Il governo polacco stanzierà 30 milioni di euro per la costruzione di una barriera di 730 km, al confine con l’Ucraina, che impedisca l’accesso a cinghiali e maiali selvatici portatori della peste suina, il cui virus è stato riscontrato in una decina di aree ucraine.
Forse anche per far fronte alla spesa, Varsavia sta sempre più insistentemente sollevando la questione delle “riparazioni di guerra” con Germania e Russia. Quest’ultima, dicono a Varsavia, quale “erede legale della Russia sovietica”, è addirittura chiamata a pagare i 30 milioni di rubli in oro che la Russia di Lenin avrebbe dovuto versare alla Polonia in base all’accordo di pace di Riga, sottoscritto nel 1921 alla fine della guerra russo-polacca. A Mosca si dice che le chances polacche di vedere quella somma sono pari a zero.
Per quanto riguarda la Germania, il Bundestag ha ribadito che non esistono basi giuridiche perché la Polonia possa pretendere le riparazioni per la Seconda guerra mondiale. Deutsche Welle scrive che in fase di messa a punto dell’accordo del 1990, la Polonia, “con tacita rinuncia, non aveva presentato richieste di riparazioni”: pertanto, le rivendicazioni polacche avevano perso forza giuridica, al più tardi, al momento della firma di quell’accordo. Oltre alla scadenza dei termini per la presentazione di richieste, nota DW, il Bundestag ribadisce la posizione del governo tedesco del 1999, in cui si parla di “perdita di territori e proprietà”, “termine superiore ai 50 anni dalla fine della guerra” e “Accordo 2+4”, in riferimento all’accordo sulla “Risoluzione definitiva della questione tedesca”, firmato tra RFT e RDT da un lato e Francia, Gran Bretagna, URSS e USA dall’altro e in cui si parlava anche delle questioni territoriali tedesco-polacche. Berlino respinge anche eventuali pretese avanzate da privati cittadini polacchi.
Da diverse parti si nota come, se Varsavia non riconosce oggi gli accordi sottoscritti nel 1953 tra RDT e Repubblica Popolare di Polonia e non si riconosce dunque erede di quest’ultima, ciò equivale a mettere in dubbio anche le proprie attuali frontiere, con i territori ex tedeschi acquisiti alla fine della guerra, in particolare, gran parte dell’ex Prussia orientale. In effetti, Varsavia non è disposta a rinunciare a quanto acquisito a ovest e a nord, a spese della Germania, grazie agli accordi di Jalta e di Potsdam, ma non nasconde affatto le proprie pretese su quanto “perduto” a sudest, coi territori occupati nel 1921 proprio grazie all’accordo capestro di Riga e tornati all’Ucraina nel 1939. Sembra addirsi alla Polonia odierna, osserva Balalaika24.ru, la definizione datale a suo tempo da Winston Churchill, quale “iena d’Europa”, in riferimento ai suoi tentativi di strappare pezzi di territori vicini.
Per quanto riguarda le “riparazioni” russe, a Varsavia si sostiene che “anche i russi portano la responsabilità di quanto hanno fatto in Polonia” e, vaneggiando sulla grandezza polacca, si blatera sui trilioni di zloty spesi per la ricostruzione al termine della Seconda guerra mondiale: “immaginate che avremmo potuto spendere quei soldi per lo sviluppo del paese e non per la sua ricostruzione. La Polonia sarebbe oggi due volte più potente, noi guadagneremmo due volte tanto, come in Occidente”. Poveri polacchi!
Da Mosca, il responsabile per le questioni giuridiche con la UE, Aleksandr Treščëv, ha dichiarato che, in base a “varie risoluzioni ONU e al diritto internazionale, è semmai la Russia che potrebbe pretendere riparazioni dalla Polonia per quanto fatto a vantaggio di questa nell’ultima guerra: per far questo, non sono ancora scaduti i termini, mentre dalla pace di Riga sono trascorsi quasi cento anni”. Il vicepresidente della Commissione esteri del Senato, Vladimir Džabarov, ironizza che, seguendo la logica polacca, Mosca potrebbe pretendere riparazioni dalla Polonia per l’invasione del 1612 e dalla Francia per il 1812. “Queste dichiarazioni sono solo sciocchezze” ha detto Džabarov; “Sembra che l’attuale governo polacco non abbia prospettive, sia troppo nazionalista e non capace di compromessi. Lo hanno già capito in Europa e cominciano a preoccuparsi di Varsavia”.
A questo proposito, tutti i media internazionali sottolineano il recente battibecco tra Emmanuel Macron, che ha parlato degli “errori commessi dal governo polacco” – sulla questione del rifiuto di accettare le “quote” migratorie – e la premier polacca Beata Szydło, che ha consigliato a Macron “di pensare agli affari del suo paese” e lo ha accusato di “arroganza” e di cercare di “eliminare uno dei pilastri della UE”, dopo che il presidente francese aveva dichiarato che “la Polonia non decide oggi il futuro dell’Europa e non lo deciderà nemmeno in seguito”. Ovviamente, nota Politkus.ru, Bruxelles non ha intenzione di entrare in aperto conflitto con Varsavia, quando sullo sfondo c’è un confronto geopolitico ben più importante con la Russia.
E, comunque, in qualunque direzione si manifestino, ovest, sudest o est, è chiaro che Varsavia, avanzando pretese di riparazioni o restituzioni, si sente ben spalleggiata da oltreoceano: per questo, la cosa riveste solo esteriormente un aspetto “storico” e maschera solo parzialmente l’attualità dei rapporti Washington-Berlino-Mosca, di cui Varsavia e Kiev non sono che un ingranaggio.
La disputa “storica” va vanti infatti anche tra Varsavia e Kiev e i rapporti polacco-ucraini, nota Irina Simonenko su Balalaika24.ru, non stanno attraversando il momento migliore: sono tuttora aperte le questioni delle pretese di Varsavia sui territori dell’Ucraina occidentale, dell’idea polacca di raffigurare la cappella “Orlęta Lwowskieche” a L’vov sui nuovi passaporti, delle recriminazioni storiche intorno a UPA e Bandera. Va avanti da qualche anno la faccenda della “Reštitúcia Kresov”, con la preparazione delle cause giudiziarie di cittadini polacchi che pretendono di rientrare in possesso di proprietà in Galizia, Volinia e “Zakerzonie”.
Verso ovest, sia la questione migratoria (con le possibili sanzioni UE per il rifiuto polacco a rispettare le “quote”), sia quella del “North stream-2” e della bretella “Oral” (che collega il “North stream-1” ai sistemi di transito dell’Europa centrale e occidentale attraverso la Germania e alla cui realizzazione Varsavia si oppone, temendo la perdita dei diritti di transito sui gasdotti che attraversano l’Europa centrale) costituiscono gli elementi “nazionali” della disputa polacco-tedesca, all’interno, però, di un più ampio gioco internazionale, in cui la Polonia, spalleggiata dagli USA, mira a divenire il polo esteuropeo della NATO, contrapposto a quello occidentale franco-tedesco, non così ligio ai disegni yankee. Varsavia, nota il presidente della Commissione esteri del Senato russo, Konstantin Kosačev, si erge a leader del “nuovo Patto antikomintern”, cioè della dichiarazione congiunta uscita dalla recente riunione a Tallin tra i ministri di Estonia, Lituania, Lettonia, Polonia, Croazia, Slovacchia, Ungheria e Rep. Ceca, sulla “Eredità criminale di comunismo e nazismo”. Ma lo fa, sostanzialmente, per mascherare con un sipario “ideologico” il fronte dei paesi che si oppongono alle “quote” migratorie della UE, su cui insistono i capofila Merkel e Macron.
La forma è dunque storica e si manifesta a uso interno in bordate a tribordo e a babordo. Così, se in Occidente si continua a tacere sul patto stretto nel 1934 tra Józef Piłsudski e Adolf Hitler, ecco che, ancora Balalaika24.ru, nota che, ai moderni polacchi, Varsavia evita di ricordare di come, durante l’occupazione, i nazisti premiassero i polacchi con 5 kg di zucchero per ogni ebreo denunciato e come i tedeschi rimanessero sempre a corto di zucchero; cerca di non ricordare come la cattolica Armia Krajowa e altre bande simili, in risposta, è vero, ai massacri OUN-UPA in Volinia, perpetrassero massacri di ebrei, ortodossi e uniati di Polonia e, se da una parte organizzavano qualche incursione antitedesca, dall’altra compivano stragi di militari sovietici, civili polacchi e lituani, milizia popolare polacca, anche a guerra finita. E Varsavia tace su come la popolazione tedesca di quei territori della Germania annessi alla Polonia dopo il 1945, sia stata in parte massacrata (quasi 2 milioni di persone) e in parte derubata e cacciata dalle proprie case.
Se questa è la “forma”, la sostanza è però molto attuale e va al di là del solo pubblico interno della Trzecia Rzeczpospolita Polska, passando per manie di grandezza, sponsorizzate da interessi geopolitici globali, a ovest della Granica na Odrze i Nysie Łużyckiej (la linea Oder-Neiße) e a est dei Księstwo di Włodzimierskie e Halickie (i principati di Volinia e di Galizia).
Manie, interne ed esterne, “vaneggianti delirio e oblio di mente ottenebrata e malvagità e lacrime e rabbia e sete di strage”, direbbe Ovidio.
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