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Kiev: la popolazione del Donbass “geneticamente impura”

Se è lecito spendere una parola a suffragio dell'Ucraina del post-majdan, allora non si può fare a meno di ammettere che le cronache “intellettuali” golpiste non danno il tempo di annoiarsi. Dopo le esternazioni “spirituali del patriarca scissionista Filaret, secondo il quale la guerra nel sudest dell’Ucraina è la punizione divina scagliata contro i senzadio del Donbass; dopo la “scomunica” minacciata dal metropolita della diocesi Lutskaja e Volynskaja Mikhail Zinkevič, contro quei fedeli ucraini che osino pregare non “nella vostra lingua ucraina”, ma invece “nella lingua dell’occupante”; dopo le “rivelazioni” sulle scoperte geografiche, giuridiche, pittoriche dovute alla ingegnosità ucraina; ecco che ora il genio golpista si arricchisce di un'altra rivelazione, questa volta nel campo della genetica. Il (con rispetto parlando) “Ministro” della cultura di Kiev, l'attore tetral-cinematografico Evgenij Niščuk delizia il sapere universale sulla “inferiorità genetica” o “non completa purezza genetica” degli abitanti del Donbass. La “mancanza” sarebbe dovuta al fatto che parte della popolazione è “importata” e, come conseguenza, la cultura ucraina progredisce lentamente. “Se parliamo della genetica di zone quali Zaporože o il Donbass” ha detto il (vedi sopra) “Ministro”, “là non vi è genetica, sono zone di importazione. La stessa città di Čerkassy è per metà di importazione. Perché? Perché si aveva paura dello spirito di Ševčenko. Era il metodo sovietico” ha sentenziato il (di nuovo) “Ministro”, rispondendo a una domanda sulle ragioni della lenta diffusione della cultura ucraina nel Donbass. Il mondo ha appreso la nuova “scoperta” dalle onde del programma “Libertà di parola” (nel caso specifico, è il caso di dire: purtroppo!) del canale ICTV.

Forse anche per questo, a Kiev si studia così attentamente il metodo croato di pulizia etnica nella ex Republika Srpska Krajina, con le relative fasi dell'operazione “Tempesta”, con cui 150.000 soldati croati ebbero la meglio su 27.000 miliziani serbi e deportarono poi più di 250.000 civili serbi, distruggendo oltre 20.000 loro abitazioni.

Il paragone tra le mosse dei golpisti ucraini nei confronti del Donbass è fatto da Evgenij Krutikov, che su Vzgljad scrive di come l'ex consigliere presidenziale e attuale procuratore generale ucraino, l'elettrotecnico Jurij Lutsenko, inviti a studiare l'esperienza della “pacifica reintegrazione dei territori occupati” della Krajna e, allo scopo, abbia addirittura dato vita a una commissione mista croato-ucraina. Tutto, pur di non attuare nemmeno uno dei punti degli accordi di Minsk sulla soluzione pacifica della questione del Donbass; d'altronde, il comandante delle truppe di Zagabria che vent'anni fa guidò l'operazione “Tempesta” era un ucraino, il generale Zvonimir Červenko.

Già nel 2014 Lutsenko aveva suggerito, sull'esperienza croata, di utilizzare gli intervalli di cessate il fuoco per raccogliere le forze, grazie anche agli ingenti aiuti tedeschi e statunitensi, prima di sferrare un attacco su larga scala. Al netto di quanto ascritto a Milosevic, secondo cui egli avrebbe “scambiato” la Krajna con la fine delle sanzioni alla Serbia, sta di fatto che, in ogni caso, Zagabria, all'epoca, non aveva nemmeno bisogno di ricorrere agli schemi del “Ministro” ucraino Zinkevič e di dimostrare che i serbi erano persone di rango inferiore: l'appoggio occidentale era comunque assicurato.

Ma, in attesa di tale “pulizia” etnica golpista, qualcuno, al di là dei confini ucraini, sta iniziando artigianalmente a fare la sua parte. Nelle città polacche di confine, in cui vive anche una parte di ucraini, questi ultimi vengono sempre più spesso fatti oggetto di aggressioni. L'ultimo episodio è del 19 novembre scorso, a Rudnik nad Sanem, nel voivodato della Precarpazia, circa 180 km a nordovest dell'ucraina L'vov. Anche se i media polacchi e gli stessi ucraini aggrediti intendono smentire ogni ragione etnica, tali incidenti si stanno ripetendo con progressione preoccupante. Una settimana prima, una rissa gigantesca tra ucraini e polacchi era scoppiata a Częstochowa, nel voivodato della Slesia.

D'altronde, qualche comune discendenza “veteronazista”, al di qua e al di là della Vistola, non può non riflettersi negli odierni “complimenti” polacco-ucraini; c'est la vie. 

 

Fabrizio Poggi

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