarvi deve ricominciare le procedure di ammissione. Nessuno stato ha mai invocato finora l’articolo 50, il Regno Unito sarà il primo.
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