Allora, i fatti sono questi: il 24 dicembre passa una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU, che condanna la politica del governo israeliano che continua ad autorizzare la costruzione di case per coloni ebrei a Gerusalemme Est, ossia la zona che dovrebbe essere capitale palestinese, nella ipotesi (minimale) dei “Due popoli, due Stati”. Il dato importante è l’astensione del rappresentante degli USA: non era mai accaduto prima. Vendetta di Obama contro Trump, si è detto: ed è certamente, vero, data la dichiarata intenzione del suo successore di spostare l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, ed altre amenità filosioniste. (Un gesto apprezzabile, quello di Obama, ma tardivo, dopo otto anni di sostanziale acquiescenza pur con qualche impuntatura verso il fedele alleato israeliano).
Appena resa nota la risoluzione, che fa quel bel tomo di Netanyahu? Convoca gli ambasciatori degli Stati che hanno votato contro Israele, li redarguisce, e afferma che Israele “non accetta” quel documento. E oltre a minacciare varie contromisure (per ora non precisate, tranne la sospensione dei pagamenti a certi Stati) che gli insediamenti andranno avanti, tranquillamente. E in effetti, per una curiosa coincidenza, viene annunciata la costruzione di altre nuove 618 case per ebrei a Gerusalemme Est.
Gerusalemme, “Gerusalemme la bella”, veniva chiamata, una delle città più antiche della storia umana, uno dei luoghi magici della Terra, che la storia aveva reso un capolavoro di mescolanze di genti, culture, religioni, sta subendo un vero e proprio “sacco”; un furto di identità, una sottrazione di bellezza e cultura, che non è solo ai danni della popolazione araba, e delle confessioni islamiche, ma di tutti quanti non siano ebrei: a cominciare dai cristiani (ortodossi, cattolici, copti…). Israele procede sicura che nessuno oserà fermarla: a colpi oggi di bombardamenti su Gaza, domani di insediamenti nelle zone concesse ai palestinesi, dopodomani con l’edificazione di un muro che costituisce un’altra macroscopica violazione del diritto dei popoli, non solo di quello palestinese.
E tutto ciò finora, sempre, con il sostegno attivo degli Usa, nella complicità dell’UE e di altre grandi potenze, e spesso di molti Stati arabi, nella timidezza dell’ONU, nel silenzio del mondo. Il 24 dicembre 2016, alle Nazioni Unite, si è dato un segnale. Occorre riprendere e sviluppare quel segnale, trasformandolo in un movimento generalizzato che denunci sistematicamente Israele come Stato che si pone al di fuori di qualunque diritto internazionale. E dunque chiedere che questo Stato fuorilegge, venga rimosso da qualsivoglia consesso civile. Il boicottaggio accademico, culturale, economico, sia attraverso l’encomiabile lavoro del movimento BDS (Boycott, Divestment, Sanctions), sia attraverso altri canali, non è sufficiente. Occorre dar vita a un universale boicottaggio giuridico e morale.
* storico, docente dell'Università di Torino
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