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Russia: il “martire” Navalnyj e il “gangsterismo” sociale

Secondo una recente indagine condotta dal Centro “Opinione pubblica”, i russi sembrano dividersi pressoché in egual misura tra chi guarda al futuro con ottimismo (45%) e chi con preoccupazione (46%). Gli ottimisti affermano di esser soddisfatti del lavoro e aver fiducia in Putin e nel governo. I pessimisti si dicono preoccupati per l'instabilità interna e internazionale, disoccupazione, bassi salari e pensioni, aumento di prezzi e tariffe. Per il 41%, la situazione del paese migliorerà nel giro di 3-5 anni; per il 27% non cambierà e per il 14% non potrà che peggiorare.

Tra le ragioni del pessimismo, Svobodnaja Pressa cita l'abbassamento del 2% del minimo di sopravvivenza, mentre le stime ufficiali parlano di 20 milioni di persone il cui salario minimo solo entro il 2020 potrà raggiungere il minimo di sopravvivenza. Secondo l'ufficiale RosStat, non più del 25% dei lavoratori raggiunge il salario medio di 36.000 rubli; il 10,7% riceve meno del reddito minimo, cioè 10.722 rubli; il 27,5% tra 10 e 20.000 rubli; il 37% da 20 a 45.000 rubli. L'importo della pensione sociale è sotto quel minimo (8.700 rubli e 65 anni di età) e gli ambienti liberali del governo parlano da tempo di portare l'età pensionabile a 70 anni o addirittura di lasciare la “pensione” solo agli invalidi, riducendo inoltre i versamenti a carico delle aziende dal 34 al 22%.

Di contro alle cifre del Rosstat, in base a un'inchiesta condotta da socialcompas.com, i redditi dichiarati risultano inferiori di circa la metà, per quasi tutte le regioni, a quelli pubblicati dal Rosstat. Secondo socialcompas.com, a fine 2016 il reddito medio della popolazione lavoratrice sarebbe stato di circa 27.000 rubli. Secondo alcuni dati riportati da communist.ru, il salario medio del paese sarebbe addirittura di 15.150 rubli e pochissime aree supererebbero i 30.000 rubli, mentre nella maggior parte si viaggia sui 10.000.

Sul versante opposto, social.ranepa.ru scrive che si conterebbero oggi in Russia circa 132.000 milionari (in dollari), cioè lo 0,1% della popolazione maggiore di 15 anni e appena poche decine di miliardari; di contro, il 40% dei lavoratori riceverebbe un salario appena sufficiente all'alimentazione. Sul fronte della disoccupazione, risultano ufficialmente registrate circa 1 milione di persone, mentre la cifra reale sarebbe di oltre 4,5 milioni: 1,2 milioni di posti di lavoro rimarrebbero vuoti perché nell'80% dei casi si offre appena il salario minimo.

Il sociologo Aleksandr Prudnik considera pericoloso l'accumulo di insoddisfazione e di pessimismo e indeterminatezza nel futuro: da qui l'alto rating di Putin, visto come fattore di stabilità.

Per contro, scrive Moskovskij Komsomolets, tra febbraio e marzo sono scese dal 52% al 42% le quotazioni del primo ministro Dmitrij Medvedev: a tale risultato avrebbe non poco contribuito il peggioramento della situazione occupazionale e reddituale, tant'è che la maggior insoddisfazione si registrerebbe nei più forti centri industriali. Il video diffuso da Aleksej Navalnyj sui patrimoni immobiliari di Medvedev avrebbe poi gettato benzina sul fuoco, ma solo relativamente: secondo il Centro Levada, anche coloro che non sanno nulla del video, parlano di corruzione nel governo.

Comunque, la Duma ha votato contro la proposta del PCFR di incaricare la Commissione parlamentare su sicurezza e corruzione di verificare la veridicità sulle proprietà immobiliari di Medvedev illustrate dal video di Navalnyj; nel caso i materiali del video fossero risultati falsi, i deputati comunisti chiedevano di denunciarne gli autori. Ma il PCFR ha annunciato nuove azioni, se Medvedev non risponderà in maniera più soddisfacente di quanto abbia fatto, alle accuse mossegli nel video. Intanto, ha organizzato sabato scorso a Mosca un nutrito raduno all'insegna de “L'uscita dalla crisi è il socialismo”, “Esigiamo la nazionalizzazione dei settori chiave dell'economia”.

Aprendo il meeting, il leader del PCFR Gennadij Zjuganov ha denunciato come oggi “il principale criminale sia l'imperialismo, rappresentato dai globalisti americani, che spargono terrore su tutto il pianeta”. Ma, ha detto Zjuganov, “il racket e il gangsterismo più forte è costituito dal banditismo sociale, che oggi in Russia ha raggiunto proporzioni tali per cui i giovani non trovano lavoro, gli anziani non possono permettersi le medicine e un operaio con due figli non ce la fa a mantenerli. Cos'è questo se non racket sociale e terrorismo?”. La Duma non trova risorse per aumentare le pensioni, ha detto Zjuganov, ma ha trovato tre trilioni di rubli a sostegno delle banche. “Finché il popolo lavoratore non seguirà l'esempio di 100 anni fa, sarà difficile sconfiggere questa mafia, questa oligarchia compradora”.

