Menu

In Irlanda si comincia a discutere di Irexit

Ha cominciato qualche settimana fa Wolfgang Munchau, rispettato editorialista tedesco del Financial Times: “l’Irlanda potrebbe trovarsi a considerare l’ipotesi di lasciare l’Unione Europea”. Secondo Munchau nell’eventualità che l’uscita dall’UE della Gran Bretagna si verifichi, la posizione dell’Irlanda si farebbe difficilmente sostenibile. La Gran Bretagna è stata infatti sovente alleata alla Repubblica d’Irlanda nel difendere l’autonomia fiscale degli stati, autonomia che ora l’Irlanda vede minacciata a seguito del pronunciamento della Commissione Europea sui 13 miliardi di euro di tasse non pagate da Apple proprio grazie alle leggi tributarie irlandesi. Con il pronunciamento su Apple ad essere messo in discussione è stato l’intero modello di sviluppo irlandese, in cui l’Irlanda si configura come piattaforma degli investimenti statunitensi in Europa, grazie soprattutto al suo status di semi-paradiso fiscale. E così, scrive Munchau, “forse la confluenza della Brexit e la fine di lungo periodo del modello di sviluppo [irlandese] potrebbero convincere l’Irlanda a seguire il Regno Unito fuori dall’UE”.

Ma quella di Munchau non è l’unica voce a discutere della possibilità di una Irexit. Varie formazioni della sinistra irlandese stanno infatti prendendo da tempo posizione sulla rottura dell’UE. Il Partito Socialista e il Partito Socialista dei Lavoratori, che insieme compongono la coalizione di sinistra Anti-Austerity Alliance – People Pefore Profit (che conta 6 deputati nel parlamento di Dublino), hanno preso una posizione a favore della rottura con l’Unione Europea nell’eventualità di un referendum. Secondo Paul Murphy, deputato del Partito Socialista, “l’UE ha supportato le politiche di austerità e il neoliberismo, e governi di destra che non agiscono a favore della gente”. Murphy sostiene anche che sarebbe impossibile portare avanti le politiche sostenute dalla coalizione anti-austerity all’interno della cornice imposta dall’UE. Nel corso del dibattito irlandese sulla Brexit anche il Workers’ Party (organizzazione derivante dall’Official Sinn Fein, operante sia nella Repubblica d’Irlanda che nelle contee sotto occupazione britannica) e il Partito Comunista d’Irlanda si erano schierati a favore dell’uscita dall’UE. Anche fra i sindacati irlandesi cominciano ad alzarsi le prime voci a favore dell’Irexit: Frank Keoghan, presidente dell’importante Technical, Engineering and Electrical Union, ha recentemente messo in discussione la permanenza dell’Irlanda nell’Unione Europea.

Contrario all’uscita rimane invece il Sinn Fein, che pure aveva fatto campagna contro l’adozione di vari trattati europei come il Fiscal Compact. Il deputato Matt Carthy, pur riconoscendo la natura fondamentalmente anti-democratica delle istituzioni europee ha auspicato una riforma radicale dell’UE e non una sua rottura. Parole che fanno seguito a varie dichiarazioni in tal senso pronunciate da Gerry Adams, storico leader del partito.

L’eventualità di un referendum sulla permanenza nell’UE della Repubblica d’Irlanda rimane ad oggi remota, e molto dipenderà da se e come si concretizzerà l’uscita del vicino Regno Unito (e quindi dell’Irlanda del Nord). È interessante comunque rilevare l’inizio di un dibattito, specie a sinistra, sulla natura dell’UE e le sue conseguenze. 

 

Panofsky

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *