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Porošenko: senza l’Ucraina, Lamborghini e Porsche falliranno

Si è appena dissolto il fumo della gigantesca esplosione che lo scorso 26 settembre ha ridotto in cenere un’area di 18 ettari intorno a una delle maggiori polveriere ucraine, a Kalinovka, nella regione di Vinnitsa, con un danno che Petro Porošenko ha valutato in oltre 800 milioni di dollari, che un’altra deflagrazione – molto più rovinosa per l’economia non solo ucraina, ma mondiale – è venuta a sconvolgere la catena produttiva di mezza Europa. Spento l’incendio che, nel giorno del compleanno del presidente, ha dissipato 188mila tonnellate di munizionamento per razzi, artiglierie e armi leggere e ha costretto a evacuare 28mila abitanti delle cittadine vicine – per una volta, nessuno ha insistito sul “sabotaggio russo” e lo stesso segretario del Consiglio di Sicurezza, Aleksandr Turčinov, ha puntato l’indice sulla negligenza e la cialtroneria dei comandi militari – è stato lo stesso Porošenko ad annunciare che, senza l’Ucraina, sarà impossibile continuare a produrre Lamborghini e Porsche.

Lo ha dichiarato, inaugurando solennemente a Kolomija, un centinaio di km a nord del confine con la Romania, la nuova fabbrica di cavi di trasmissione per il complesso automobilistico tedesco “Leoni AG”. Porošenko ha parlato degli 800 occupati iniziali che, per il 2021, dovrebbero arrivare a 5.000, come testimonianza della “attrattiva dell’Ucraina per gli investimenti” stranieri; pensate, ha detto, che “la produzione che uscirà da Kolomija, verrà installata su Audi, Volkswagen, General Motors, Porsche, Lamborghini e altre marche d’élite. Senza gli ucraini è oggi impossibile produrre tutto questo”, ha proclamato Petro, sorvolando pietosamente su quali siano i salari e le condizioni di lavoro che rendono l’Ucraina golpista così “attrattiva per gli investimenti” occidentali.

E se tra le ipotesi fatte circolare a Kiev circa l’esplosione di Kalinovka (tra incendi, esplosioni e altro, questo è il quarto episodio solo nel 2017) non manca quella di depistaggio per occultare furti di materiale bellico, che gli ufficiali ucraini continuamente rivendono anche alle milizie del Donbass, Igor Karmazin osserva su lenta.ru come l’episodio del 26 settembre si sia verificato il giorno successivo alla pubblicazione del rapporto internazionale “Progetto per lo smascheramento di criminalità organizzata e corruzione”, secondo cui “rappresentanti di autorità e imprese ucraine sono il collegamento chiave nella rete che rifornisce di armamenti sovietici l’Africa e il Medio Oriente”.

Lo stesso giorno, continua Karmazin, Amnesty International ha dichiarato che Kiev, in violazione degli obblighi internazionali, ha fornito armi al Sudan meridionale, attraverso una società degli Emirati Arabi. Kalinovka, conclude Karmazin, oltre il solito gioco dei miliardi che, ora, le alte sfere militari si affretteranno a incamerare per ristabilire le quote del munizionamento esploso, mette in dubbio agli occhi USA e NATO la competenza ucraina in fatto di salvaguardia degli arsenali e, soprattutto in fatto di vigilanza contro i furti di materiale bellico.

D’altra parte, qualcuno già si premunisce dalle rapine ed è davvero una “vergogna e un’umiliazione” per gli ucraini, scrive Russkaja Vesna, vedere cartelli come quello affisso in un supermercato di Barlinek, in Polonia, con cui si avverte che “Ogni cittadino ucraino verrà controllato dopo esser passato dalla cassa”. Il proprietario del negozio, cui la procura polacca ha imposto l’immediata eliminazione del cartello, si è giustificato affermando che “può accadere una volta al mese che un polacco rubi qualcosa. Con gli ucraini, succede anche quattro volte la settimana”.

A questo, a trafugare prodotti alimentari, la “luminosa majdan” ha ridotto la popolazione ucraina: se alcune cancellerie europee lamentano da tempo che “gli aiuti” finanziari finiscano nelle tasche della élite golpista e FMI e Banca Mondiale rinnovano in continuazione i dettami (aumenti tariffari su gas, energia elettrica; riduzione di salari e pensioni; controriforme su assistenza e sanità, aumenti di prezzi sulle merci di prima necessità) per la concessione di prestiti, ai lavoratori ucraini non rimane che adattarsi a produrre cavi per Porsche e Lamborghini alle condizioni che, secondo il PC ucraino, hanno ridotto il paese a pedina “dei circoli dirigenti UE e NATO”, per “promuovere i loro interessi nel continente eurasiatico, per una nuova spartizione dei mercati e delle sfere di influenza, nell’attuale crisi sistemica mondiale”.

L’Ucraina “è diventata oggi una “piazzaforte armata” del confronto con la Russia”, afferma il PC ucraino, tanto che c’è addirittura chi si spinge (ma non è una novità) a invocare i comandamenti divini a giustificazione delle stragi nel Donbass. Un predicatore, di cui rusvesna.su non fornisce il nome (ma il suo discorso si può ascoltare tra i minuti 1,38 e 2,31 del filmato) inquadrato nella 72° Brigata meccanizzata ucraina, ha dichiarato che “Noi resistiamo, perché io predico ai ragazzi e con me è dio, leggo la bibbia e credo in dio. Non sono solo credente, sono membro della chiesa e sono venuto qui perché qualcuno deve difendere la nostra terra”. Secondo le sue parole, egli è “sulla sua terra” e dunque non uccide gli abitanti del Donbass, ma “difende” la terra: “Non sono venuto qui per uccidere qualcuno, ma per difendere la mia terra natale. Sono due cose diverse”.,

E’ dunque necessario continuare a bombardare il Donbass: in caso contrario, ha dichiarato il fascista ex leader di Pravyj Sektor, Dmitrij Jaroš, il rischio è “l’implementazione degli accordi di Minsk” e il conseguente disfacimento dell’Ucraina. “Sono preoccupato per l’indecisione, la debolezza dei nostri vertici politici circa l’attuazione degli accordi di Minsk. Se essi faranno tutto quanto previsto da quegli accordi, tutti questi status speciali e via dicendo, ciò significa piazzare una mina che farà a pezzi lo Stato”. Preoccupazione simile aveva espresso, pro domo sua ovviamente, nel giugno scorso, anche Julija Timošenko, paventando che l’Ucraina possa cessare di esistere da qui al 2019, se non si procederà a elezioni presidenziali e parlamentari anticipate. Secondo la truffaldina magnate del gas che, quanto a bombardamenti sul Donbass aveva già detto la sua prima ancora che iniziasse l’aggressione diretta, nel marzo 2014, cause del tracollo possono essere le riforme antiumane su pensioni e sanità e la privatizzazione della terra: quest’ultima, evidentemente, perché contrasta con i suoi interessi nel settore estrattivo.

Questa è l’Ucraina di majdan: colonia dei monopoli occidentali e ghetto per i lavoratori, incatenati al meccanismo della spartizione delle ricchezze nazionali tra ras regionali e finanza straniera. In questo senso, non mancano di senso le parole di Porošenko: senza le condizioni medievali dei lavoratori ucraini, “sarà impossibile continuare a produrre Lamborghini e Porsche”; in attesa del sogno dei capitalisti occidentali, di esportare dappertutto quelle medesime condizioni.

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