La sfida iniziata nel 2010 dal movimento indipendentista catalano ha incassato oggi una importante vittoria, sancendo quel distacco formale dallo Stato Spagnolo che fino solo a poche ore prima sembrava sul punto di tramontare.
Al termine di un dibattito parlamentare iniziato intorno alle 13.30 e non essendo andato in porto il tentativo ostruzionista delle opposizioni di destra e dei socialisti, la maggioranza dei deputati del Parlament di Barcellona ha votato la risoluzione, presentata dai gruppi di Junts pel Si e della Cup, che proclama la Repubblica catalana come come stato indipendente e sovrano, “di diritto, democratico e sociale”.
Subito dopo la fine di un dibattito teso e ovviamente caratterizzato da accuse e controaccuse, i gruppi parlamentari dei partiti nazionalisti spagnoli – PP, C’s e PSC – hanno abbandonato l’emiciclo non riconoscendo la legittimità del voto. Al voto, per appello nominale, hanno partecipato quindi esclusivamente i deputati della maggioranza indipendentista e di Catalunya Si Que Es Pot (Podemos più altre formazioni regionali di centrosinistra come ICV e EUiA).
I gruppi di Junts pel Si – formato da PDeCat e Erc – e della Cup hanno chiesto e ottenuto il ‘voto segreto’ sulle risoluzioni inerenti la dichiarazione d’indipendenza. Anna Gabriel, a nome degli anticapitalisti, ha sostenuto la proposta dei soci di governo affermando che, pur trattandosi di una modalità aliena alla propria cultura politica, il voto segreto era necessario per evitare che i deputati indipendentisti siano perseguitati dalla magistratura spagnola in virtù dell’esercizio delle loro prerogative.
A favore dell’indipendenza hanno votato 70 deputati, dieci hanno votato contro e due (probabilmente appartenenti al PDeCat) hanno votato scheda bianca. Contrariamente ai loro colleghi del gruppo CSQP, i tre parlamentari di Podem non hanno mostrato cosa avevano votato prima di inserire la scheda nell’urna. Nelle ore precedenti all’inizio della seduta si era diffusa la voce che i deputati della formazione fossero orientati a votare contro la dichiarazione di indipendenza ma a favore della mozione collegata che afferma la volontà di iniziare un processo costituente, democratico e inclusivo.
Invece Puigdemont, che ieri aveva provato ad azzerare tutto andando a elezioni anticipate sulla base di una mediazione con il governo spagnolo rivelatasi poi inconsistente, ha annunciato in mattinata che oggi non sarebbe intervenuto durante lo storico dibattito parlamentare.
Se il 10 ottobre scorso la gran folla che si era radunata vicino al Parlament aveva accolto con delusione la “sospensione” della dichiarazione di indipendenza da parte del capo del Govern ma aveva abbandonato la piazza con la coda tra le gambe, ieri l’annuncio di Puigdemont ha creato una vera e propria ribellione di massa degli ambienti indipendentisti, che oggi si sono mobilitati.
Ed oggi molte migliaia di studenti, lavoratori, contadini con i loro trattori, militanti delle associazioni indipendentiste e dei Comitati per la Difesa della Repubblica (evoluzione dei Comitati per la Difesa del Referendum formati nei quartieri e nei paesi per organizzare e proteggere la consultazione del Primo Ottobre) hanno presidiato lo spazio esterno al Parlament fin dal mattino non solo per denunciare la repressione e il golpe spagnolo in via di votazione al Senato di Madrid, ma anche per ricordare a Puigdemont e al suo partito che la volontà popolare si è espressa e che non permetteranno che il risultato venga scippato da qualcuno in nome di un negoziato impossibile.
Nel tardo pomeriggio decine di migliaia di persone si sono riversate in piazza Sant Jaume, nel centro di Barcellona, per festeggiare.
Anche alcune centinaia di sindaci sono arrivati da tutta la Catalunya per assistere alla storica seduta, chiamati a raccolta dall’Associazione dei Municipi Indipendentisti. Nei giorni scorsi alcuni Comuni catalani hanno già proclamato la Repubblica per in qualche modo condizionare il tentennante capo del governo locale. Dopo il voto del Parlament la sindaca di Badalona Dolors Sabater ha letto un manifesto in cui i municipi si impegnano a difendere la nuova Repubblica.
Nel frattempo, come detto, il Senato spagnolo ha votato a stragrande maggioranza l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione che sospende l’autogoverno della Catalogna e ne commissiona le istituzioni. A favore hanno votato i senatori del PP, di Ciudadanos, del Psoe e di altre formazioni regionali di centro-destra. I voti a favore sono stati 214, quelli contrari 47 e un senatore si è astenuto. Non hanno partecipato al voto né l’ex governatore socialista della Catalogna José Montilla né il senatore socialista delle Baleari (territorio di lingua e cultura catalana) Francesc Antich, a dimostrazione che dentro il Psoe la scelta da parte della direzione di associarsi alla destra nazionalista contro il movimento catalano ha creato più di una frattura.
Sprezzanti ovviamente i commenti dei leader politici dei partiti nazionalisti spagnoli. Ma anche i leader di Podemos, sia a livello locale che statale, sono stati molto duri. Per Pablo Iglesias, così come per Alberto Garzon (leader di Izquierda Unida) il parlamento catalano non aveva la legittimità per proclamare l’indipendenza, considerata un passo sbagliato perché rafforzerebbe il governo di Mariano Rajoy. Anche la sindaca di Barcellona, Ada Colau, ha preso nettamente le distanze dalla proclamazione della Repubblica con un esplicito “non in mio nome”.
Pronta e ferma anche la condanna da parte dei principali leader dell’Unione Europea e degli stati più importanti, a partire da Francia e Germania che hanno riconfermato il loro pieno sostegno a Madrid, alla legalità e alla Costituzione. Il Presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, ha affermato “che nulla è cambiato per l’Unione Europea e che la Spagna rimarrà l’unico interlocutore delle istituzioni comunitarie”.
In un messaggio il governo degli Stati Uniti ha espresso la sua solidarietà a Madrid e il proprio sostegno alle iniziative che il governo spagnolo vorrà intraprendere “per ristabilire la legalità”. Anche l’Onu ha chiesto oggi una ricomposizione del conflitto ma all’interno del quadro costituzionale spagnolo.
Marco Santopadre
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