“Difendere il voto delle persone nel Nord Irlanda [contro il Brexit]” e quanto all’unificazione fra Nord e Sud Irlanda “siamo disponibili a vagliare alternative al di là di un’Irlanda unita”. Parole e musica di Gerry Adams, storico leader del partito repubblicano irlandese Sinn Féin, formazione che guida sin dagli anni ’80.
Avevamo già raccontato della presa di posizione del Sinn Féin (che ha rappresentanti eletti nei parlamenti sia del nord che del sud Irlanda) contro la Brexit e la rottura con l’Unione Europea in occasione del referendum britannico. Se allora si poteva pensare ad una scelta tattica, le nuove affermazioni di Adams sembrano segnare l’ennesima svolta del partito verso un crescente moderatismo.
Da un lato Adams si è infatti detto d’accordo con il premier della Repubblica d’Irlanda, il conservatore Enda Kenny, sulla necessità di esercitare pressioni sul governo britannico per fare rispettare il voto contrario alla Brexit espresso dalla maggioranza degli abitanti del Nord d’Irlanda (dove il 55% dei votanti ha scelto il “remain” anche se con grandi differenze tra le aree a maggioranza repubblicana e quelle a maggioranza unionista).
Questo ulteriore passaggio sembra mettere la parola fine al tradizionale euroscetticismo dello Sinn Féin, che pure aveva fatto campagna contro tutti i referendum sui trattati europei tenutisi nella Repubblica d’Irlanda fino ad ora.
Dall’altro ha fatto una decisa retromarcia circa l’unificazione fra Nord e Sud Irlanda, lo storico obiettivo del suo partito. Subito dopo il voto a favore del Brexit vari esponenti del Sinn Fein avevano argomentato a favore del processo di unificazione, auspicandosi un’Irlanda unita e dentro l’Unione Europea. Adesso Adams sembra voler prendere tempo perfino sull’unificazione, dichiarandosi disponibile a vagliare altre alternative rispetto alla soluzione di uno stato unico.
Questa presa di posizione di Adams dovrebbe far riflettere. Come ricorda Daniel Finn, in un articolo pubblicato sulla rivista Jacobin nel centenario della sollevazione irlandese del 1916 (in cui un’insurrezione armata provò ad ottenere l’indipendenza dalla Gran Bretagna), il Sinn Fein ha sempre anteposto gli obiettivi nazionali a quelli socialisti, tant’è che si è ritrovato a governare nel Nord Irlanda in una coalizione con spiccati obiettivi neoliberali insieme al Democratic Unionist Party, formazione moderata del fronte unionista.
Nella parole di un attivista del partito “il socialismo del Sinn Fèin, relegato ad un punto futuro nel percorso di lotta, sarà sempre sottosviluppato, poiché i fini più immediati nella lotta nazionale hanno preso la precedenza”. Ma se adesso anche l’obiettivo dell’unificazione nazionale viene messo da parte, che cosa rimarrà dello storico movimento irlandese?
Come dice lo stesso Finn in conclusione del suo articolo “chiunque voglia vedere l’Irlanda prendere parte alla lotta contro il ‘Berlin consensus’ dovrebbe essere saggio abbastanza dal non porre troppe speranze nello Sinn Féin”.
Panofsky
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