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Gli USA e la ‘minaccia di aggressione’ russa

Secondo l'inglese Guardian, la Lituania si sta preparando a parare una “aggressione russa”. Il giornale torna sulla notizia dell'opuscolo con cui il governo sta istruendo la popolazione su come difendersi dal potente vicino. Una volta data per assodata la presenza dell'invasore sul suolo patrio, le istruzioni dicono di “lavorare peggio del normale”, in modo che il nemico abbia voglia di andarsene! Sembra siano già state diffuse tre ristampe del “manuale di sopravvivenza” e, stando al Guardian, se nella prima tiratura si raccomandava alle persone di non cadere nel panico per “le sparatorie di strada", già la seconda, dedicata ai giovani, è alleggerita da un "Allegro approccio a serie raccomandazioni" intercalato da fumetti. E se tra i diffusori della brochure si lamenta che i media lituani “sopravvalutino troppo la minaccia esistente”, le autorità appaiono preoccupate dalle “non chiare intenzioni” della Nato e dunque, pur sperando che i rapporti tra USA e Paesi baltici rimangano immutati, hanno deciso di “preparare la popolazione al peggio”.

Lunedì, alla vigilia della due giorni dei Ministri degli esteri della Nato, apertasi ieri a Bruxelles, il segretario generale Jens Stoltenberg ha dichiarato che “la Russia non può essere isolata; la Nato deve consolidare i suoi rapporti con Mosca”; pur tuttavia, ha affermato, il fondamento della sicurezza europea è il legame transatlantico tra UE e USA e il suo rafforzamento costituisce il tema principale della riunione della Nato. A ogni buon conto, pur se l'Alleanza atlantica, secondo Stoltenberg, auspica “l'attenuazione della retorica aggressiva nei confronti della Russia”, i Ministri degli esteri dei 28 paesi membri "firmeranno un pacchetto di 40 proposte concrete per contrastare le minacce ibride e informatiche e per la sicurezza in mare". Stoltenberg ha parlato anche della situazione tesa nel Donbass e, naturalmente senza specificare la responsabilità dell'Ucraina, cui “la Nato continua a dare un forte sostegno pratico e politico”, ha rilevato che “il cessate il fuoco è quotidianamente violato, dato che gli armamenti pesanti non sono stati ritirati”.

Dunque, a beneficio delle conoscenze di Stoltenberg, il portavoce della DNR, Eduard Basurin, lunedì  informava che, nella sola giornata di domenica le forze armate ucraine avevano violato il cessate il fuoco 1.342 volte, esplodendo anche colpi di artiglieria da 122 e 152 mm, spari da carri armati e tiri di mortaio contro i centri di Jasinovataja, Staromikhajlovka, Aleksandrovka, Dokučaevsk, Kominternovo, Sakhanka e varie periferie di Donetsk. Un miliziano è stato ucciso da un colpo esploso da un cecchino, mentre la ricognizione della DNR continua a registrare azioni di sabotatori ucraini. Nel corso di un contrattacco delle milizie, sarebbe rimasto sul terreno un mercenario canadese. L'intensificarsi delle attività belliche da parte di Kiev testimonia dei forti timori dei golpisti ucraini, al pari delle autorità baltiche, di esser lasciati al proprio destino dalla nuova amministrazione statunitense.

Come ha dichiarato a RIA Novosti il presidente della Camera di commercio Usa in Russia Aleksis Rodzianko (pronipote di quel Mikhail Rodzianko che fu presidente della terza e quarta Duma zarista), l'Ucraina rimarrà al centro dell'attenzione della politica estera USA al massimo per un altro mese e mezzo e dopo il 20 gennaio verrà cancellata dalle priorità di Washington. Rodzianko si dice sicuro che Trump manterrà le promesse elettorali e appianerà i rapporti con Mosca. Svetlana Gomzikova però, su svpressa.ru, esprime dubbi sul fatto che la decisione definitiva riguardo l'Ucraina dipenda dal solo Trump e il politologo Boris Šmelev ricorda che la politica estera USA è decisa non dal solo presidente, ma anche da Congresso, Corte suprema, le più svariate lobby politico-affaristiche e che da tempo i media hanno indirizzato l'opinione pubblica yankee su binari antirussi e pro-ucraini. Resta inoltre da vedere se l'Europa, su cui Trump dice di voler scaricare il fardello ucraino, sarà disposta a raccoglierlo; dunque, secondo Šmelev, l'ottimismo di Rodzianko sul miglioramento dei rapporti Mosca-Washington non è del tutto giustificato, né sui fronti ucraino e siriano, né su quello dell'avvicinamento della Nato alle frontiere russe e tantomeno sul dispiegamento del sistema Aegis in Polonia e Romania. L'accademico moscovita Andrej Manojlo si dice invece assolutamente d'accordo con le previsioni di Rodzianko, rispetto ai futuri rapporti con Kiev di USA e UE: Washington toglierà le tende e ai contribuenti europei toccherà sborsare miliardi che Bruxelles destinerà all'Ucraina.