Secondo Jurij Afonin, della Segreteria del PCFR, se da un lato i comunisti si oppongono alla politica socio-economica del governo, dall'atro si contrappongono all'opposizione liberale, una "cura peggiore della malattia": se arrivassero al potere, ha dichiarato Afonin, la loro politica economica sarebbe ancora più simile a quella di Eltsin-Gaidar e sul piano politico dovremmo aspettarci persecuzioni contro i comunisti sul modello ucraino. Il Segretario del comitato moscovita del PCFR Valerij Raškin, dichiarando che “la corruzione sta logorando la Russia come un tumore e il partito governativo "Russia Unita" copre questa corruzione", ha riproposto di indagare sul "materiale corruttivo" a carico di Medvedev e chiederne le dimissioni.

Su Sovetskaja Rossija, Natalja Eremejtseva nota come l'élite governativa, prima delle manifestazioni del 26 marzo, non avesse praticamente reagito al video di Navalnyj. Già dopo il 26 marzo, il PCFR aveva dichiarato che è “il potere e non un <rivoluzionario arancione>, a portare la gente in strada” e che Navalnyj ricopre il ruolo che fu del pope Gapon nel 1905, attirando "oggi i nostri figli in questi crimini". Ma, scrive Eremejtseva, “che logica è questa? Noi comunisti, saremmo contro i giovani che scendono in strada con giusti slogan contro la corruzione del governo, solo perché guidati da Navalnyj? Se è così, volenti o nolenti diventiamo difensori dei corrotti al potere e rischiamo di alienarci la parte cosciente della contestazione giovanile”.

In tutto il paese monta la protesta: salari arretrati, tariffe da rapina, risparmiatori truffati. Se cominceremo a guardare a ogni protesta attraverso il prisma del "cosa potrebbe accadere", saremo noi a finire dalla parte della rivoluzione "arancione". Immaginiamoci se nel 1917 i bolscevichi si fossero messi a difendere la monarchia “minacciata da falsi rivoluzionari”! Abbiamo scritto che nel concetto di “majdan” i nostri opponenti confondono forma e contenuto: tutto dipende da chi sta dietro le barricate e per che cosa. “A proposito di Navalnyj” continua Eremejtseva, si potrebbe ricordare l'aneddoto sovietico sull'idraulico che, invece di sostituire le guarnizioni, proponeva di cambiare l'intero congegno … solo il partito comunista può assolvere il compito storico di cambiare il sistema sociale, mentre Navalnyj propone di modificare solo una guarnizione e punta lui stesso al potere”. Noi comunisti, non possiamo chiudere gli occhi di fronte all'evidenza, a cosa abbia spinto i giovani a scendere in strada.

Il video di Navalnyj era uscito il 2 marzo, ma il 26 marzo (il giorno delle manifestazioni) non si era ancora avuta una risposta ragionevole da parte del governo, ad esempio, a proposito della tenuta di Milovka, sul Volga, “donata” a Medvedev per 40 rubli all'ettaro, quando le stime si aggirano sui 160 milioni di rubli. I 96 russi le cui ricchezze, secondo Forbes, hanno raggiunto i 386 miliardi di dollari, superando le riserve valutarie-oro del paese (378 miliardi) e per i quali il governo ha stabilito regali fiscali per compensarli del fatto che, a causa delle sanzioni, non possono godere delle loro ville in occidente, possono ben fare simili regali al primo ministro, mentre i redditi della popolazione, conclude Eremejtseva, sono diminuiti del 12,7% negli ultimi due anni.

In Russia esiste uno “Stato profondo”, scrive Sergej Aksënov su Svobodnaja Pressa, rappresentato da 25 anni dal clan liberale, erede di Egor Gajdar o Anatolij Čubais e che, dai tempi di Boris Eltsin, ha conservato integre le proprie posizioni: “Per essi, maniaci del mercato e dei suoi principi, non meno che dell'arricchimento personale, le idee di mercato rivestono un carattere politico, più che economico”. Impossessatosi da 25 anni del blocco economico del governo, il clan liberale definisce i parametri di base delle politiche economiche e sociali”. Oggi, a dare il cambio ai liberali della prima ora, metà dei quali ricopriva alte cariche nel PCUS, arrivano i giovani sfornati dall'Accademia presidenziale di economia e dalla Scuola superiore di economia. Anche se alle ultime elezioni parlamentari, tutti i partiti apertamente liberali messi insieme (“Parnas”, “Jabloko”, ecc.) non arrivarono al 5%, il pericolo sta nei loro propositi – truppe NATO in Crimea, o meglio, a Mosca – e nei loro sostegni esteri e nello “zoccolo duro” dei Ministri liberali.

Non è difficile vedere come il pericolo di una “rivoluzione colorata” corra a piena velocità, dietro l'egemonia della protesta lasciata in mano ai “martiri” liberali alla Navalnyj o ai liberal-fascisti di Vladimir Žirinovskij.

 

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