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Le armi nucleari di Pyongyang e dei paesi NATO

Pyongyang respinge l’ulteriore inasprimento delle sanzioni voluto dagli USA e decretato all’unanimità dal Consiglio di sicurezza dell’ONU. La RPDC giudica la risoluzione 2397, adottata lo scorso 23 dicembre dopo il lancio di prova dell’ICBM Hwasong-15, “una rozza interferenza che calpesta la sovranità della nostra repubblica; un atto di guerra che devasta la pace e la sicurezza nella penisola coreana e nella regione nel suo complesso”. Pur se anche Pechino giudica le nuove sanzioni non “letali” rispetto a quelle già in vigore – la sudcoreana JoongAng Daily scriveva ieri di una “linea calda” aperta tra dicasteri militari di Pechino e Washington per lo scambio di informazioni sull’applicazioni delle sanzioni – il loro peso è tutt’altro che indifferente: le principali riguardano la riduzione del 90% delle forniture di greggio, l’espulsione entro 12 mesi di tutti i cittadini nordcoreani che lavorano all’estero, restrizioni all’importazione di dotazioni industriali e all’esportazione dei principali prodotti nordcoreani, dopo che già la risoluzione 2371dello scorso agosto vietava alla RPDC di esportare carbone (la maggior fonte di guadagno estero), ferro, minerali ferrosi, piombo e prodotti alimentari marini.

A dispetto della loro pesantezza, il Ministero degli esteri nordcoreano sottolinea che il paese continuerà a rafforzare le proprie forze difensive di dissuasione nucleare, per raggiungere “un reale equilibrio di forze con gli USA e sradicare minacce atomiche, ricatti e azioni ostili” da parte di Washington. Se gli Stati Uniti, afferma Pyongyang, “desiderano vivere in sicurezza, devono rinunciare alla politica ostile nei confronti della RPDC e imparare a convivere con un paese che detiene armi nucleari”. Seguendo la politica del partito, ha dichiarato Kim Jong Un “saremo in grado di eludere qualsiasi sanzione e provocazione nemica”; tutto “ciò che abbiamo fatto sinora è solo l’inizio. Siamo decisi a continuare lo sviluppo della nostra strategia”.

In una nota riportata dal Rodong Sinmun, il portavoce del Comitato coreano per la pace in Asia e Pacifico (KAPPC) ha definito la risoluzione ONU – con l’Italia in prima fila a sovrintendere all’”ordine mondiale”, dato che fino 31 dicembre siede nel Consiglio di Sicurezza e presiede proprio il Comitato delle sanzioni – un “ulteriore atto di terrorismo di stato”, che dimostra come “i briganti imperialisti USA siano i nemici giurati della nazione coreana, con cui dovremo alla fine saldare i conti” e “l’escalation delle sanzioni non farà che rendere incandescente il detonatore nucleare”. Si mettono in guardia i “paesi limitrofi”, che “saranno costretti a rimpiangere la folle illusione che il loro sostegno alle sanzioni, sotto la coercizione degli Stati Uniti, possa garantir loro la sicurezza”. Ma si precisa che le armi nucleari di Pyongyang “prendono di mira gli Stati Uniti” e non minacciano “Cina, Russia e paesi d’Europa e d’Africa”. “È giunto il momento per il mondo intero” è detto nella nota, “di vedere chiaramente quali siano le armi nucleari che difendono la pace e la stabilità nella penisola coreana e nel resto dell’Asia-Pacifico: quelle del brigante statunitense, nemico comune dell’umanità, o quelle della Juche Korea, bastione di indipendenza e giustizia”.

Da parte del Ministero degli esteri, si ribadisce che il rafforzamento della deterrenza nucleare è l’unico modo per “frustrare le mosse USA e il loro assurdo sogno di egemonia mondiale. Gli Stati Uniti devono svegliarsi dal sogno che il nostro paese rinunci alle armi nucleari”. Si sottolinea che “la nostra arma nucleare di autodifesa non contraddice ad alcuna norma internazionale: è stata messa a punto al di fuori dell’Accordo sulla non proliferazione delle armi nucleari, per por fine alla minaccia atomica USA e frustrare la politica del “America first” basata sui loro ricatti militari e il sogno di dominio sul mondo”.