Stando alle esternazioni di esponenti USA, attuali e “in pectore”, sembra invece abbastanza dubbio l'ottimismo di Manojlo. Secondo il New York Times, a differenza di Trump, il futuro nuovo capo del Pentagono, generale dei marines James Mattis, non ha alcuna simpatia per Mosca e ha intenzione di rafforzare la presenza militare yankee, terrestre e aerea, in Medio Oriente, soprattutto in Iraq, Afghanistan e Golfo persico.

Non da meno di Mattis, l'attuale Segretario alla difesa, Ashton Carter, proclama che gli USA devono mantenere la porta aperta alla collaborazione con la Russia; ma poi, andando al sodo, dopo aver detto che Mosca, "per motivi molto comprensibili, vuole esser considerata una potenza importante, quale in effetti è”, ha definito “non produttivo” il ruolo della Russia in Siria e l'ha accusata di provocare tensione in Ucraina, compiere attacchi informatici e "brandire le armi nucleari". E poi, vestendo ancora i panni del buon samaritano, ha biascicato che gli USA “non vogliono né guerra fredda, né tantomeno calda, con la Russia. Non vogliamo vedere un nemico nella Russia, ma difenderemo i nostri alleati, l'ordine mondiale e ci contrapporremo alle intenzioni di minare la nostra sicurezza collettiva”, ovviamente, attraverso il dispiegamento dei quattro battaglioni Nato in Polonia e nei Paesi baltici. Poche settimane fa, ricorda la Tass, a Carter aveva indirettamente replicato in anticipo il portavoce del Ministero della difesa russo Igor Konanšenkov, affermando che “la vera minaccia alla sicurezza è oggi rappresentata non dalla Russia, bensì dalla saturazione dell'Europa con armi e soldati di origine tutt'altro che europea" e tale minaccia non è che “il risultato della politica militare USA negli ultimi 10 anni".

Senza mezzi termini si è espressa Deborah Lee James, Segretario di stato all'areonautica militare, sentenziando che la Russia è la minaccia numero uno per gli USA, mentre il vice Ministro alla difesa, Frank Kendall, secondo rusvesna.ru, ha rilevato che, se in precedenza la politica di Washington era diretta a parare le minacce nella regione Asia-Oceano pacifico e in Medio Oriente, ora è maggiormente focalizzata sulla Russia. Il capo del Comando Strategico USA, generale John Hiten, ha detto alla CNN che "gli Stati devono essere pronti alla possibilità di un conflitto spaziale". Un attacco terrestre agli Stati Uniti deve iniziare con un attacco ai satelliti USA nello spazio; Washington, ha detto Hiten, si sta preparando a una "Pearl Harbor spaziale" da parte russa o cinese.

In questo quadro poco più che pie giaculatorie appaiono le orazioni con cui un “Gruppo di saggi” militari, tra cui l'ex comandante delle forze ISAF in Afghanistan, generale USA John Allen, l'ammiraglio Gianpaolo Di Paola e il generale tedesco Wolf-Dieter Langheld, invitano a riconoscere che “la Russia ha molti interessi comuni con gli alleati europei e nordamericani della Nato” e che “tali interessi debbano venir stimolati”. Naturalmente, il “Gruppo di saggi” ritiene “impossibile ignorare quanto accaduto in Ucraina, ciò che sta accadendo in Siria, le operazioni informatiche di Mosca e la pressione ibrida contro gli Alleati Nato”; ciononostante, concede che “difesa, deterrenza e dialogo dovrebbero essere parte di un triplice approccio equilibrato nei rapporti con la Russia di Putin", perché “la Russia di oggi non è l'Unione Sovietica e una nuova guerra fredda è molto improbabile”.

Difficile non dare il giusto peso a quanto scrive rusvesna.su, per cui soltanto la nuova testata supersonica “elemento 4202”, installata sui missili RS-28 “Sarmat”, forte di 15 Mach di velocità, capace di portare una testata nucleare di 750 chilotoni e in grado di raggiungere il territorio statunitense su traiettoria suborbitale, garantisce alla Russia una significativa superiorità sui sistemi Aegis statunitensi e assicura a Mosca altri 15-20 anni di sicurezza. Per ogni evenienza, il Ministero della difesa russo ha deciso di iniziare il dispiegamento dei nuovi caccia Su-30SM nella base di Severomorsk-3, una quarantina di km a est di Murmansk, oltre il Circolo polare, con compiti di copertura del mar di Barents da aerei, droni, missili da crociera e naviglio nemico. Il Su-30SM, caccia biposto multifunzione, con motori a vettore di spinta variabile, è armato, oltre che con missili aria-aria, anche con missili antinave supersonici X-31 (classificazione Nato “Crypton”) in grado di colpire obiettivi a 200 km di distanza alla velocità di 2.500 km orari.

Parafrasando il grande Mao, speriamo che il partito che comanda il fucile sia sempre quello giusto.

 

Fabrizio Poggi

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