Pochi giorni prima della risoluzione ONU, una nota del Rodong News Team aveva qualificato il rapporto USA sulla “National Security Strategy” come un “tipico risultato dell’arroganza yankee, per la completa subordinazione dell’intero mondo agli interessi USA” e un “documento criminale che riflette la natura gangster di Trump”. Volendo “salvaguardare la pace nella penisola coreana e por fine alla minaccia nucleare USA, negli ultimi due decenni abbiamo tenuto colloqui bilaterali con gli Stati Uniti e colloqui multilaterali come i Four-Party Talks e i Six-Party Talks. Ma le amministrazioni statunitensi hanno gettato tutti gli accordi come carta straccia, con l’assurda ipotesi che la Corea del Nord sarebbe crollata, etichettandola come “stato canaglia”, “asse del male” e facendone l’obiettivo di un attacco nucleare preventivo”. E’ per questo, che “abbiamo scelto la strada di possedere armi nucleari, per difendere la nostra sovranità e i nostri diritto di esistenza e sviluppo di fronte a sempre maggiori mosse ostili e minacce nucleari” USA.

Ancor prima, la KCNA aveva riportato le note di varie pubblicazioni internazionali in cui si riconosce la RPDC quale potenza nucleare. Così le americane The National Interest e Washington Post, o l’inglese The Week scrivono che la “Corea del Nord possiede forze atomiche di dissuasione contro il ricatto nucleare USA” e questi ultimi devono riconoscere alla RPDC lo status di potenza nucleare. Si tratta, scrive la KCNA, di un riconoscimento internazionale della nostra forza statale. Gli USA ci hanno preso per uno stato piccolo e debole, che crollerebbe al primo colpo, uno stato dipendente che balla alla bacchetta di qualsiasi potenza. Tuttavia, ciò non è che l’apogeo dell’impudenza nei nostri confronti: non ci conoscono. Oggi, gli Stati Uniti e le forze ostili sono spaventati dalla nostra potenza. Abbiamo posto fine all’era degli USA che ci minacciavano con l’atomo ed essi, finché non è troppo tardi, dovrebbero decidersi ad aprire una nuova fase nelle relazioni tra RPDC e Stati Uniti. Questo è il miglior consiglio agli Stati Uniti per il nuovo anno”.

In questo quadro, l’analista Peter Koenig si interroga sul perché, a parte il metodo ricattatorio degli USA (al pari della questione di Gerusalemme), Russia e Cina abbiano appoggiato la risoluzione ONU, che “comporta letteralmente il genocidio della RPDC. Perché si sono sottomesse al ricatto di Washington?”. Il veto avrebbe potuto costituire “un segnale lanciato a questi assurdi Nikki Haley e Donald Trump, del fatto che la potenza si allontana chiaramente dalle mani di Washington. Lo hanno fatto” continua Koenig, “per timore che il folle potesse premere il pulsante rosso? Ma il voto insieme al folle non autorizza a pensare che non premerà ugualmente il bottone rosso. Che diplomazia è questa? È il risultato del timore di ulteriori sanzioni contro Russia e Cina?”. Ma, “sarebbe assolutamente ridicolo, perché entrambi i paesi sono pronti a separarsi dall’economia occidentale del dollaro e a orientarsi verso una nuova economia che abbraccia già quasi la metà della popolazione mondiale e produce un terzo del PIL globale. E allora?”. La risposta sembra rimanere sospesa nel vuoto. Koenig ricorda che “il rappresentante nordcoreano a Ginevra ha dichiarato che soprattutto donne e bambini subiscono le conseguenze delle sanzioni. E’ sempre così: dopo la guerra del Golfo, 576.000 bambini iracheni sono morti, per lo più di inedia, in conseguenza delle sanzioni volute da Bill Clinton. Il mondo permetterà che lo stesso numero, o forse più, di nordcoreani muoiano solo perché la RPDC ha deciso di difendersi contro l’autoproclamata “nazione eletta”, che da 60 anni rifiuta di firmare il trattato di pace e minaccia invece costantemente la Corea del Nord con grandi manovre? Comprende qualcuno – compresi i 15 stati membri del Consiglio di sicurezza ONU che hanno condannato la Corea del Nord alla morte per fame – che la RPDC ha più volte proclamato di aver bisogno soltanto della pace? Che essa vuole firmare, insieme a tutte le altre potenze nucleari, il programma di disarmo nucleare? Che è pronta a negoziare se Washington interromperà le sue manovre arroganti?”. E perché mai la RPDC, conclude Koenig, “o qualsiasi altro stato, non avrebbe lo stesso diritto di possedere armi atomiche “di difesa”, al pari di Stati Uniti, Gran Bretagna, Russia, Cina, Francia, Israele, India, Pakistan, o degli Stati NATO sui cui territori si trovano armi nucleari, come Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi e Turchia?”.

Già, per l’appunto: quand’è che anche l’Italia e gli altri paesi NATO si fregeranno del titolo di “Stato canaglia”, per le armi di “autodistruzione di massa” che hanno in casa?

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